Vincenzo Monti, Galeotto Manfredi principe di Faenza. Tragedia, a cura di A. Bruni, Bologna, Clueb, 2005, pp. 248 Il Galeotto Manfredi principe di Faenza (1788), la seconda tragedia di Vincenzo Monti dopo l’Aristodemo (1786), costituisce un’ulteriore conferma della volontà di svecchiamento e di innovazione, tipici degli anni romani dell’autore. Il momento topico del teatro pareva incoraggiare allora il gusto per le riforme sorprendenti. L’Europa del tempo, riecheggiante ancora della fama di Metastasio, aveva trovato a Vienna un erede prestigioso dell’abate italiano in Lorenzo Da Ponte, librettista di Mozart. La traduzione francese dell’opera di Shakespeare, dovuta a Pierre Le Tourneur (1776-1783), contribuiva in modo sostanziale alla conoscenza del Bardo inglese. Incoraggiato da tale esempio, perfino un letterato come Alessandro Verri, fino ad allora alieno da ogni velleità, era invogliato a sperimentare la propria fantasia di novizio con i Tentativi drammatici (1778). Il debutto ufficiale di Alfieri (1783) collocava sul proscenio un protagonista, destinato ad animare la scena non solo italiana. In un contesto così mosso e variegato, Monti concepisce l’azzardo di un progetto complesso e originale. Egli è tentato difatti dal miraggio di fondere le peculiarità difformi del teatro in auge in suppellettili di nuovo conio. Dopo l’Aristodemo, che aveva proposto il caso di una tragedia senza amore, votata al gusto dell’orrido e del fantasmatico nel segno di Hamlet, il poeta si avventura con il Galeotto Manfredi in una prova di eccezione. Abbandona i motivi classici, si concentra su tematiche primo-rinascimentali di ascendenza nazionale, con l’intento di saldare in unità le istanze della commedia borghese e della tragedia alta, badando a uno scenario europeo che vantava i precedenti di Georges Lillo e di Lessing. Ne deriva un testo che prevede le modalità della tragedia della gelosia (il modello di riferimento è l’Othello), incrociata entro un plot inaudito con armoniche di altra estrazione. La vicenda difatti contempla una riconciliazione provvisoria fra coniugi. Il tratto designa le marche caratteristiche che ritorneranno di lì a poco nel teatro romantico e nel melodramma, in qualche modo dunque anticipati nei tempi dal fiuto di un autore come Monti capace di interpretare, allora come poi durante il cinquantennio della sua dittatura letteraria, il gusto e lo spirito dell’epoca. The Galeotto Manfredi principe di Faenza (1788), Vincenzo Monti's second tragedy after the Aristodemo (1786), provides further confirmation of the quest for renewal and innovation, typical of the author's Roman years. The high moment of theatre seemed then to encourage the taste for surprising reforms. Europe in those days, which still echoed the fame of Metastasio, had found in Vienna a prestigious heir to the Italian abbot in Lorenzo Da Ponte, Mozart's librettist. The French translation of Shakespeare's work, made by Pierre Le Tourneur (1776-1783), provided a substantial contribution towards making the Bard of Avon known. Encouraged by this example, even a man of letters like Alessandro Verri, who had hitherto kept himself far from flights of fancy, tried out his novice's imagination with the Tentativi drammatici (1778). Alfieri's official debut (1783) put a protagonist on the stage who would animate a scene larger than that of Italy alone. In such a lively and varied context, Monti chose to bet on a complex and original project. He was in fact tempted by the mirage of melting the varying peculiarities of theatre into newly minted fittings. After the Aristodemo, which had proposed the case of a loveless tragedy, devoted to the taste for the horrid and ghostly in the wake of Hamlet, with his Galeotto Manfredi, the poet put himself to the test with something exceptional. Having abandoned classical motifs, he concentrated on early Renaissance themes of national origins, with the intention of uniting the needs of bourgeois comedy with those of high tragedy, keeping in mind a European scenario which could claim the precedents of Georges Lillo and Lessing. The outcome is a text which employs the pattern of tragedies of jealousy (the model referred to is Othello), merged in an original plot with harmonies of other extraction. In fact, the story contemplates a temporary reconciliation between spouses. His method brings out the typical features which will later emerge in the romantic and melodramatic theatre, in some way anticipated by the intuition of an author like Monti who is able to interpret, then as later during the fifty years of his literary dictatorship, the taste and spirit of his age.

Galeotto Manfredi principe di Faenza / A.Bruni. - STAMPA. - (2005).

