L’interesse per l’imitazione dello spazio, delle strutture e dei materiali dell’architettura reale è una costante dell’arte: dall’antichità attraversa il medioevo, in cui l’architettura dipinta ribadisce il valore bidimensionale della parete, fino al Quattrocento in cui la macchina prospettica piega alle sue regole tutti gli elementi della composizione, compresi quelli architettonici. Decorazioni con illusionismi architettonici sono riscontrabili nel Cinquecento in numerosi ambiti artistici, fra cui quello veronese. Ancora oggi vengono costruiti illusionistici inganni per decorare le pareti di interni privati, di ristoranti e di negozi. L’illusionismo architettonico si afferma prima di tutto in Emilia e a Bologna; a Firenze la tradizione della grande quadratura ha nella figura di Jacopo Chiavistelli uno dei più affascinanti capitoli dopo gli ingannevoli apparati realizzati a partire dal novembre 1637 da Angelo Michele Colonna e Agostino Mitelli nelle tre sale terrene di palazzo Pitti per volontà del granduca Ferdinando II, in cui i due pittori bolognesi costruirono coerenti spazi architettonici, proponendo soluzioni tipologiche caratterizzate da una loggia sovrapposta di cui quella superiore risolta secondo modalità che ricordano quella dipinta nel salone del primo piano di palazzo Lancellotti a Roma da Agostino Tassi; questa considerazione porta a riflettere ulteriormente sugli apporti dell’ambiente romano al quadraturismo anche bolognese. L’affermazione e il successo ottenuto dal Chiavistelli portarono il maestro, per far fronte alle numerosissime commissioni, a servirsi di numerosi collaboratori che diedero vita alla prima scuola quadraturista fiorentina e che costituiscono i precedenti diretti di molti pittori operanti nel Settecento, quali Lorenzo del Moro, Marco Sacconi, Ferdinando e Francesco Melani, Niccolò Pintucci, Pietro Anderlini, Giovan Filippo Giarrè e il figlio Anton Domenico. Il ciclo pittorico realizzato dal Chiavistelli nel quartiere estivo di palazzo Corsini è da considerare tra i più stupefacenti del Barocco toscano; Uno dei suoi allievi e collaboratori più apprezzati, Rinaldo Botti, collaborò a lungo con Lorenzo Del Moro realizzando costrutti che mostrano una evidente interconnessione tra architettura virtuale e decorazione plastica. Dagli ultimi decenni del Seicento i pittori di architettura fiorentini furono molto richiesti nel territorio della dominante, a Prato, a Pistoia, a Pescia fino ai centri al confine dello stato. Per Pistoia e Pescia il Seicento e i primi decenni del Settecento costituirono una stagione particolarmente ricca di iniziative architettoniche e artistiche; si tratta di opere affidate ad artisti non solo fiorentini quali ad esempio i bolognesi Marcantonio Chiarini, Antonio Galli Bibiena, i fiorentini Pier Dandini, Niccolò Lapi, Giovan Domenico Ferretti, Lorenzo Del Moro, Rinaldo Botti, Pietro Anderlini e i lucchesi Pietro Paolo Scorsini, Bartolomeo De Santi anch’essi di formazione bolognese. La grande quadratura che mira alla illusione, all’inganno, alla meraviglia trovò diffusione capillare anche nei paesi europei, grazie all’attività di artisti italiani, soprattutto bolognesi e fiorentini, e alla circolazione dei trattati e delle stampe sull’argomento, quali i testi di Andrea Pozzo e di Ferdinando Galli Bibiena. Per ragioni di spazio si può solo accennare alla prestigiosa attività di alcuni protagonisti, a partire da Angelo Michele Colonna e Agostino Mitelli a Madrid chiamati da Filippo IV, che segnarono un nuovo corso della pittura spagnola con la formazione di una scuola locale di grande qualità e una diffusione sull’intero territorio spagnolo. Angelo Michele Colonna e Giacomo Alboresi furono nella reggia di Versailles operosi per Luigi XIV; Giovanni Francesco Grimaldi in precedenza era stato impegnato in palazzo Mazzarino a Parigi e Gioacchino Pizzoli, fra il 1680 e il 1699, venne chiamato come scenografo e pittore d’interni; va inoltre ricordata l’attività francese di Giovan Battista Gherardini considerata precedente al suo viaggio in Cina (1698-1705) dove decorò con finte quadrature una chiesa di Pechino. Per oltre un secolo, e per più generazioni, furono i componenti della celebre famiglia Bibiena a diffondere le invenzioni dell’illusionismo barocco a Vienna, dove in precedenza avevano dato prova della loro abilità di quadraturisti Marcantonio Chiarini e il genero Gaetano Fanti; nell’odierna Slovacchia, nel XVIII secolo territorio del grande ‘Regno di Ungheria’, a Pozsony, l’odierna Bratislava. Anche in Russia, in particolare a San Pietroburgo e nella reggia di Pavlovsk in cui Pietro Gonzaga, realizzò inganni che dilatavano l’ambiente. A San Pietroburgo arrivarono artisti italiani che insegnarono le regole della prospettiva, della scenografia, della decorazione presso l’Accademia delle Scienze e nella giovane Accademia di Belle Arti, fra questi Giuseppe Valeriani , Carlo Ignazio Bibiena, Serafino Barozzi, Francesco Bartolomeo Rastrelli, Vincenzo Brenna. A Ingrid Sjöström si deve la messa a fuoco dei complessi percorsi di Domenico Francia dapprima nei territori dell’Impero asburgico, poi a Stoccolma e a Lisbona. In Portogallo, dove diversamente dalla Spagna artisti di secondaria importanza arrivarono nella prima metà del Settecento, la diffusione del quadraturismo fu capillare e nella seconda metà del secolo raggiunse anche numerosi luoghi del Brasile. L’arrivo a Lisbona del fiorentino Vincenzo Bacherelli nel 1701, determinò la formazione di una fiorente scuola quadraturistica locale Negli ultimi decenni del Settecento il quadraturismo, in Italia, in Francia e in altri paesi scivola verso una decorazione con limitati effetti di illusionismo architettonico o del tutto priva di questi, un ornato che simula sempre più lo stucco per avviarsi poi verso il rigore neoclassico.

