Democrazia-liberale e stato nazionale sono inscindibili: la regola della decisione democratica si fonda sull’assunto che su molte cose l’accordo è pre-politico e non richiederà mai una decisione politica, neppure democratica. I mezzi attraverso cui è stata costruita l’unità pre-politica sono il mito della nazione, e con essa dello Stato nazionale come sua espressione, e la disciplina. La democratizzazione dello Stato nazionale (l’estensione del suffragio) cammina di pari passo con disciplinamento del popolo e l’affermazione del mito della nazione. Il processo di inclusione nella nazionale, cioè nel popolo, e quello di disciplinamento rendono possibile la democrazia, cioè la progressiva attribuzione a gruppi sempre più ampi dei diritti, a partire da quello di scegliere il governo. In questa ottica la democrazia si connota essa stessa strumento di inclusione/disciplinamento. Insieme alla democrazia si afferma la convinzione che nell’esercizio dei propri diritti, gli individui devono comportarsi secondo criteri morali e razionali (i due termini per il contrattualismo illuminista Sette-ottocentesco sono in larga parte sinonimi): la “disciplina” conforma gli individui ai criteri dell’ordine in cui si trovano inseriti. Tocqueville è quello che probabilmente descrive meglio come la nascita e l’affermazione dello Stato nazionale sia stato un lento processo in cui la concessione di diritti va di pari passo con costruzione di una popolazione dotata della competenza necessaria per usare il potere che i diritti stessi attribuiscono ai suoi membri. Nell’epoca della globalizzazione e delle migrazio¬ni di massa, le differenze tendono sempre più a disporsi lungo vettori e linee di faglia “culturali”, generano conflitti, identitari e di valore, connessi a ricerche di senso. In una democrazia le uniche minoranze che hanno diritto di cittadinanza sono minoranze temporanee che sperano nel medio, se non nel breve, periodo di diventare maggioranza. Non c’è invece spazio per minoranze identitarie, di minoranze che si caratterizzano cioè per la loro radicale differenza dalla maggioranza, e non aspirano o non hanno chances di assimilare a loro la maggioranza. Il pluralismo identitario rende inadeguata l’idea di una decisione a maggioranza, perché sono numerosi gli interessi che le minoranze considerano fondamentali per la propria identità (culturale, religiosa, eccetera) e quindi non remissibili al giudizio della maggioranza. Accettare su questi temi la decisione democratica vorrebbe infatti dire conferire alla maggioranza il potere di eliminare la minoranza, intesa come gruppo con determinate caratteristiche. La varietà delle culture che si affacciano in Europa, la rapidità con cui lo fanno e la velocità con cui si modificano a contatto con le società europee rende impossibile immaginare un approccio razionalistico, à la Rawls in cui ci si siede a tavoli e si stabiliscono le culture e/o i loro aspetti compatibili e le culture e/o i loro aspetti incompatibili, quanta differenza è ammissibile e quali differenze sono accettabili. Ma rende anche difficile immaginare una soluzione tipo assemblea costituente in cui si predispongono le guidlines del reasonable accomodation. Le assemblee costituenti si sono potute fare dopo che per oltre un secolo differenze culturali erano stati omogeneizzate dai miti degli stati nazionali e dalla disciplina, e quelle ideologiche si erano assestate e confrontate. Per inciso si può sottolineare che è questa origine dei diritti costituzionali e delle competenze “civiche” assunte a loro fondamento che oggi conferisce a questi diritti un certo accento discriminatorio: sono nate per accomodare certe differenze, soprattutto ideologiche, e non altre. Gli assetti costituzionali dell’Europa sono quasi tutti il prodotto di una ricercata neutralità tra ideologie e in particolare tra quella liberale e quella socialista, qualche volta di una neutralità tra alcune differenti versioni della religione cattolica. Non sono state costruite per essere neutrali rispetto a radicali differenze culturali. Ogni giorno ormai questo dato si fa evidente. In molte società Europee sono arrivate culture, visioni del mondo, che rendono non neutrali le norme che fino a ieri apparivano neutrali. Per salvare quel rispetto delle persone e della loro libertà che consideravamo ovvi nel pluralismo circoscritto delle società liberal-democratiche alla luce del bagaglio culturale politico e giuridico che abbiamo l’unica strada possibile sembra oggi quella di ridurre ulteriormente gli spazi del governo democratico: aumentare le aree in cui, analogamente a quelle definite dai i diritti fondamentali, le Corti possono tutelare gli individui proprio dalle decisioni democratiche includendo tra le materie indecidibili a maggioranza tutte gli aspetti che una minoranza presente sul territorio considera costitutivi della sua identità. Sottolineo che dovrebbe trattarsi di una costituzionalizzazione della tutela delle differenze individuali e non delle differenze culturali, religiose o collettive. In questo senso sembra andare anche l’esperienza canadese. Come sottolineano tutti gli antropologi, le culture sono cose che quotidianamente si trasformano, si modificano spesso impercettibilmente ma continuamente attraverso l’interazione quotidiana dei loro appartenenti (o meglio portatori). E le modifiche avvengano normalmente tacitamente, senza essere esplicitamente tematizzate, senza porsi il problema del loro adattamento alla situazione contingente, quando questo problema viene posto di norma l’adattamento trova la sua giustificazione attraverso tutta una serie di clausole ad hoc. Il “reasonabole accomodation” deciso caso per caso, si inserisce in questa linea dinamica, vorrei dire interazionista, consente di prendere ogni decisione non come una minaccia per la cultura, minoritaria o maggioritaria, ma come la soluzione ragionevole del problema di una persona.

