2017, V, nuova edizione ampliata. Sino dalla prima edizione (2003) il volume ha riscosso consensi di pubblico e di critica, in Italia e all’estero ed è stato adottato in molte università e accademie. Recensione di Ferdinando Taviani, in «L’Indice dei libri del mese», marzo 2005, pp. 143-145: «Nel 2003, Stefano Mazzoni ha pubblicato per l’editore Titivillus di Corazzano (Pisa) un Atlante iconografico. Spazi e forme dello spettacolo in Occidente, dal mondo antico a Wagner. Sono 291 immagini, in bianco e nero ed a colori, benissimo riprodotte. A prima vista, si tratta della storia canonica del teatro, come in quei corsi accelerati e frettolosi dove ci si illude di insegnare qualcosa di sensato cavalcando una diapositiva via l’altra. Ma l’Atlante di Mazzoni non permette di impoltronirsi in una “prima vista”. Le immagini si susseguono secondo un doppio intreccio: il primo è quello cronologico. L’altro è un vero e proprio montaggio di differenti punti di vista: spazi teatrali; accessorii scenici; primi piani di attori; grafici; cartine geografiche; modellini che ricostruiscono gli edifici o i congegni del passato. Questo secondo intreccio alterna non solo i punti di vista, ma il genere degli sguardi. È quel che avviene sempre, si dirà, in casi come questo. È naturale, per esempio, che la foto archeologica si accosti al tentativo di ricostruzione. Sì, ma qui il montaggio è davvero sapiente. Basta un minimo di attenzione, e tutto il paesaggio si movimenta, la precisione documentaria comincia a viaggiare accanto a sua sorella la fantasia. Le tavole 40-43, per esempio, ci mostrano in 4 documenti i fotogrammi d’una storia emblematica sul teatro e la città, costruita per contrasti: un paese che s’insedia nella mura d’un antico teatro; un teatro che sopravvive lasciandosi fagocitare e trasformandosi in piazza. Che cosa sta facendo Mazzoni: un vero e proprio atlante, oppure ha nascosto in questo Atlante un mandala del teatro? A prima vista, il lettore si meraviglia che nel libro non ci siano spiegazioni affabili e diffuse. Qualche stimolo nelle 5 paginette d’apertura, e poi soltanto la puntuale e pignola indicazione delle fonti. Poi ci rendiamo conto che la laconicità dell’autore obbliga ad acuire il nostro sguardo. Siamo noi ad immaginarci tale strategia? Al contrario: l’autore ne è ben cosciente. È pronto a spiegarla. Solo che disloca la spiegazione altrove: non nel suo libro, ma in una rivista specializzata. Nella rivista “Culture teatrali”, 7/8, autunno 2002–primavera 2003, pp. 221-253, pubblica un ampio saggio dal titolo Studiare i teatri: un atlante iconografico per la storia dello spettacolo. È l’introduzione al suo libro. Ma sta da un’altra parte. Non importa sapere se questa dislocazione dipenda da una scelta, o da una necessità imposta dall’economia editoriale. Importa che nel suo libro l’autore non alzi la voce. Ci obbliga a guardare in pace. La sua introduzione dislocata comincia così: “Cosa significa, oggi come oggi, in un mondo tecnologico e multimediale, studiare i teatri? Credo significhi, innanzi tutto, provare emozioni. Emozioni non banali indotte da un duro training di sguardi difficili, rigorosi, nemici della fretta”. E conclude dicendo: “Siamo infatti viaggiatori alla ricerca di sogni perduti, di cui ci affanniamo a mettere insieme i pezzi, ma ci manca sempre qualche elemento; e comunque vadano le cose, formuleremo delle ipotesi di lavoro, anche nel più fortunato dei casi. Ipotesi che chi verrà dopo di noi potrà valutare, contestare, modificare o accettare inseguendo il sogno della storia”. Fa bene a ripetere parole come queste. Perché il valore del teatro rischia fortemente di perdersi, non solo nel degrado dei palcoscenici solenni, ma anche in quelli che non sono neppure più “i bui chiostri delle dolci università” di cui parlava Fortini prima di esclamare: “Avessi studiato da giovane. Non sapessi la verità”» [ora in Ferdinando Taviani, Col naso per aria (cronache teatrali fra Novecento e Duemila), qu-book, pp. 141-142 (http://www.teatroestoria.it/materiali/nando-Col_naso_per_aria.pdf)].

Atlante iconografico. Spazi e forme dello spettacolo in occidente dal mondo antico a Wagner, nuova edizione ampliata / Mazzoni, Stefano. - STAMPA. - (2017), pp. 9-350.

