Il campo della pianificazione è disseminato di problemi che richiedono una riflessione profonda e la messa in discussione dei modi consueti di pensare e di agire. Il contributo esamina alcuni di questi problemi, cercando una strada per affrontare le difficoltà che affliggono le nostre città: la moltiplicazione delle nuove cittadinanze, il complicato mosaico delle differenze, la diffusione delle comunità volontarie, le richieste di riconoscimento in una società socio-diversa e molteplice. Le esplorazioni speculative intorno al concetto di diversità negli insediamenti umani, hanno restituito molte interpretazioni della “teoria della diversità”; senza però riuscire a rispondere alla questione fondamentale di come contestualizzarla nelle pratiche di piano o nel disegno delle città. La maggior parte delle ipotesi è accomunata proprio dai dubbi sulle forme del passaggio dalla teoria del planning al disegno della città («place diversity») (Talen. 2006). Entrambi i domini rivendicano il proprio diritto al riconoscimento della differenza; entrambi esprimono enormi incertezze nella configurazione dei processi decisionali e nell’azione per la trasformazione fisica dei luoghi. Questo contributo intende indagare le possibili relazioni tra i due domini indicando piste di lavoro e opportunità di rigenerazione delle città. Si muove da una riflessione sulla molteplicità delle figurazioni immaginifiche della città delle differenze proposte dalla letteratura (Parekh, 2000; Sandercock, 1998), verso la costruzione di indirizzi per nuovi “disegni” di città che tengano conto delle differenze e interpretino l’espressione efficace di Emily Talen che qui viene assunta come concetto guida: «design can enable diversity» (Talen, 2006). Il punto di partenza di questo percorso coincide con la consapevolezza che l’immagine dominante della città postmoderna sia quella di una città in cui la paura dell’altro induce meccanismi di difesa, attiva dispositivi di controllo sociale e di distribuzione selettiva delle risorse (Segmented City) (Glasze, Webster and Frantz, 2006; Rowland Atkinson and Sara Blandy). Il punto di arrivo si concentra invece sull’intuizione dell’esistenza di un’altra immagine di città (DiverCity): quella di una città in potenza e in divenire, in grado di riconoscere nelle pratiche quotidiane, le potenzialità e gli enzimi di una nuova urbanità (Sandercock, 2003; Sennett, 1994; Amin, 2002; Friedmann, 2002; Fainstein, 2000). Lo sfondo di questo percorso è costituito dai riferimenti ad alcuni testi seminali della teoria della pianificazione, riletti alla luce delle sfide di una società multiculturale (Sandercock, 2003; Yiftachel, 1998; Holston, 1998; Friedmann 2002; Fainstein, 2005; Innes, 2000; Forester, 1989; Innes, 1995; Healey, 1997). La parte finale del contributo si sofferma sul terreno delle pratiche progettuali e della pianificazione dello spazio delle differenze (forse il terreno più debole sul piano della ricerca). In particolare, cerca di approfondire il rapporto tra pianificazione urbana e diversità culturale, aprendo la riflessione verso nuove aree della ricerca (Burayidi, 2000; Qadeer, 1997; Sandercock, 1998, 2000; Fenster, 1999; Thomas 2000; Perrone, 2003).

DiverCity. Progetti di città per una pianificazione sensibile alle differenze / C. Perrone. - In: PLANUM. - ISSN 1723-0993. - ELETTRONICO. - Abitare l'Italia. Territori, economie, diseguaglianze:(2011), pp. 1-5.

DiverCity. Progetti di città per una pianificazione sensibile alle differenze

PERRONE, CAMILLA
2011

Abstract

Il campo della pianificazione è disseminato di problemi che richiedono una riflessione profonda e la messa in discussione dei modi consueti di pensare e di agire. Il contributo esamina alcuni di questi problemi, cercando una strada per affrontare le difficoltà che affliggono le nostre città: la moltiplicazione delle nuove cittadinanze, il complicato mosaico delle differenze, la diffusione delle comunità volontarie, le richieste di riconoscimento in una società socio-diversa e molteplice. Le esplorazioni speculative intorno al concetto di diversità negli insediamenti umani, hanno restituito molte interpretazioni della “teoria della diversità”; senza però riuscire a rispondere alla questione fondamentale di come contestualizzarla nelle pratiche di piano o nel disegno delle città. La maggior parte delle ipotesi è accomunata proprio dai dubbi sulle forme del passaggio dalla teoria del planning al disegno della città («place diversity») (Talen. 2006). Entrambi i domini rivendicano il proprio diritto al riconoscimento della differenza; entrambi esprimono enormi incertezze nella configurazione dei processi decisionali e nell’azione per la trasformazione fisica dei luoghi. Questo contributo intende indagare le possibili relazioni tra i due domini indicando piste di lavoro e opportunità di rigenerazione delle città. Si muove da una riflessione sulla molteplicità delle figurazioni immaginifiche della città delle differenze proposte dalla letteratura (Parekh, 2000; Sandercock, 1998), verso la costruzione di indirizzi per nuovi “disegni” di città che tengano conto delle differenze e interpretino l’espressione efficace di Emily Talen che qui viene assunta come concetto guida: «design can enable diversity» (Talen, 2006). Il punto di partenza di questo percorso coincide con la consapevolezza che l’immagine dominante della città postmoderna sia quella di una città in cui la paura dell’altro induce meccanismi di difesa, attiva dispositivi di controllo sociale e di distribuzione selettiva delle risorse (Segmented City) (Glasze, Webster and Frantz, 2006; Rowland Atkinson and Sara Blandy). Il punto di arrivo si concentra invece sull’intuizione dell’esistenza di un’altra immagine di città (DiverCity): quella di una città in potenza e in divenire, in grado di riconoscere nelle pratiche quotidiane, le potenzialità e gli enzimi di una nuova urbanità (Sandercock, 2003; Sennett, 1994; Amin, 2002; Friedmann, 2002; Fainstein, 2000). Lo sfondo di questo percorso è costituito dai riferimenti ad alcuni testi seminali della teoria della pianificazione, riletti alla luce delle sfide di una società multiculturale (Sandercock, 2003; Yiftachel, 1998; Holston, 1998; Friedmann 2002; Fainstein, 2005; Innes, 2000; Forester, 1989; Innes, 1995; Healey, 1997). La parte finale del contributo si sofferma sul terreno delle pratiche progettuali e della pianificazione dello spazio delle differenze (forse il terreno più debole sul piano della ricerca). In particolare, cerca di approfondire il rapporto tra pianificazione urbana e diversità culturale, aprendo la riflessione verso nuove aree della ricerca (Burayidi, 2000; Qadeer, 1997; Sandercock, 1998, 2000; Fenster, 1999; Thomas 2000; Perrone, 2003).
2011
Abitare l'Italia. Territori, economie, diseguaglianze
1
5
C. Perrone
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