La lingua del diritto nei suoi vari registri non è solo quella che sui giornali viene sovente chiamata burocratese, giuridichese e varia mercanzia del genere. Anzi, per sua caratteristica essenziale aspira alla chiarezza e alla piena comprensibilità anche da parte del cittadino comune: è un requisito necessario per realizzare davvero la democrazia. Lo hanno riconosciuto i più grandi giuristi, come Piero Calamandrei che durante i lavori dell’Assemblea costituente coniò il motto «Chiarezza nella Costituzione», e che, da avvocato, rivolgeva ai suoi colleghi un consiglio o, forse, un ammonimento spassionato, nonostante l’ossimoro malizioso: «La brevità e la chiarezza, quando riescono a stare insieme, sono i mezzi sicuri per corrompere onestamente il giudice». Insomma, la lingua del diritto, sia quella del legislatore, sia quella del giudice o dell’avvocato, sia quella dell’Amministrazione pubblica, deve (dovrebbe) essere chiara «poiché non vi è pensiero giuridico se non in quanto sia chiaro, tutto ciò che è oscuro può appartenere forse ad altre scienze, ma non al diritto!» (Scialoja, altro grande giurista dei primi anni del Novecento). La strada per raggiungere l’obbiettivo è certo lunga, ma la si può percorrere; anzi, si deve. Sono parecchi gli elementi di contatto tra la lingua del diritto e quella dell’economia. La lingua dell’economia come quella del diritto è una lingua impersonale e neutrale, non espressiva: pone i contenuti del discorso in termini oggettivi senza lasciare trasparire le emozioni di chi parla o scrive. Ha una vocazione alla chiarezza, ma – come quella del diritto – spesso scivola nell’oscurità dell’eccessivo tecnicismo, anche in luoghi – come i quotidiani – destinati per loro natura alla divulgazione. E allora in certi casi anche la lingua dell’economia dovrebbe compiere un’operazione “plastica”: rivestirsi di chiarezza per essere veramente capita dai più, magari senza indulgere troppo agli anglicismi non necessari.

Leggi, contratti, bilanci. Un italiano a norma? / Bambi, Federigo. - STAMPA. - (2016), pp. 1-116.

Leggi, contratti, bilanci. Un italiano a norma?

BAMBI, FEDERIGO
2016

Abstract

La lingua del diritto nei suoi vari registri non è solo quella che sui giornali viene sovente chiamata burocratese, giuridichese e varia mercanzia del genere. Anzi, per sua caratteristica essenziale aspira alla chiarezza e alla piena comprensibilità anche da parte del cittadino comune: è un requisito necessario per realizzare davvero la democrazia. Lo hanno riconosciuto i più grandi giuristi, come Piero Calamandrei che durante i lavori dell’Assemblea costituente coniò il motto «Chiarezza nella Costituzione», e che, da avvocato, rivolgeva ai suoi colleghi un consiglio o, forse, un ammonimento spassionato, nonostante l’ossimoro malizioso: «La brevità e la chiarezza, quando riescono a stare insieme, sono i mezzi sicuri per corrompere onestamente il giudice». Insomma, la lingua del diritto, sia quella del legislatore, sia quella del giudice o dell’avvocato, sia quella dell’Amministrazione pubblica, deve (dovrebbe) essere chiara «poiché non vi è pensiero giuridico se non in quanto sia chiaro, tutto ciò che è oscuro può appartenere forse ad altre scienze, ma non al diritto!» (Scialoja, altro grande giurista dei primi anni del Novecento). La strada per raggiungere l’obbiettivo è certo lunga, ma la si può percorrere; anzi, si deve. Sono parecchi gli elementi di contatto tra la lingua del diritto e quella dell’economia. La lingua dell’economia come quella del diritto è una lingua impersonale e neutrale, non espressiva: pone i contenuti del discorso in termini oggettivi senza lasciare trasparire le emozioni di chi parla o scrive. Ha una vocazione alla chiarezza, ma – come quella del diritto – spesso scivola nell’oscurità dell’eccessivo tecnicismo, anche in luoghi – come i quotidiani – destinati per loro natura alla divulgazione. E allora in certi casi anche la lingua dell’economia dovrebbe compiere un’operazione “plastica”: rivestirsi di chiarezza per essere veramente capita dai più, magari senza indulgere troppo agli anglicismi non necessari.
2016
978-88-8371-561-7
1
116
Bambi, Federigo
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