Atlante iconografico. Spazi e forme dello spettacolo in occidente dal mondo antico a Wagner, nuova edizione ampliata

Stefano Mazzoni
2017

Abstract

2017, V, nuova edizione ampliata. Sino dalla prima edizione (2003) il volume ha riscosso consensi di pubblico e di critica, in Italia e all’estero ed è stato adottato in molte università e accademie. Recensione di Ferdinando Taviani, in «L’Indice dei libri del mese», marzo 2005, pp. 143-145: «Nel 2003, Stefano Mazzoni ha pubblicato per l’editore Titivillus di Corazzano (Pisa) un Atlante iconografico. Spazi e forme dello spettacolo in Occidente, dal mondo antico a Wagner. Sono 291 immagini, in bianco e nero ed a colori, benissimo riprodotte. A prima vista, si tratta della storia canonica del teatro, come in quei corsi accelerati e frettolosi dove ci si illude di insegnare qualcosa di sensato cavalcando una diapositiva via l’altra. Ma l’Atlante di Mazzoni non permette di impoltronirsi in una “prima vista”. Le immagini si susseguono secondo un doppio intreccio: il primo è quello cronologico. L’altro è un vero e proprio montaggio di differenti punti di vista: spazi teatrali; accessorii scenici; primi piani di attori; grafici; cartine geografiche; modellini che ricostruiscono gli edifici o i congegni del passato. Questo secondo intreccio alterna non solo i punti di vista, ma il genere degli sguardi. È quel che avviene sempre, si dirà, in casi come questo. È naturale, per esempio, che la foto archeologica si accosti al tentativo di ricostruzione. Sì, ma qui il montaggio è davvero sapiente. Basta un minimo di attenzione, e tutto il paesaggio si movimenta, la precisione documentaria comincia a viaggiare accanto a sua sorella la fantasia. Le tavole 40-43, per esempio, ci mostrano in 4 documenti i fotogrammi d’una storia emblematica sul teatro e la città, costruita per contrasti: un paese che s’insedia nella mura d’un antico teatro; un teatro che sopravvive lasciandosi fagocitare e trasformandosi in piazza. Che cosa sta facendo Mazzoni: un vero e proprio atlante, oppure ha nascosto in questo Atlante un mandala del teatro? A prima vista, il lettore si meraviglia che nel libro non ci siano spiegazioni affabili e diffuse. Qualche stimolo nelle 5 paginette d’apertura, e poi soltanto la puntuale e pignola indicazione delle fonti. Poi ci rendiamo conto che la laconicità dell’autore obbliga ad acuire il nostro sguardo. Siamo noi ad immaginarci tale strategia? Al contrario: l’autore ne è ben cosciente. È pronto a spiegarla. Solo che disloca la spiegazione altrove: non nel suo libro, ma in una rivista specializzata. Nella rivista “Culture teatrali”, 7/8, autunno 2002–primavera 2003, pp. 221-253, pubblica un ampio saggio dal titolo Studiare i teatri: un atlante iconografico per la storia dello spettacolo. È l’introduzione al suo libro. Ma sta da un’altra parte. Non importa sapere se questa dislocazione dipenda da una scelta, o da una necessità imposta dall’economia editoriale. Importa che nel suo libro l’autore non alzi la voce. Ci obbliga a guardare in pace. La sua introduzione dislocata comincia così: “Cosa significa, oggi come oggi, in un mondo tecnologico e multimediale, studiare i teatri? Credo significhi, innanzi tutto, provare emozioni. Emozioni non banali indotte da un duro training di sguardi difficili, rigorosi, nemici della fretta”. E conclude dicendo: “Siamo infatti viaggiatori alla ricerca di sogni perduti, di cui ci affanniamo a mettere insieme i pezzi, ma ci manca sempre qualche elemento; e comunque vadano le cose, formuleremo delle ipotesi di lavoro, anche nel più fortunato dei casi. Ipotesi che chi verrà dopo di noi potrà valutare, contestare, modificare o accettare inseguendo il sogno della storia”. Fa bene a ripetere parole come queste. Perché il valore del teatro rischia fortemente di perdersi, non solo nel degrado dei palcoscenici solenni, ma anche in quelli che non sono neppure più “i bui chiostri delle dolci università” di cui parlava Fortini prima di esclamare: “Avessi studiato da giovane. Non sapessi la verità”» [ora in Ferdinando Taviani, Col naso per aria (cronache teatrali fra Novecento e Duemila), qu-book, pp. 141-142 (http://www.teatroestoria.it/materiali/nando-Col_naso_per_aria.pdf)].
2017
8872180775
9
350
Mazzoni, Stefano
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