La chiamata in garanzia determina la formazione di un processo litisconsortile in cui sono cumulate più cause connesse per pregiudizialità dipendenza pendenti tra parti parzialmente diverse. A prescindere dalla tradizionale distinzione tra garanzia propria e garanzia impropria, tutte queste fattispecie devono andare soggette alla medesima disciplina processuale. A tale stregua: 1) Si applica sempre l’art. 32 cod. proc. civ. che per facilitare il cumulo ammette la deroga ai criteri di competenza originari. In considerazione del nesso di dipendenza che intercorre tra causa principale e causa di garanzia, anche laddove si tratti di una fattispecie di garanzia cosiddetta impropria, non si giustifica alcuna diversità di trattamento soprattutto in ragione del fatto che l’art. 32 cod. proc. civ. è tra le disposizioni che al fine di favorire il simultaneus processus, consentono la deroga ai criteri originari di competenza per ragioni di connessione. Ora, per quanto attiene ai rapporti cd. verticali, ovvero giudice di pace tribunale disciplinati dai criteri di competenza per materia e/o valore, la norma di riferimento è l’art. 40, sesto comma cod. proc. civ. nella parte in cui stabilisce che se una delle controversie di competenza del giudice di pace è connessa per i motivi di cui agli artt. 31, 32, 34, 35 e 36 con altra causa di competenza del tribunale, le relative domande possono essere proposte innanzi al tribunale affinché siano decise nello stesso processo. Dal che, si desume che l’art. 32 cod. proc. civ. a questo punto è deputato a risolvere i soli rapporti orizzontali ovvero i problemi di competenza territoriale. Più nel dettaglio la norma, secondo quella che appare la interpretazione preferibile, consente alla causa principale di attrarre innanzi al proprio foro la causa di garanzia anche in deroga ai criteri di competenza per territorio derogabile e salvo qualche rara eccezione anche ai criteri di competenza inderogabile. 2) Si applica sempre l’art. 108 cod. proc. civ. che ammette la estromissione del garantito e l’assunzione della causa da parte del garante. 3) Per ragioni analoghe, la distinzione tra garanzia propria e impropria non può avere rilievo alcuno con riferimento alla disciplina del litisconsorzio di gravame. Finora, la giurisprudenza aveva infatti sostenuto che mentre in ipotesi di garanzia propria si applica la disciplina delle cause inscindibili o dipendenti di cui all’art. 331 cod. proc. civ., viceversa alla garanzia impropria si applica la disciplina delle cause scindibili di cui all’art. 332 cod. proc. civ. Quest’ultima affermazione era stata almeno in parte temperata da una giurisprudenza recente la quale pur muovendo dalla considerazione secondo cui ove il convenuto chiami in causa un terzo esperendo nei suoi riguardi una domanda di garanzia impropria fondata su un titolo diverso e indipendente rispetto a quello posto a fondamento della domanda principale, ove il terzo non si limiti a contrastare la domanda di manleva, ma contesti anche il titolo dell’obbligazione principale, quale antefatto e presupposto della garanzia azionata, e quindi la fondatezza della domanda proposta nei confronti del chiamante, si viene a configurare una ipotesi di inscindibilità di cause che dà luogo a litisconsorzio necessario processuale ex art. 331 cod. proc. civ. in fase di impugnazione. Al contrario, la garanzia non si presta ad essere ascritta in toto sotto l’egida, rispettivamente, dell’art. 331 o 332 cod. proc. civ dovendosi invece distinguere l’esito cui è pervenuta la causa in primo grado, il soggetto che assume l’iniziativa impugnatoria ed i motivi su cui è articolata l’impugnazione.1. Prendiamo in esame l’ipotesi in cui la domanda principale sia stata rigettata, diciamo che generalmente il giudice avrà dichiarato l’assorbimento della domanda di garanzia (trattandosi di una domanda sospensivamente condizionata all’accoglimento della domanda principale). Appare evidente che in tale situazione l’unica parte soccombente legittimata e interessata ad interporre gravame è l’attore praticamente soccombente rispetto alla causa principale. L’impugnazione deve essere rivolta nei confronti del garantito ma anche del garante, litisconsorte necessario ai sensi dell’art. 331 cod. proc. civ. Se l’effetto della partecipazione del garante al processo avente ad oggetto la causa pregiudiziale è quella di restare vincolato all’accertamento di tale rapporto inter partes, ammettere che possa restare estraneo al giudizio di impugnazione