Un itinerario nell'illusionismo architettonico fra Sei e Settecento / F. Farneti. - STAMPA. - (2009), pp. 9-318.

Un itinerario nell'illusionismo architettonico fra Sei e Settecento

FARNETI, FAUZIA
2009

Abstract

L’interesse per l’imitazione dello spazio, delle strutture e dei materiali dell’architettura reale è una costante dell’arte: dall’antichità attraversa il medioevo, in cui l’architettura dipinta ribadisce il valore bidimensionale della parete, fino al Quattrocento in cui la macchina prospettica piega alle sue regole tutti gli elementi della composizione, compresi quelli architettonici. Decorazioni con illusionismi architettonici sono riscontrabili nel Cinquecento in numerosi ambiti artistici, fra cui quello veronese. Ancora oggi vengono costruiti illusionistici inganni per decorare le pareti di interni privati, di ristoranti e di negozi. L’illusionismo architettonico si afferma prima di tutto in Emilia e a Bologna; a Firenze la tradizione della grande quadratura ha nella figura di Jacopo Chiavistelli uno dei più affascinanti capitoli dopo gli ingannevoli apparati realizzati a partire dal novembre 1637 da Angelo Michele Colonna e Agostino Mitelli nelle tre sale terrene di palazzo Pitti per volontà del granduca Ferdinando II, in cui i due pittori bolognesi costruirono coerenti spazi architettonici, proponendo soluzioni tipologiche caratterizzate da una loggia sovrapposta di cui quella superiore risolta secondo modalità che ricordano quella dipinta nel salone del primo piano di palazzo Lancellotti a Roma da Agostino Tassi; questa considerazione porta a riflettere ulteriormente sugli apporti dell’ambiente romano al quadraturismo anche bolognese. L’affermazione e il successo ottenuto dal Chiavistelli portarono il maestro, per far fronte alle numerosissime commissioni, a servirsi di numerosi collaboratori che diedero vita alla prima scuola quadraturista fiorentina e che costituiscono i precedenti diretti di molti pittori operanti nel Settecento, quali Lorenzo del Moro, Marco Sacconi, Ferdinando e Francesco Melani, Niccolò Pintucci, Pietro Anderlini, Giovan Filippo Giarrè e il figlio Anton Domenico. Il ciclo pittorico realizzato dal Chiavistelli nel quartiere estivo di palazzo Corsini è da considerare tra i più stupefacenti del Barocco toscano; Uno dei suoi allievi e collaboratori più apprezzati, Rinaldo Botti, collaborò a lungo con Lorenzo Del Moro realizzando costrutti che mostrano una evidente interconnessione tra architettura virtuale e decorazione plastica. Dagli ultimi decenni del Seicento i pittori di architettura fiorentini furono molto richiesti nel territorio della dominante, a Prato, a Pistoia, a Pescia fino ai centri al confine dello stato. Per Pistoia e Pescia il Seicento e i primi decenni del Settecento costituirono una stagione particolarmente ricca di iniziative architettoniche e artistiche; si tratta di opere affidate ad artisti non solo fiorentini quali ad esempio i bolognesi Marcantonio Chiarini, Antonio Galli Bibiena, i fiorentini Pier Dandini, Niccolò Lapi, Giovan Domenico Ferretti, Lorenzo Del Moro, Rinaldo Botti, Pietro Anderlini e i lucchesi Pietro Paolo Scorsini, Bartolomeo