"Ha da passà a nuttata": reasonable accomodation, a tool for defending social coexistence base on respect for rights in a pluralist society/ "Ha da passà a nuttata": L'accomadament raisonable, outil de coexistence fondé sur le respect des droits dans une societé plurielle" / E. Santoro. - STAMPA. - (2009), pp. 205-220.

"Ha da passà a nuttata": reasonable accomodation, a tool for defending social coexistence base on respect for rights in a pluralist society/ "Ha da passà a nuttata": L'accomadament raisonable, outil de coexistence fondé sur le respect des droits dans une societé plurielle"

SANTORO, EMILIO
2009

Abstract

Democrazia-liberale e stato nazionale sono inscindibili: la regola della decisione democratica si fonda sull’assunto che su molte cose l’accordo è pre-politico e non richiederà mai una decisione politica, neppure democratica. I mezzi attraverso cui è stata costruita l’unità pre-politica sono il mito della nazione, e con essa dello Stato nazionale come sua espressione, e la disciplina. La democratizzazione dello Stato nazionale (l’estensione del suffragio) cammina di pari passo con disciplinamento del popolo e l’affermazione del mito della nazione. Il processo di inclusione nella nazionale, cioè nel popolo, e quello di disciplinamento rendono possibile la democrazia, cioè la progressiva attribuzione a gruppi sempre più ampi dei diritti, a partire da quello di scegliere il governo. In questa ottica la democrazia si connota essa stessa strumento di inclusione/disciplinamento. Insieme alla democrazia si afferma la convinzione che nell’esercizio dei propri diritti, gli individui devono comportarsi secondo criteri morali e razionali (i due termini per il contrattualismo illuminista Sette-ottocentesco sono in larga parte sinonimi): la “disciplina” conforma gli individui ai criteri dell’ordine in cui si trovano inseriti. Tocqueville è quello che probabilmente descrive meglio come la nascita e l’affermazione dello Stato nazionale sia stato un lento processo in cui la concessione di diritti va di pari passo con costruzione di una popolazione dotata della competenza necessaria per usare il potere che i diritti stessi attribuiscono ai suoi membri. Nell’epoca della globalizzazione e delle migrazio¬ni di massa, le differenze tendono sempre più a disporsi lungo vettori e linee di faglia “culturali”, generano conflitti, identitari e di valore, connessi a ricerche di senso. In una democrazia le uniche minoranze che hanno diritto di cittadinanza sono minoranze temporanee che sperano nel medio, se non nel breve, periodo di diventare maggioranza. Non c’è invece spazio per minoranze identitarie, di minoranze che si caratterizzano cioè per la loro radicale differenza dalla maggioranza, e non aspirano o non hanno chances di assimilare a loro la maggioranza. Il pluralismo identitario rende inadeguata l’idea di una decisione a maggioranza, perché sono numerosi gli interessi che le minoranze considerano fondamentali per la propria identità (culturale, religiosa, eccetera) e quindi non remissibili al giudizio della maggioranza. Accettare su questi temi la decisione democratica vorrebbe infatti dire conferire alla maggioranza il potere di eliminare la minoranza, intesa come gruppo con determinate caratteristiche. La varietà delle culture che si affacciano in Europa, la rapidità con cui lo fanno e la velocità con cui si