G. VANNINI, Un sigillo dei conti Guidi e il crepuscolo dell’incastellamento nel Valdarno superiore, "Archeologia Medievale", XXXI, 2004, pp. 405-422 Un recente ritrovamento, avvenuto in scavo nell’area archeologica incastellata dai conti Guidi di Poggio alla Regina (Arezzo), ‘capitale rurale’ di una Curia (“del Castiglione”) sul Pratomagno valdernese e da anni oggetto di una serie di indagini di archeologia territoriale da parte della Cattedra di Archeologia Medievale dell’Università di Firenze, da modo di impostare qualche riflessione sulla natura del potere signorile in età ‘feudale’, alla luce della sua documentazione materiale e particolarmente riferita ad un microcosmo diffuso soprattutto in realtà periferiche e, come in questo caso, magari di montagna. Si tratta di due splendidi sigilli personali in eccellenti condizioni di conservazione, ma la cui eccezionalità come fonte storica sta proprio nell’interpretazione resa possibile dalle assolutamente specifiche e precise collocazioni cronostratigrafiche e nell’indirizzo storico che caratterizza l’intera ricerca. I ritrovamenti si riferiscono agli interventi che, fra l’ultimo quarto del secolo XIII ed i primi lustri del sec. XIV, videro svilupparsi una nuova ed estesa fase di deciso ampliamento delle strutture residenziali, a carattere monumentale, dell'area scelta per il primo incastellamento del sito. Il primo sigillo è costituito da un pendente in bronzo circolare con la matrice di un'iscrizione in caratteri gotici incisi sul margine ("+ S(igillum) BASTARDI COMITIS GUIDONIS GUERRE") che racchiude un profilo di leone rampante, insegna araldica dei Conti Guidi. La seconda matrice di sigillo rinvenuta è riferita al figlio e successore di Bastardo (“+ S(igillum) SIMONIS D(omini) BASTARDI DE CASTILLIONIS") ed inscrive l'arme dei Guidi in uno scudo racchiuso entro una lunetta polilobata. Bastardo, figlio naturale del celebre Guido Guerra IV ricordato da Dante e nipote di Marcovaldo di Dovadola, compare in ruoli significativi nelle fonti scritte ed è signore del castello nel 1277 (“Dominus”), ma ciò che attesta la nuova fonte sfragistica è l’apertura di fatto, appunto con il castellano Bastardo, di un nuovo ramo dei Guidi, ‘da Castiglione’, in coincidenza, stratigrafica, con l’ultima e maggiore stagione di rilancio dell’antico insediamento. Tale radicamento tardoduecentesco trova riscontri nell’onomastica e nella loro stessa consapevolezza, orgogliosamente dichiarata anche dai discendenti del nuovo ramo naturale dei Guidi per almeno un secolo e mezzo e ne risulta confermato direttamente dal legame con il rinnovamento radicale del castello da cui presero il nome. Infatti, la definizione incisa sul sigillo personale del castellano (“DE CASTILLIONIS”) non lascia dubbi che anche la denominazione riportata nelle fonti scritte (“de Castillione”) vada intesa come parte integrante del nome stesso e distintiva di un autonomo nuovo ramo, naturale ma consapevole di sé, della famiglia comitale, con uno specifico ed autonomo ruolo ed un preciso territorio di competenza: in altri termini, una vera ‘signoria territoriale’, sia pure in qualche modo subordinata (solo formalmente?) al ramo ufficiale dei ‘da Dovadola’. Simone, attestato almeno fino al 1339 come “Symone quondam domini Bastardi de Castelione”, alla luce del contesto di rinvenimento del suo sigillo, può essere considerato il primo successore del padre Bastardo, come castellano e ‘signore’ del Castiglione. Insomma, si può ritenere che il ramo del Castiglione, assumendone con Simone la stessa denominazione eponima, proprio puntando sul suo consolidamento anche strutturale, tendesse a fare del castello un rinnovato e decisamente potenziato nucleo di aggregazione politica, militare ed anche demografica. Il ritrovamento dei sigilli, insomma, oltre a costituire la prova definitiva dell'identificazione del sito di Poggio della Regina con il "Castiglione della Corte", ci offre un’esplicita conferma dell'intenzione di questi ‘Guidi da Castiglione’, colta si potrebbe dire in atto, di attribuire al Castiglione un ruolo significativo, una sorta di signoria territoriale di fatto, ma irrealistico e destinato al più completo fallimento. Un tempo sufficiente, tuttavia, prima della inevitabile sottomissione e del definitivo abbandono, per fissare nei fatti e, forse ancora più, nella memoria familiare orgogliosamente mantenuta oltre le fortune politiche, il consapevole e tramandato ricordo di un possesso certamente conseguito e di un ruolo, tenacemente perseguito, anche sorvegliando materialmente i lavori (la presenza quasi certamente personale degli stessi castellani, suggerita appunto dalla perdita dei loro rispettivi sigilli, lo prova).

Un sigillo dei conti Guidi e il crepuscolo dell’incastellamento nel Valdarno superiore / G. Vannini. - In: ARCHEOLOGIA MEDIEVALE. - ISSN 0390-0592. - STAMPA. - XXXI:(2004), pp. 405-422.

