Letteratura ungherese

In un volume di circa 560 pagine dedicato a Cinque letterature della ‘periferia europea’, “Letteratura ungherese", pp. 413-545, offre 12 studi condotti da studiosi e scrittori ungheresi e italiani in prospettiva europea e interdisciplinare, e con un saggio introduttivo del curatore. I 12 studiosi, su invito del curatore, si uniscono nella dedizione a un 'riordino della memoria letteraria', rendendo visibili, ciascuno di essi, di volta in volta, momenti e aspetti dello sforzo che investono nel tentativo di superare l'antinomia fra 'arte libera ma astratta' e 'arte concreta ma imposta', pesante eredità del socialismo sovietico ma anche un nuovo, rinnovato spettro emergente nella condizione letteraria post-1989. In una sorta di inventario, i 12 studiosi (di cui 3 anche scrittori di primo piano) inseriscono così gli indizi, e feticci, di una concretezza autonoma e autentica: tracciano l'esigenza di riconnettere critica e scrittura (Kukorelly), i segni della trasformazione avuta nei modi, e nelle mode, della 'vita sociale' della letteratura (Fabri), la persistenza della tradizione nella postmodernità letteraria (Di Francesco, Tar), l'intertestualità italiana e mitteleuropea (Sarkozy), il linguaggio e l'erotismo (Tverdota), le emozioni (Csillaghy), la traduzione (Szabo) e la voce poetica (Szkarosi), il film con i suoi interessi poetici (Vidoni) e il film pesantemente industriale (Nemeth) e, infine, l'attenzione epistemologica agli 'sconfinamenti' della soggettività letteraria (Tottossy). Si afferma evidente il senso, oltre che il bisogno costante, di 'antologizzare' le riflessioni teoriche, svolte dentro e fuori i confini nazionali: in tutta evidenza per rispondere al nuovo bisogno di alimentare un pensiero letterario 'collaborativo'. Che, come in effetti si sta progettando, dovrebbe raggiungere la condizione della costante presenza in rete, nel digitale ad accesso aperto.