Abstract: P. Liverani Reimpiego senza ideologia. La lettura antica degli spolia, dall’Arco di Costantino all’età di Teodorico Mitteilungen des Deutschen Archäologischen Instituts, Römische Abteilung 2004 In the twenties of the past century, Hans Peter L’Orange hypothesized that the reuse of sculptural and architectonical spolia was a conscious way of expressing in a symbolic way precise ideal and religious contents. One of the most known argument concerned the portrait of Constantine on the Arch of this emperor which has been substituted for those of his predecessors: this evidence was interpreted by the Norwegian scholar suggesting that Constantine wished to present himself as the new Trajan, the new Hadrian and the new Marcus Aurelius. A more detailed analysis shows – on the contrary – several reason against this double reading. The ancient observer had several material and semiotic difficulties to recognise the old image of the recarved emperors but in any case his judgement could be only negative, considering it a case of damnatio memoriae. A careful scrutiny of the sources demonstrates an evolutions in the consideration of reuse between the IV and the VI century. Only a reuse for public building was permitted and only after Theodorich there is a positive appreciation of this practice. In the last part of the paper, a semiotic reading of the arch of Constantine shows different functions (according Jakobson’s scheme) in the reused (or better: traditional) elements and in the new ones, with a more coherent global comprehension of the monument. Negli anni Venti del secolo scorso Hans Peter L’Orange ipotizzò che il reimpiego di elementi di scultura e architettura fosse una scelta cosciente per esprimere precisi contenuti ideali e religiosi. Uno degli argomenti più noti riguardava il ritratto di Costantino nel suo arco, ritratto che sostituisce quello dei suoi predecessori. Questo elemento fu interpretato dallo studioso norvegese con l’idea che Costantino volesse presentarsi come nuovo Traiano, nuovo Adriano e nuovo Marco Aurelio. Un esame più dettagliato – al contrario – presenta diversi argomenti contrari a questa lettura. Lo spettatore antico, infatti, aveva diversi ostacoli sia pratici che semiotici a riconoscere i precedenti imperatori sotto la rilavorazione costantiniana, ma anche se li avesse riconosciuti il suo giudizio non avrebbe potuto che essere negativo poiché avrebbe richiamato l’uso della damnatio memoriae. Un attento esame delle fonti dimostra una evoluzione nella considerazione del reimpiego tra il IV e il VI secolo. Solo il reimpiego in edifici pubblici era considerato lecito e solo a partire da Teodorico troviamo tracce di una considerazione positiva di tale pratica. A conclusione dell’articolo, una lettura semiotica dell’Arco di Costantino mostra differenti funzioni comunicative (secondo lo schema proposto da Jakobson per il linguaggio naturale) negli elementi reimpiegati (o meglio tradizionali) e in quelli appositamente realizzati ricavando una comprensione più coerente e globale del monumento.

Reimpiego senza ideologia. La lettura antica degli spolia, dall’Arco di Costantino all’età di Teodorico / P. Liverani. - In: MITTEILUNGEN DES DEUTSCHEN ARCHAEOLOGISCHEN INSTITUTS. ROEMISCHE ABTEILUNG. - ISSN 0342-1287. - STAMPA. - 111:(2004), pp. 383-434.

Reimpiego senza ideologia. La lettura antica degli spolia, dall’Arco di Costantino all’età di Teodorico

LIVERANI, PAOLO
2004

Abstract

Abstract: P. Liverani Reimpiego senza ideologia. La lettura antica degli spolia, dall’Arco di Costantino all’età di Teodorico Mitteilungen des Deutschen Archäologischen Instituts, Römische Abteilung 2004 In the twenties of the past century, Hans Peter L’Orange hypothesized that the reuse of sculptural and architectonical spolia was a conscious way of expressing in a symbolic way precise ideal and religious contents. One of the most known argument concerned the portrait of Constantine on the Arch of this emperor which has been substituted for those of his predecessors: this evidence was interpreted by the Norwegian scholar suggesting that Constantine wished to present himself as the new Trajan, the new Hadrian and the new Marcus Aurelius. A more detailed analysis shows – on the contrary – several reason against this double reading. The ancient observer had several material and semiotic difficulties to recognise the old image of the recarved emperors but in any case his judgement could be only negative, considering it a case of damnatio memoriae. A careful scrutiny of the sources demonstrates an evolutions in the consideration of reuse between the IV and the VI century. Only a reuse for public building was permitted and only after Theodorich there is a positive appreciation of this practice. In the last part of the paper, a semiotic reading of the arch of Constantine shows different functions (according Jakobson’s scheme) in the reused (or better: traditional) elements and in the new ones, with a more coherent global comprehension of the monument. Negli anni Venti del secolo scorso Hans Peter L’Orange ipotizzò che il reimpiego di elementi di scultura e architettura fosse una scelta cosciente per esprimere precisi contenuti ideali e religiosi. Uno degli argomenti più noti riguardava il ritratto di Costantino nel suo arco, ritratto che sostituisce quello dei suoi predecessori. Questo elemento fu interpretato dallo studioso norvegese con l’idea che Costantino volesse presentarsi come nuovo Traiano, nuovo Adriano e nuovo Marco Aurelio. Un esame più dettagliato – al contrario – presenta diversi argomenti contrari a questa lettura. Lo spettatore antico, infatti, aveva diversi ostacoli sia pratici che semiotici a riconoscere i precedenti imperatori sotto la rilavorazione costantiniana, ma anche se li avesse riconosciuti il suo giudizio non avrebbe potuto che essere negativo poiché avrebbe richiamato l’uso della damnatio memoriae. Un attento esame delle fonti dimostra una evoluzione nella considerazione del reimpiego tra il IV e il VI secolo. Solo il reimpiego in edifici pubblici era considerato lecito e solo a partire da Teodorico troviamo tracce di una considerazione positiva di tale pratica. A conclusione dell’articolo, una lettura semiotica dell’Arco di Costantino mostra differenti funzioni comunicative (secondo lo schema proposto da Jakobson per il linguaggio naturale) negli elementi reimpiegati (o meglio tradizionali) e in quelli appositamente realizzati ricavando una comprensione più coerente e globale del monumento.
2004
111
383
434
P. Liverani
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