modificano a contatto con le società europee rende impossibile immaginare un approccio razionalistico, à la Rawls in cui ci si siede a tavoli e si stabiliscono le culture e/o i loro aspetti compatibili e le culture e/o i loro aspetti incompatibili, quanta differenza è ammissibile e quali differenze sono accettabili. Ma rende anche difficile immaginare una soluzione tipo assemblea costituente in cui si predispongono le guidlines del reasonable accomodation. Le assemblee costituenti si sono potute fare dopo che per oltre un secolo differenze culturali erano stati omogeneizzate dai miti degli stati nazionali e dalla disciplina, e quelle ideologiche si erano assestate e confrontate. Per inciso si può sottolineare che è questa origine dei diritti costituzionali e delle competenze “civiche” assunte a loro fondamento che oggi conferisce a questi diritti un certo accento discriminatorio: sono nate per accomodare certe differenze, soprattutto ideologiche, e non altre. Gli assetti costituzionali dell’Europa sono quasi tutti il prodotto di una ricercata neutralità tra ideologie e in particolare tra quella liberale e quella socialista, qualche volta di una neutralità tra alcune differenti versioni della religione cattolica. Non sono state costruite per essere neutrali rispetto a radicali differenze culturali. Ogni giorno ormai questo dato si fa evidente. In molte società Europee sono arrivate culture, visioni del mondo, che rendono non neutrali le norme che fino a ieri apparivano neutrali. Per salvare quel rispetto delle persone e della loro libertà che consideravamo ovvi nel pluralismo circoscritto delle società liberal-democratiche alla luce del bagaglio culturale politico e giuridico che abbiamo l’unica strada possibile sembra oggi quella di ridurre ulteriormente gli spazi del governo democratico: aumentare le aree in cui, analogamente a quelle definite dai i diritti fondamentali, le Corti possono tutelare gli individui proprio dalle decisioni democratiche includendo tra le materie indecidibili a maggioranza tutte gli aspetti che una minoranza presente sul territorio considera costitutivi della sua identità. Sottolineo che dovrebbe trattarsi di una costituzionalizzazione della tutela delle differenze individuali e non delle differenze culturali, religiose o collettive. In questo senso sembra andare anche l’esperienza canadese. Come sottolineano tutti gli antropologi, le culture sono cose che quotidianamente si trasformano, si modificano spesso impercettibilmente ma continuamente attraverso l’interazione quotidiana dei loro appartenenti (o meglio portatori). E le modifiche avvengano normalmente tacitamente, senza essere esplicitamente tematizzate, senza porsi il problema del loro adattamento alla situazione contingente, quando questo problema viene posto di norma l’adattamento trova la sua giustificazione attraverso tutta una serie di clausole ad hoc. Il “reasonabole accomodation” deciso caso per caso, si inserisce in questa linea dinamica, vorrei dire interazionista, consente di prendere ogni decisione non come una minaccia per la cultura, minoritaria o maggioritaria, ma come la soluzione ragionevole del problema di una persona.
2009
9789287167392
Institutional accommodation and the citizen: legal and political interaction in a pluralist society
205
220
E. Santoro
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