aprirebbe il quesito relativo al se gli sia opponibile la futura sentenza di appello di riforma della sentenza di primo grado oppure continui ad essere soggetto alla sentenza di primo grado dal momento che è stata emanata a conclusione dell’unico grado di giudizio cui ha preso parte.L’applicazione dell’art. 331 cod. proc. civ. – tuttavia – non è sufficiente a devolvere alla cognizione del giudice di seconda istanza anche la causa di garanzia, essendo necessario a tale ulteriore scopo il compimento di un atto di impulso processuale quale la riproposizione della domanda. In tal senso, è onere del garantito riproporre ai sensi dell’art. 346 cod. proc. civ. innanzi al giudice d’appello la domanda di garanzia rimasta assorbita davanti al primo giudice. 2. Nel diverso caso in cui la domanda principale viene accolta mentre invece la domanda di garanzia viene rigettata, si deve ritenere che il vincolo di dipendenza sia venuto meno.L’unica parte soccombente, legittimata e interessata ad impugnare è il garantito. Se questi interpone il proprio gravame nei confronti dell’attore, si applica la disciplina delle cause scindibili giacché il rigetto della domanda di garanzia è avvenuto per motivi propri.Nel caso in cui lo stesso garantito proponga impugnazione contro il garante si dovrà ugualmente applicare l’art. 332 cod. proc. civ. 3. Finalmente, abbiamo il caso in cui entrambe le domande risultano accolte; due sono i soggetti legittimati ad impugnare, il garantito con riferimento alla causa principale ed il garante con riferimento alla causa di garanzia. Se a proporre impugnazione è il garantito nei confronti dell’attore, si applica l’art. 331 cod. proc. civ. nel senso che anche la causa di garanzia, sia pure nei limiti in cui dipende dalla causa principale, viene necessariamente devoluta al giudice dell’impugnazione. D’altra parte, per motivi identici a quelli sviluppati sub 1), la mancata partecipazione del garante al giudizio impugnatorio rischia di creare una situazione piuttosto intricata e di dubbia soluzione non essendo evidente se continuerebbe a restare vincolato alla sola sentenza di primo grado oppure se gli sarebbe opponibile anche l’eventuale sentenza d’appello sebbene emessa a conclusione di un processo cui non ha preso parte. Inoltre, se anche non si imponesse la devoluzione automatica della causa di garanzia davanti al giudice dell’impugnazione, sia pure nei limiti in cui dipende dalla causa principale (naturalmente in assenza di motivi specifici di impugnazione), la sentenza d’appello di riforma del relativo capo di sentenza di primo grado travolgerebbe anche il capo dipendente di garanzia in virtù del cosiddetto effetto espansivo interno della sentenza di cui all’art. 336, comma primo cod. proc. civ. L’ordinamento processuale non potrebbe tollerare che il garantito niente debba nei riguardi dell’attore, ma nello stesso tempo conservi il diritto alla prestazione di garanzia da parte del garante. Rimane da esaminare l’ultimo caso ovvero quello in cui sia il garante ad assumere per primo l’iniziativa impugnatoria. Due le possibilità. Il garante può muovere censure con riferimento limitato al rapporto di garanzia, in tal caso è pacifico che si applica l’art. 332 cod. proc. civ., essendo evidente che le censure mosse attengono al solo rapporto dipendente. Oppure, lo stesso garante può muovere le proprie censure in ordine all'esistenza e/o al modo d'essere del rapporto pregiudiziale. In tal caso, si tratta di chiarire se tale impugnazione può essere diretta nei confronti di entrambe le parti del rapporto pregiudiziale, con conseguente applicazione della disciplina delle cause inscindibili di cui all’art. 331 cod. proc. civ., oppure nei confronti del solo garantito, con conseguente applicazione della disciplina delle cause scindibili ai sensi dell’art. 332 cod. proc. civ. La soluzione preferibile è quella secondo cui il garante deve ritenersi legittimato ad impugnare unicamente nei confronti del garantito con conseguente applicazione dell’art. 332 cod. proc. civ., che in tale sede è libero di muovere contestazioni sull’esistenza e il modo d’essere non solo del rapporto dipendente, ma altresì del rapporto pregiudiziale, ma che in ogni caso al garantito deve essere riconosciuto il potere di estendere il giudizio all’attore proponendo nei suoi confronti impugnazione incidentale se del caso tardiva (artt. 333 e 334 cod. proc. civ.)

Garanzia e processo, II, Il procedimento / B. Gambineri. - STAMPA. - (2002), pp. 371-620.