De Santi anch’essi di formazione bolognese. La grande quadratura che mira alla illusione, all’inganno, alla meraviglia trovò diffusione capillare anche nei paesi europei, grazie all’attività di artisti italiani, soprattutto bolognesi e fiorentini, e alla circolazione dei trattati e delle stampe sull’argomento, quali i testi di Andrea Pozzo e di Ferdinando Galli Bibiena. Per ragioni di spazio si può solo accennare alla prestigiosa attività di alcuni protagonisti, a partire da Angelo Michele Colonna e Agostino Mitelli a Madrid chiamati da Filippo IV, che segnarono un nuovo corso della pittura spagnola con la formazione di una scuola locale di grande qualità e una diffusione sull’intero territorio spagnolo. Angelo Michele Colonna e Giacomo Alboresi furono nella reggia di Versailles operosi per Luigi XIV; Giovanni Francesco Grimaldi in precedenza era stato impegnato in palazzo Mazzarino a Parigi e Gioacchino Pizzoli, fra il 1680 e il 1699, venne chiamato come scenografo e pittore d’interni; va inoltre ricordata l’attività francese di Giovan Battista Gherardini considerata precedente al suo viaggio in Cina (1698-1705) dove decorò con finte quadrature una chiesa di Pechino. Per oltre un secolo, e per più generazioni, furono i componenti della celebre famiglia Bibiena a diffondere le invenzioni dell’illusionismo barocco a Vienna, dove in precedenza avevano dato prova della loro abilità di quadraturisti Marcantonio Chiarini e il genero Gaetano Fanti; nell’odierna Slovacchia, nel XVIII secolo territorio del grande ‘Regno di Ungheria’, a Pozsony, l’odierna Bratislava. Anche in Russia, in particolare a San Pietroburgo e nella reggia di Pavlovsk in cui Pietro Gonzaga, realizzò inganni che dilatavano l’ambiente. A San Pietroburgo arrivarono artisti italiani che insegnarono le regole della prospettiva, della scenografia, della decorazione presso l’Accademia delle Scienze e nella giovane Accademia di Belle Arti, fra questi Giuseppe Valeriani , Carlo Ignazio Bibiena, Serafino Barozzi, Francesco Bartolomeo Rastrelli, Vincenzo Brenna. A Ingrid Sjöström si deve la messa a fuoco dei complessi percorsi di Domenico Francia dapprima nei territori dell’Impero asburgico, poi a Stoccolma e a Lisbona. In Portogallo, dove diversamente dalla Spagna artisti di secondaria importanza arrivarono nella prima metà del Settecento, la diffusione del quadraturismo fu capillare e nella seconda metà del secolo raggiunse anche numerosi luoghi del Brasile. L’arrivo a Lisbona del fiorentino Vincenzo Bacherelli nel 1701, determinò la formazione di una fiorente scuola quadraturistica locale Negli ultimi decenni del Settecento il quadraturismo, in Italia, in Francia e in altri paesi scivola verso una decorazione con limitati effetti di illusionismo architettonico o del tutto priva di questi, un ornato che simula sempre più lo stucco per avviarsi poi verso il rigore neoclassico.
2009
mandragora
Firenza
A. Giusti, M. Milman, S. Ebert-Schiffarer, M. Fumaroli, C. Acidini, J. Muylle, F. Farneti, M. D. Mitchell
Inganni ad arte. Meraviglie del trompe-l'oeil dall'antichità al contemporaneo
F. Farneti
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