La realizzazione piena ed effettiva dei diritti non può trascurare la considerazione che non tutte le situazioni di favore possono essere adeguatamente tutelate attraverso il processo ordinario per la possibile insorgenza di fatti e circostanze che mettano in pericolo la concreta soddisfazione del diritto, nel tempo necessario ad ottenere una pronuncia definitiva. Per quanto la tutela offerta dal rito di cognizione possa essere rapida e perfetta essa, tuttavia, non sarà mai immediata: il tempo nel processo, è paragonato da Carnelutti ad un nemico contro il quale il giudice -e, possiamo aggiungere, le parti- lottano senza posa per scongiurare il prodursi di mutamenti di circostanze che potrebbero rendere più difficoltosa, o addirittura impedire, la soddisfazione del diritto da tutelare, ovvero per evitare che possano realizzarsi danni dovuti al permanere del diritto in uno stato di insoddisfazione. Su questa consapevolezza si fonda l'esigenza, coeva alla nascita stessa del diritto e del processo, di predisporre da parte dell'ordinamento particolari istituti processuali destinati ad intervenire rapidamente in quelle situazioni ove l'urgenza delle circostanze non permette l'attesa del provvedimento definitivo. L'interesse specifico alla base di questi procedimenti sta, dunque, nella loro funzione integrativa della difesa realizzabile in via ordinaria e nella risposta che gli stessi offrono a precise esigenze di effettività della tutela, in applicazione del principio Chiovendano secondo il quale la durata del processo non deve nuocere all'attore che ha ragione. Gli ordinamenti giuridici antichi e moderni hanno risposto a queste esigenze, pur nella diversità delle forme e degli strumenti, apprestando sistemi di tutela rapida e semplificata e, per ciò, caratterizzati da una cognizione sommaria e da una natura provvisoria del provvedimento che ne scaturisce. Pur nella loro costante presenza in ogni epoca giuridica, lo sviluppo dei questi procedimenti sommari, basati o meno sull'urgenza e, dunque, per utilizzare un'espressione cara alla tradizione processuale civile italiana, <<cautelari e non cautelari>>, costituisce un fenomeno che ha tratto notevoli impulsi dall'evoluzione del contenzioso moderno, dal quale è scaturita la consapevolezza che la tutela giurisdizionale dei diritti non è effettiva se non è ottenibile rapidamente e nella conseguenziale tendenza a risolvere le liti fuori del lungo ed oneroso processo ordinario. La funzione svolta da questi procedimenti e la loro importanza in un periodo storico, qual'è quello attuale, teso alla creazione di spazi giuridici che travalichino i confini dei singoli Stati, ha posto l'esigenza di offrire loro una regolamentazione anche a livello internazionale. Nell'ambito dell'Europa comunitaria la Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, ha cercato di dettare principi comuni alla materia individuando nell'art. 24, l'autorità giurisdizionalmente competente all'emissione dei <<provvedimenti provvisori e cautelari>>. L'importanza della disposizione non può sfuggire e non è, di fatto, sfuggita agli interpreti poiché, come ha osservato Tesauro, Avvocato Generale nella causa 213/89, lo <<scopo fondamentale di ogni ordinamento giuridico (...) è l'effettività della tutela giurisdizionale>> nella realizzazione della quale la tutela cautelare <<si rivela uno strumento fondamentale e ineliminabile di qualsiasi sistema giurisdizionale, mirando a realizzare in modo puntuale e mai vano lo scopo di accertamento del diritto e più in generale di attuazione della norma giuridica, tutte le volte che la durata del processo è idonea a pregiudicare il raggiungimento di tale scopo e dunque a vanificare l'effetto utile della sentenza>> . I limiti imposti alla presente trattazione ci impediscono di affrontare i problemi ermeneutici posti dall'art. 24 della Convenzione, ai quali sarà riservata una fase di successivo approfondimento dello studio raccolto in queste pagine. In questa sede possiamo tuttavia notare come la versione francese di tale norma utilizzi l'espressione <<mesures provisoires ou conservatoires>>, non essendo trasponibile in questo ordinamento la contrapposizione tra provvedimenti sommari cautelari e non cautelari elaborata invece nel nostro ordinamento. Il sistema d'Oltralpe nel corso della propria evoluzione, accanto ad istituti primariamente volti alla realizzazione di finalità conservative , ha visto delinearsi un particolare procedimento, quello di référé, la cui struttura, originariamente diretta all'emissione di misure urgenti, si è progressivamente ampliata, articolando l'istituto, inizialmente unico, in differenti tipologie idonee al perseguimento tanto di funzioni cautelari che di economia processuale e, dunque, non cautelari.L'originalità di questo procedimento, ha indirizzato la nostra attenzione e ad esso abbiamo dedicato il presente lavoro cercando di delineare le linee evolutive seguite dall'istituto, la sua odierna regolamentazione normativa e l'applicazione che lo stesso riceve dalla giurisprudenza dominante.

