Secondo l’indirizzo giurisprudenziale più accreditato il c.d. patteggiamento si risolve nell’applicazione di una pena senza previo giudizio sul fatto e sulla responsabilità dell’imputato. Il postulato rappresenta la negazione stessa del modello di processo cognitivo accolto dal nostro ordinamento. Qui il discorso involge i principi costituzionali: la materia del processo penale, tipicamente indisponibile, impedisce di concepire forme di rinuncia a diritti di natuura oggettiva. D’altra parte, l’ampio diffondersi nel nostro sistema dei meccanismi di giustizia consensuale ha comportato un mutamento delle tradizionali categorie processuali, inclusa la funzione cognitiva. La vera sfida diviene tracciare il confine al di là del quale il cambiamento appena descritto diventa inconcepibile negazione dei fondamenti giurisdizionali, per chiedersi se un simile confine non sia stato oltrepassato nell'ambito del patteggiamento. La risposta si coglie non tanto (o non solo) tra le righe del dato normativo, quanto attraverso i modi in cui nella prassi si compongono le tensioni tra le prerogative delle parti e i poteri del giudice. L’ipotesi di lavoro è che, dietro lo schermo di massime intransigenti, la giurisprudenza sperimenti percorsi nuovi, di conciliazione tra opposte esigenze. L’indirizzo invalso sul terreno dei rapporti tra il rito a pena concordata e l’operare dell’obbligo imposto dall’art. 129 c.p.p. si pone come tappa esemplare di questa “sperimentazione sul campo”.

Applicazione dell'art. 129 c.p.p e regole di giudizio: gli spazi per la verifica sul fatto nel patteggiamento / A. Sanna. - In: L'INDICE PENALE. - ISSN 0019-7084. - STAMPA. - (2009), pp. 139-168.

Applicazione dell'art. 129 c.p.p e regole di giudizio: gli spazi per la verifica sul fatto nel patteggiamento

SANNA, ALESSANDRA
2009

Abstract

Secondo l’indirizzo giurisprudenziale più accreditato il c.d. patteggiamento si risolve nell’applicazione di una pena senza previo giudizio sul fatto e sulla responsabilità dell’imputato. Il postulato rappresenta la negazione stessa del modello di processo cognitivo accolto dal nostro ordinamento. Qui il discorso involge i principi costituzionali: la materia del processo penale, tipicamente indisponibile, impedisce di concepire forme di rinuncia a diritti di natuura oggettiva. D’altra parte, l’ampio diffondersi nel nostro sistema dei meccanismi di giustizia consensuale ha comportato un mutamento delle tradizionali categorie processuali, inclusa la funzione cognitiva. La vera sfida diviene tracciare il confine al di là del quale il cambiamento appena descritto diventa inconcepibile negazione dei fondamenti giurisdizionali, per chiedersi se un simile confine non sia stato oltrepassato nell'ambito del patteggiamento. La risposta si coglie non tanto (o non solo) tra le righe del dato normativo, quanto attraverso i modi in cui nella prassi si compongono le tensioni tra le prerogative delle parti e i poteri del giudice. L’ipotesi di lavoro è che, dietro lo schermo di massime intransigenti, la giurisprudenza sperimenti percorsi nuovi, di conciliazione tra opposte esigenze. L’indirizzo invalso sul terreno dei rapporti tra il rito a pena concordata e l’operare dell’obbligo imposto dall’art. 129 c.p.p. si pone come tappa esemplare di questa “sperimentazione sul campo”.
2009
139
168
A. Sanna
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