Galeotto Manfredi principe di Faenza

BRUNI, ARNALDO
2005

Abstract

Vincenzo Monti, Galeotto Manfredi principe di Faenza. Tragedia, a cura di A. Bruni, Bologna, Clueb, 2005, pp. 248 Il Galeotto Manfredi principe di Faenza (1788), la seconda tragedia di Vincenzo Monti dopo l’Aristodemo (1786), costituisce un’ulteriore conferma della volontà di svecchiamento e di innovazione, tipici degli anni romani dell’autore. Il momento topico del teatro pareva incoraggiare allora il gusto per le riforme sorprendenti. L’Europa del tempo, riecheggiante ancora della fama di Metastasio, aveva trovato a Vienna un erede prestigioso dell’abate italiano in Lorenzo Da Ponte, librettista di Mozart. La traduzione francese dell’opera di Shakespeare, dovuta a Pierre Le Tourneur (1776-1783), contribuiva in modo sostanziale alla conoscenza del Bardo inglese. Incoraggiato da tale esempio, perfino un letterato come Alessandro Verri, fino ad allora alieno da ogni velleità, era invogliato a sperimentare la propria fantasia di novizio con i Tentativi drammatici (1778). Il debutto ufficiale di Alfieri (1783) collocava sul proscenio un protagonista, destinato ad animare la scena non solo italiana. In un contesto così mosso e variegato, Monti concepisce l’azzardo di un progetto complesso e originale. Egli è tentato difatti dal miraggio di fondere le peculiarità difformi del teatro in auge in suppellettili di nuovo conio. Dopo l’Aristodemo, che aveva proposto il caso di una tragedia senza amore, votata al gusto dell’orrido e del fantasmatico nel segno di Hamlet, il poeta si avventura con il Galeotto Manfredi in una prova di eccezione. Abbandona i motivi classici, si concentra su tematiche primo-rinascimentali di ascendenza nazionale, con l’intento di saldare in unità le istanze della commedia borghese e della tragedia alta, badando a uno scenario europeo che vantava i precedenti di Georges Lillo e di Lessing. Ne deriva un testo che prevede le modalità della tragedia della gelosia (il modello di riferimento è l’Othello), incrociata entro un plot inaudito con armoniche di altra estrazione. La vicenda difatti contempla una riconciliazione provvisoria fra coniugi. Il tratto designa le marche caratteristiche che ritorneranno di lì a poco nel teatro romantico e nel melodramma, in qualche modo dunque anticipati nei tempi dal fiuto di un autore come Monti capace di interpretare, allora come poi durante il cinquantennio della sua dittatura letteraria, il gusto e lo spirito dell’epoca. The Galeotto Manfredi principe di Faenza (1788), Vincenzo Monti's second tragedy after the Aristodemo (1786), provides further confirmation of the quest for renewal and innovation, typical of the author's Roman years. The high moment of theatre seemed then to encourage the taste for surprising reforms. Europe in those days, which still echoed the fame of Metastasio, had found in Vienna a prestigious heir to the Italian abbot in Lorenzo Da Ponte, Mozart's librettist. The French translation of Shakespeare's work, made by Pierre Le Tourneur (1776-1783), provided a substantial contribution towards making the Bard of Avon known. Encouraged by this example, even a man of letters like Alessandro Verri, who had hitherto kept himself far from flights of fancy, tried out his novice's imagination with the Tentativi drammatici (1778). Alfieri's official debut (1783) put a protagonist on the stage who would animate a scene larger than that of Italy alone. In such a lively and varied context, Monti chose to bet on a complex and original project. He was in fact tempted by the mirage of melting the varying peculiarities of theatre into newly minted fittings. After the Aristodemo, which had proposed the case of a loveless tragedy, devoted to the taste for the horrid and ghostly in the wake of Hamlet, with his Galeotto Manfredi, the poet put himself to the test with something exceptional. Having abandoned classical motifs, he concentrated on early Renaissance themes of national origins, with the intention of uniting the needs of bourgeois comedy with those of high tragedy, keeping in mind a European scenario which could claim the precedents of Georges Lillo and Lessing. The outcome is a text which employs the pattern of tragedies of jealousy (the model referred to is Othello), merged in an original plot with harmonies of other extraction. In fact, the story contemplates a temporary reconciliation between spouses. His method brings out the typical features which will later emerge in the romantic and melodramatic theatre, in some way anticipated by the intuition of an author like Monti who is able to interpret, then as later during the fifty years of his literary dictatorship, the taste and spirit of his age.
2005
CLUEB Cooperativa Libraria Universitaria Editrice Bologna
Bologna
A.Bruni
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