Il sistema francese dei référé di prima istanza / C. Silvestri. - (1996).

Il sistema francese dei référé di prima istanza

SILVESTRI, CATERINA
1996

Abstract

La realizzazione piena ed effettiva dei diritti non può trascurare la considerazione che non tutte le situazioni di favore possono essere adeguatamente tutelate attraverso il processo ordinario per la possibile insorgenza di fatti e circostanze che mettano in pericolo la concreta soddisfazione del diritto, nel tempo necessario ad ottenere una pronuncia definitiva. Per quanto la tutela offerta dal rito di cognizione possa essere rapida e perfetta essa, tuttavia, non sarà mai immediata: il tempo nel processo, è paragonato da Carnelutti ad un nemico contro il quale il giudice -e, possiamo aggiungere, le parti- lottano senza posa per scongiurare il prodursi di mutamenti di circostanze che potrebbero rendere più difficoltosa, o addirittura impedire, la soddisfazione del diritto da tutelare, ovvero per evitare che possano realizzarsi danni dovuti al permanere del diritto in uno stato di insoddisfazione. Su questa consapevolezza si fonda l'esigenza, coeva alla nascita stessa del diritto e del processo, di predisporre da parte dell'ordinamento particolari istituti processuali destinati ad intervenire rapidamente in quelle situazioni ove l'urgenza delle circostanze non permette l'attesa del provvedimento definitivo. L'interesse specifico alla base di questi procedimenti sta, dunque, nella loro funzione integrativa della difesa realizzabile in via ordinaria e nella risposta che gli stessi offrono a precise esigenze di effettività della tutela, in applicazione del principio Chiovendano secondo il quale la durata del processo non deve nuocere all'attore che ha ragione. Gli ordinamenti giuridici antichi e moderni hanno risposto a queste esigenze, pur nella diversità delle forme e degli strumenti, apprestando sistemi di tutela rapida e semplificata e, per ciò, caratterizzati da una cognizione sommaria e da una natura provvisoria del provvedimento che ne scaturisce. Pur nella loro costante presenza in ogni epoca giuridica, lo sviluppo dei questi procedimenti sommari, basati o meno sull'urgenza e, dunque, per utilizzare un'espressione cara alla tradizione processuale civile italiana, <>, costituisce un fenomeno che ha tratto notevoli impulsi dall'evoluzione del contenzioso moderno, dal quale è scaturita la consapevolezza che la tutela giurisdizionale dei diritti non è effettiva se non è ottenibile rapidamente e nella conseguenziale tendenza a risolvere le liti fuori del lungo ed oneroso processo ordinario. La funzione svolta da questi procedimenti e la loro importanza in un periodo storico, qual'è quello attuale, teso alla creazione di spazi giuridici che travalichino i confini dei singoli Stati, ha posto l'esigenza di offrire loro una regolamentazione anche a livello internazionale. Nell'ambito dell'Europa comunitaria la Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, ha cercato di dettare principi comuni alla materia individuando nell'art. 24, l'autorità giurisdizionalmente competente all'emissione dei <>. L'importanza della disposizione non può sfuggire e non è, di fatto, sfuggita agli interpreti poiché, come ha osservato Tesauro, Avvocato Generale nella causa 213/89, lo <> nella realizzazione della quale la tutela cautelare <> . I limiti imposti alla presente trattazione ci impediscono di affrontare i problemi ermeneutici posti dall'art. 24 della Convenzione, ai quali sarà riservata una fase di successivo approfondimento dello studio raccolto in queste pagine. In questa sede possiamo tuttavia notare come la versione francese di tale norma utilizzi l'espressione <>, non essendo trasponibile in questo ordinamento la contrapposizione tra provvedimenti sommari cautelari e non cautelari elaborata invece nel nostro ordinamento. Il sistema d'Oltralpe nel corso della propria evoluzione, accanto ad istituti primariamente volti alla realizzazione di finalità conservative , ha visto delinearsi un particolare procedimento, quello di référé, la cui struttura, originariamente diretta all'emissione di misure urgenti, si è progressivamente ampliata, articolando l'istituto, inizialmente unico, in differenti tipologie idonee al perseguimento tanto di funzioni cautelari che di economia processuale e, dunque, non cautelari.L'originalità di questo procedimento, ha indirizzato la nostra attenzione e ad esso abbiamo dedicato il presente lavoro cercando di delineare le linee evolutive seguite dall'istituto, la sua odierna regolamentazione normativa e l'applicazione che lo stesso riceve dalla giurisprudenza dominante.
1996
Prof. N. Trocker
C. Silvestri
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Tipologia: Tesi di dottorato
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