Un sigillo dei conti Guidi e il crepuscolo dell’incastellamento nel Valdarno superiore

VANNINI, GUIDO
2004

Abstract

G. VANNINI, Un sigillo dei conti Guidi e il crepuscolo dell’incastellamento nel Valdarno superiore, "Archeologia Medievale", XXXI, 2004, pp. 405-422 Un recente ritrovamento, avvenuto in scavo nell’area archeologica incastellata dai conti Guidi di Poggio alla Regina (Arezzo), ‘capitale rurale’ di una Curia (“del Castiglione”) sul Pratomagno valdernese e da anni oggetto di una serie di indagini di archeologia territoriale da parte della Cattedra di Archeologia Medievale dell’Università di Firenze, da modo di impostare qualche riflessione sulla natura del potere signorile in età ‘feudale’, alla luce della sua documentazione materiale e particolarmente riferita ad un microcosmo diffuso soprattutto in realtà periferiche e, come in questo caso, magari di montagna. Si tratta di due splendidi sigilli personali in eccellenti condizioni di conservazione, ma la cui eccezionalità come fonte storica sta proprio nell’interpretazione resa possibile dalle assolutamente specifiche e precise collocazioni cronostratigrafiche e nell’indirizzo storico che caratterizza l’intera ricerca. I ritrovamenti si riferiscono agli interventi che, fra l’ultimo quarto del secolo XIII ed i primi lustri del sec. XIV, videro svilupparsi una nuova ed estesa fase di deciso ampliamento delle strutture residenziali, a carattere monumentale, dell'area scelta per il primo incastellamento del sito. Il primo sigillo è costituito da un pendente in bronzo circolare con la matrice di un'iscrizione in caratteri gotici incisi sul margine ("+ S(igillum) BASTARDI COMITIS GUIDONIS GUERRE") che racchiude un profilo di leone rampante, insegna araldica dei Conti Guidi. La seconda matrice di sigillo rinvenuta è riferita al figlio e successore di Bastardo (“+ S(igillum) SIMONIS D(omini) BASTARDI DE CASTILLIONIS") ed inscrive l'arme dei Guidi in uno scudo racchiuso entro una lunetta polilobata. Bastardo, figlio naturale del celebre Guido Guerra IV ricordato da Dante e nipote di Marcovaldo di Dovadola, compare in ruoli significativi nelle fonti scritte ed è signore del castello nel 1277 (“Dominus”), ma ciò che attesta la nuova fonte sfragistica è l’apertura di fatto, appunto con il castellano Bastardo, di un nuovo ramo dei Guidi, ‘da Castiglione’, in coincidenza, stratigrafica, con l’ultima e maggiore stagione di rilancio dell’antico insediamento. Tale radicamento tardoduecentesco trova riscontri nell’onomastica e nella loro stessa consapevolezza, orgogliosamente dichiarata anche dai discendenti del nuovo ramo naturale dei Guidi per almeno un secolo e mezzo e ne risulta confermato direttamente dal legame con il rinnovamento radicale del castello da cui presero il nome. Infatti, la definizione incisa sul sigillo personale del castellano (“DE CASTILLIONIS”) non lascia dubbi che anche la denominazione riportata nelle fonti scritte (“de Castillione”) vada intesa come parte integrante del nome stesso e distintiva di un autonomo nuovo ramo, naturale ma consapevole di sé, della famiglia comitale, con uno specifico ed autonomo ruolo ed un preciso territorio di competenza: in altri termini, una vera ‘signoria territoriale’, sia pure in qualche modo subordinata (solo formalmente?) al ramo ufficiale dei ‘da Dovadola’. Simone, attestato almeno fino al 1339 come “Symone quondam domini Bastardi de Castelione”, alla luce del contesto di rinvenimento del suo sigillo, può essere considerato il primo successore del padre Bastardo, come castellano e ‘signore’ del Castiglione. Insomma, si può ritenere che il ramo del Castiglione, assumendone con Simone la stessa denominazione eponima, proprio puntando sul suo consolidamento anche strutturale, tendesse a fare del castello un rinnovato e decisamente potenziato nucleo di aggregazione politica, militare ed anche demografica. Il ritrovamento dei sigilli, insomma, oltre a costituire la prova definitiva dell'identificazione del sito di Poggio della Regina con il "Castiglione della Corte", ci offre un’esplicita conferma dell'intenzione di questi ‘Guidi da Castiglione’, colta si potrebbe dire in atto, di attribuire al Castiglione un ruolo significativo, una sorta di signoria territoriale di fatto, ma irrealistico e destinato al più completo fallimento. Un tempo sufficiente, tuttavia, prima della inevitabile sottomissione e del definitivo abbandono, per fissare nei fatti e, forse ancora più, nella memoria familiare orgogliosamente mantenuta oltre le fortune politiche, il consapevole e tramandato ricordo di un possesso certamente conseguito e di un ruolo, tenacemente perseguito, anche sorvegliando materialmente i lavori (la presenza quasi certamente personale degli stessi castellani, suggerita appunto dalla perdita dei loro rispettivi sigilli, lo prova).
2004
XXXI
405
422
G. Vannini
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