Garanzia e processo, II, Il procedimento

GAMBINERI, BEATRICE
2002

Abstract

La chiamata in garanzia determina la formazione di un processo litisconsortile in cui sono cumulate più cause connesse per pregiudizialità dipendenza pendenti tra parti parzialmente diverse. A prescindere dalla tradizionale distinzione tra garanzia propria e garanzia impropria, tutte queste fattispecie devono andare soggette alla medesima disciplina processuale. A tale stregua: 1) Si applica sempre l’art. 32 cod. proc. civ. che per facilitare il cumulo ammette la deroga ai criteri di competenza originari. In considerazione del nesso di dipendenza che intercorre tra causa principale e causa di garanzia, anche laddove si tratti di una fattispecie di garanzia cosiddetta impropria, non si giustifica alcuna diversità di trattamento soprattutto in ragione del fatto che l’art. 32 cod. proc. civ. è tra le disposizioni che al fine di favorire il simultaneus processus, consentono la deroga ai criteri originari di competenza per ragioni di connessione. Ora, per quanto attiene ai rapporti cd. verticali, ovvero giudice di pace tribunale disciplinati dai criteri di competenza per materia e/o valore, la norma di riferimento è l’art. 40, sesto comma cod. proc. civ. nella parte in cui stabilisce che se una delle controversie di competenza del giudice di pace è connessa per i motivi di cui agli artt. 31, 32, 34, 35 e 36 con altra causa di competenza del tribunale, le relative domande possono essere proposte innanzi al tribunale affinché siano decise nello stesso processo. Dal che, si desume che l’art. 32 cod. proc. civ. a questo punto è deputato a risolvere i soli rapporti orizzontali ovvero i problemi di competenza territoriale. Più nel dettaglio la norma, secondo quella che appare la interpretazione preferibile, consente alla causa principale di attrarre innanzi al proprio foro la causa di garanzia anche in deroga ai criteri di competenza per territorio derogabile e salvo qualche rara eccezione anche ai criteri di competenza inderogabile. 2) Si applica sempre l’art. 108 cod. proc. civ. che ammette la estromissione del garantito e l’assunzione della causa da parte del garante. 3) Per ragioni analoghe, la distinzione tra garanzia propria e impropria non può avere rilievo alcuno con riferimento alla disciplina del litisconsorzio di gravame. Finora, la giurisprudenza aveva infatti sostenuto che mentre in ipotesi di garanzia propria si applica la disciplina delle cause inscindibili o dipendenti di cui all’art. 331 cod. proc. civ., viceversa alla garanzia impropria si applica la disciplina delle cause scindibili di cui all’art. 332 cod. proc. civ. Quest’ultima affermazione era stata almeno in parte temperata da una giurisprudenza recente la quale pur muovendo dalla considerazione secondo cui ove il convenuto chiami in causa un terzo esperendo nei suoi riguardi una domanda di garanzia impropria fondata su un titolo diverso e indipendente rispetto a quello posto a fondamento della domanda principale, ove il terzo non si limiti a contrastare la domanda di manleva, ma contesti anche il titolo dell’obbligazione principale, quale antefatto e presupposto della garanzia azionata, e quindi la fondatezza della domanda proposta nei confronti del chiamante, si viene a configurare una ipotesi di inscindibilità di cause che dà luogo a litisconsorzio necessario processuale ex art. 331 cod. proc. civ. in fase di impugnazione. Al contrario, la garanzia non si presta ad essere ascritta in toto sotto l’egida, rispettivamente, dell’art. 331 o 332 cod. proc. civ dovendosi invece distinguere l’esito cui è pervenuta la causa in primo grado, il soggetto che assume l’iniziativa impugnatoria ed i motivi su cui è articolata l’impugnazione.1. Prendiamo in esame l’ipotesi in cui la domanda principale sia stata rigettata, diciamo che generalmente il giudice avrà dichiarato l’assorbimento della domanda di garanzia (trattandosi di una domanda sospensivamente condizionata all’accoglimento della domanda principale). Appare evidente che in tale situazione l’unica parte soccombente legittimata e interessata ad interporre gravame è l’attore praticamente soccombente rispetto alla causa principale. L’impugnazione deve essere rivolta nei confronti del garantito ma anche del garante, litisconsorte necessario ai sensi dell’art. 331 cod. proc. civ. Se l’effetto della partecipazione del garante al processo avente ad oggetto la causa pregiudiziale è quella di restare vincolato all’accertamento di tale rapporto inter partes, ammettere che possa