Si tratta del contributo scritto per la miscellanea di studi offerta a Gianni Venturi (La parola e l’immagine. Studi in onore di Gianni Venturi, a cura di Marco Ariani, Arnaldo Bruni, Anna Dolfi, Andrea Gareffi, Firenze, Olschki, 2011) che prende le mosse da una lectura dei sonetti petrarcheschi sul perduto ritratto di Laura eseguito da Simone Martini, tenuta anni addietro dal destinatario dell’omaggio, ed è pretesto per offrirgliene una, incentrata sulla medesima coppia di liriche, pur se da una diversa angolazione, solo aderente al dettato testuale e a quelle tra le possibili relazioni intertestuali e intratestuali che essa sembra suggerire per un’esegesi coerente. Dal concorso incrociato di diverse fonti, petrarchesche e non, convergenti sui due sonetti risultano emergere interessanti rinvii, per esempio, a due canti danteschi del Purgatorio (X-XI), presenti a Petrarca, oltre che nell’orchestrazione della prima quartina di Per mirar Policleto, anche nella stesura di un paio di passaggi di altrettante lettere Familiari (Fam. V, 17 e XVIII 5), utili anch’essi alla piena comprensione di quei versi; e appare altresì proficuo il richiamo a due lettere di Seneca a Lucilio (Epist. 58 e 65) per comprendere quali tratti del pensiero platonico (e attraverso quali suggestive esemplificazioni) giungano a Petrarca dalle pagine senecane, sì da fargli ritenere, fra le altre cose, il concetto dell’ars naturae imitatio e della sua rappresentazione mediata del modello. Concetto sul quale va a innestarsi l’oltranza rappresentata sia dall’eccezionalità del soggetto ritratto (Laura è identica all’idea di sé) sia dall’altezza dell’opera di Simone, nel cui mirabile manufatto idea e idos risultano coincidenti, grazie alla trasferta paradisiaca dell’artista, in tutto analoga al rapimento estatico prodotto dalla contemplazione della donna celestiale da parte dell’amante. Questa chiave di lettura consente di stabilire legami più profondi del semplice richiamo verbale (o della ripresa di tessere e rime, sulla quale si sono esercitati i commenti) tra i sonetti in questione e altri testi del Canzoniere, come per esempio la canz. CXXVI o i son. CLIV e CLIX, o testi di altri autori, come la canz. dantesca Donne ch’avete intelletto d’amore, o passi delle Metamorfosi relativi o riconducibili alla favola di Pigmalione, non a caso di impatto pervadente nei sopra citati fragmenta; e permette di stabilire una sorta di immedesimazione e di scambio, per la comune contemplazione della donna, tra il pittore e il poeta, indotta anche dall’ambigua figura dell’amante-artista del son. LXXVIII e corroborata dal funzionale confronto con la coppia di sonetti dello specchio (che condivide col duetto del ritratto la trascrizione a pulito nelle antiche carte del Vat. lat. 3196). Ma l’immedesimazione esplicitata nel son. LXXVIII, con l’espresso richiamo al mito di Pigmalione, finisce per attivare il tema della figura muta della donna ritratta e dell’opzione conseguente di Petrarca per la poesia, come forma d’arte più completa.

Rerum vulgarium fragmenta LXXVII-LXXVIII / C. Molinari. - STAMPA. - (2011), pp. 139-152.

Rerum vulgarium fragmenta LXXVII-LXXVIII

MOLINARI, CARLA
2011

Abstract

Si tratta del contributo scritto per la miscellanea di studi offerta a Gianni Venturi (La parola e l’immagine. Studi in onore di Gianni Venturi, a cura di Marco Ariani, Arnaldo Bruni, Anna Dolfi, Andrea Gareffi, Firenze, Olschki, 2011) che prende le mosse da una lectura dei sonetti petrarcheschi sul perduto ritratto di Laura eseguito da Simone Martini, tenuta anni addietro dal destinatario dell’omaggio, ed è pretesto per offrirgliene una, incentrata sulla medesima coppia di liriche, pur se da una diversa angolazione, solo aderente al dettato testuale e a quelle tra le possibili relazioni intertestuali e intratestuali che essa sembra suggerire per un’esegesi coerente. Dal concorso incrociato di diverse fonti, petrarchesche e non, convergenti sui due sonetti risultano emergere interessanti rinvii, per esempio, a due canti danteschi del Purgatorio (X-XI), presenti a Petrarca, oltre che nell’orchestrazione della prima quartina di Per mirar Policleto, anche nella stesura di un paio di passaggi di altrettante lettere Familiari (Fam. V, 17 e XVIII 5), utili anch’essi alla piena comprensione di quei versi; e appare altresì proficuo il richiamo a due lettere di Seneca a Lucilio (Epist. 58 e 65) per comprendere quali tratti del pensiero platonico (e attraverso quali suggestive esemplificazioni) giungano a Petrarca dalle pagine senecane, sì da fargli ritenere, fra le altre cose, il concetto dell’ars naturae imitatio e della sua rappresentazione mediata del modello. Concetto sul quale va a innestarsi l’oltranza rappresentata sia dall’eccezionalità del soggetto ritratto (Laura è identica all’idea di sé) sia dall’altezza dell’opera di Simone, nel cui mirabile manufatto idea e idos risultano coincidenti, grazie alla trasferta paradisiaca dell’artista, in tutto analoga al rapimento estatico prodotto dalla contemplazione della donna celestiale da parte dell’amante. Questa chiave di lettura consente di stabilire legami più profondi del semplice richiamo verbale (o della ripresa di tessere e rime, sulla quale si sono esercitati i commenti) tra i sonetti in questione e altri testi del Canzoniere, come per esempio la canz. CXXVI o i son. CLIV e CLIX, o testi di altri autori, come la canz. dantesca Donne ch’avete intelletto d’amore, o passi delle Metamorfosi relativi o riconducibili alla favola di Pigmalione, non a caso di impatto pervadente nei sopra citati fragmenta; e permette di stabilire una sorta di immedesimazione e di scambio, per la comune contemplazione della donna, tra il pittore e il poeta, indotta anche dall’ambigua figura dell’amante-artista del son. LXXVIII e corroborata dal funzionale confronto con la coppia di sonetti dello specchio (che condivide col duetto del ritratto la trascrizione a pulito nelle antiche carte del Vat. lat. 3196). Ma l’immedesimazione esplicitata nel son. LXXVIII, con l’espresso richiamo al mito di Pigmalione, finisce per attivare il tema della figura muta della donna ritratta e dell’opzione conseguente di Petrarca per la poesia, come forma d’arte più completa.
2011
9788822260161
La parola e l'immagine. Studi in onore di Gianni Venturi, a cura di M. Ariani, A. Bruni, A. Dolfi, A. Gareffi
139
152
C. Molinari
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