restare estraneo al giudizio di impugnazione aprirebbe il quesito relativo al se gli sia opponibile la futura sentenza di appello di riforma della sentenza di primo grado oppure continui ad essere soggetto alla sentenza di primo grado dal momento che è stata emanata a conclusione dell’unico grado di giudizio cui ha preso parte.L’applicazione dell’art. 331 cod. proc. civ. – tuttavia – non è sufficiente a devolvere alla cognizione del giudice di seconda istanza anche la causa di garanzia, essendo necessario a tale ulteriore scopo il compimento di un atto di impulso processuale quale la riproposizione della domanda. In tal senso, è onere del garantito riproporre ai sensi dell’art. 346 cod. proc. civ. innanzi al giudice d’appello la domanda di garanzia rimasta assorbita davanti al primo giudice. 2. Nel diverso caso in cui la domanda principale viene accolta mentre invece la domanda di garanzia viene rigettata, si deve ritenere che il vincolo di dipendenza sia venuto meno.L’unica parte soccombente, legittimata e interessata ad impugnare è il garantito. Se questi interpone il proprio gravame nei confronti dell’attore, si applica la disciplina delle cause scindibili giacché il rigetto della domanda di garanzia è avvenuto per motivi propri.Nel caso in cui lo stesso garantito proponga impugnazione contro il garante si dovrà ugualmente applicare l’art. 332 cod. proc. civ. 3. Finalmente, abbiamo il caso in cui entrambe le domande risultano accolte; due sono i soggetti legittimati ad impugnare, il garantito con riferimento alla causa principale ed il garante con riferimento alla causa di garanzia. Se a proporre impugnazione è il garantito nei confronti dell’attore, si applica l’art. 331 cod. proc. civ. nel senso che anche la causa di garanzia, sia pure nei limiti in cui dipende dalla causa principale, viene necessariamente devoluta al giudice dell’impugnazione. D’altra parte, per motivi identici a quelli sviluppati sub 1), la mancata partecipazione del garante al giudizio impugnatorio rischia di creare una situazione piuttosto intricata e di dubbia soluzione non essendo evidente se continuerebbe a restare vincolato alla sola sentenza di primo grado oppure se gli sarebbe opponibile anche l’eventuale sentenza d’appello sebbene emessa a conclusione di un processo cui non ha preso parte. Inoltre, se anche non si imponesse la devoluzione automatica della causa di garanzia davanti al giudice dell’impugnazione, sia pure nei limiti in cui dipende dalla causa principale (naturalmente in assenza di motivi specifici di impugnazione), la sentenza d’appello di riforma del relativo capo di sentenza di primo grado travolgerebbe anche il capo dipendente di garanzia in virtù del cosiddetto effetto espansivo interno della sentenza di cui all’art. 336, comma primo cod. proc. civ. L’ordinamento processuale non potrebbe tollerare che il garantito niente debba nei riguardi dell’attore, ma nello stesso tempo conservi il diritto alla prestazione di garanzia da parte del garante. Rimane da esaminare l’ultimo caso ovvero quello in cui sia il garante ad assumere per primo l’iniziativa impugnatoria. Due le possibilità. Il garante può muovere censure con riferimento limitato al rapporto di garanzia, in tal caso è pacifico che si applica l’art. 332 cod. proc. civ., essendo evidente che le censure mosse attengono al solo rapporto dipendente. Oppure, lo stesso garante può muovere le proprie censure in ordine all'esistenza e/o al modo d'essere del rapporto pregiudiziale. In tal caso, si tratta di chiarire se tale impugnazione può essere diretta nei confronti di entrambe le parti del rapporto pregiudiziale, con conseguente applicazione della disciplina delle cause inscindibili di cui all’art. 331 cod. proc. civ., oppure nei confronti del solo garantito, con conseguente applicazione della disciplina delle cause scindibili ai sensi dell’art. 332 cod. proc. civ. La soluzione preferibile è quella secondo cui il garante deve ritenersi legittimato ad impugnare unicamente nei confronti del garantito con conseguente applicazione dell’art. 332 cod. proc. civ., che in tale sede è libero di muovere contestazioni sull’esistenza e il modo d’essere non solo del rapporto dipendente, ma altresì del rapporto pregiudiziale, ma che in ogni caso al garantito deve essere riconosciuto il potere di estendere il giudizio all’attore proponendo nei suoi confronti impugnazione incidentale se del caso tardiva (artt. 333 e 334 cod. proc. civ.)
2002
8814093687
371
620
B. Gambineri
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