L’interesse verso la problematica connessa alla caratterizzazione di genotipi ottenuti per incrocio è sempre stato vivo; altrettanto importante è lo studio delle correlazioni tra parentali e progenie. La presente ricerca costituisce un’opportunità rilevante al fine di approfondire le conoscenze e saggiare le metodologie impiegate per l’identificazione e caratterizzazione di Vitis vinifera. Il materiale vegetale a disposizione, costituito da incroci di origine nota, infatti, consente di testare i metodi e fornisce la possibilità di appurarne la validità. Contemporaneamente si consente il confronto tra i metodi impiegati al fine di individuare il più informativo e utile per la caratterizzazione di piante di vite. La definizione e l’identificazione varietale rivestono una rilevante importanza scientifica e pratica in tutti i settori dell’arboricoltura. Tali problemi interessano in modo particolare specie come la vite che, come noto, presentano aspetti di grande complessità, determinati sia dall’elevato numero di cultivar, molte delle quali di antica origine e, pertanto, geneticamente eterogenee, trattandosi spesso di cloni-popolazione, sia dall’esistenza di frequenti casi di omonimia e sinonimia, dovuti a spostamento di materiale genetico e ad errori nella trascrizione dei nomi. Le cultivar di vite, inoltre, come quelle di molte altre specie, sono caratterizzate da uno spiccato polimorfismo; ciò porta piante genotipicamente simili ad evidenziare differenze nel fenotipo che ne rendono quasi impossibile la corretta identificazione. Il problema dell’identificazione corretta del genotipo si fa particolarmente importante quando si tratta di determinare l’autenticità di una pianta propagata. La possibilità di identificare le varietà di specie agrarie, infatti, è uno dei requisiti più importanti ai fini della loro utilizzazione. Come risultato dell’importanza internazionale dell’industria della vite e del vino, le novità in merito a nuove varietà, portinnesti e cloni si diffondono con grande rapidità. Dal momento che un produttore “crea” un nuovo genotipo, in poco tempo i viticoltori lo richiedono con la forte preoccupazione dell’autenticità del materiale. L’approntamento di un rapido e sicuro protocollo nell’identificazione genetica della vite, in tal senso, costituisce uno strumento di estrema importanza nella filiera della propagazione, consentendo di snellire molti dei passaggi che intercorrono tra il costitutore ed il vivaista e quindi tra il vivaista e il coltivatore. Evidentemente l’identificazione varietale deve fare riferimento a criteri e metodologie affidabili, sufficientemente oggettive e ripetibili compatibilmente con le caratteristiche di variabilità di un organismo vegetale. Sotto il profilo normativo, i caratteri presi in considerazione per la differenziabilità e conseguentemente l’identificazione delle varietà devono essere correlati alle metodologie utilizzabili per la loro rilevazione. Da decenni le normative connesse con il controllo di qualità del materiale di propagazione delle piante prendono in considerazione l’identità delle varietà allo scopo di fornire un riferimento oggettivo per l’assicurazione della corrispondenza tra la varietà dichiarata dal produttore e l’attesa dell’utilizzatore. L’intervento pubblico va ad integrare un’esigenza già sentita e perseguita dai diversi protagonisti del mondo viticolo, dal costitutore di nuove varietà al responsabile della conservazione, dal moltiplicatore al fruitore del prodotto finale. L’identità genetica delle varietà di vite, in particolare, è stata da sempre individuata sulle basi dell’ampelografia e dell’ampelometria, abbinate, piuttosto recentemente, all’impiego di elaborazione statistica dei dati. Negli ultimi anni, tuttavia, molti sono stati i dibattiti sull’inadeguatezza, talvolta, dei rilievi morfologici, e si è cominciato progressivamente a sviluppare altre metodologie appartenenti a settori anche assai diversi, sviluppando nel contempo le tecniche “tradizionali”. Grandi progressi, infatti, sono stati raggiunti abbinando i rilievi ampelometrici all’uso di elaborati software (che consentono l’analisi dell’immagine) e sottoponendo i dati ottenuti a calcolo neurale artificiale (Artificial Neural Network), utile strumento nell’identificazione di genotipi in grado di gestire contemporaneamente un grandissimo numero di informazioni su cui generare output tipici per ciascuna accessione (Mancuso, 1998 e 1999a). Analoghe e forse maggiori potenzialità sembrano risiedere nelle indagini molecolari; esse portano alla descrizione di un numero di caratteri collegati al DNA indubbiamente maggiore del numero degli aspetti morfologici quantificabili e/o qualificabili. Tra le metodologie di analisi del DNA quelle più attuali e con maggiori prospettive sono identificabili nel test di AFLP, Amplified Fragment Lenght Polymorphism (Vos et al., 1995) e SSRs, Microsatellite o Simple Sequence Repeat (Thomas et al., 1993). I due metodi costituiscono un interessante strumento nella caratterizzazione dei genotipi, ciascuno con determinate peculiarità che lo rendono adatto in misura diversa per i diversi tipi di indagine. L’AFLPs test, per esempio, è in grado di descrivere l’intero profilo genomico evidenziando le aree potenzialmente polimorfiche; è perciò particolarmente adatto a fornire un’immagine completa del genotipo e ad individuare elementi di similitudine o diversità tra gli individui in analisi. I test di amplificazione dei microsatelliti permettono la risoluzione anche di un basso grado di variabilità genetica, in quanto si è in grado di individuare la variabilità a livello allelico; inoltre i microsatelliti, in quanto marcatori codominanti, subiscono trasmissione mendeliana, per cui possono essere impiegati per le analisi di paternità e risultano particolarmente adatti per le analisi di ereditarietà. Il DNA fingerprinting, quindi, contiene la potenzialità per divenire uno strumento di controllo della qualità per il settore del vivaismo così come della viticoltura. Altro obiettivo attualmente interessante negli studi di biologia molecolare è costituito dall’opportunità di individuare, per i marcatori, informazioni sul loro eventuale ruolo funzionale o più in generale su una loro eventuale associazione con tratti fenotipici anomali che permetterebbe di chiamarli “marcatori” in senso proprio, cioè traccianti molecolari che rendono possibile l’identificazione precoce di fenotipi aberranti o dalle particolari caratteristiche morfo-fisiologiche. In tale direzione, lo studio si propone di verificare il “significato genetico” di un locus microsatellite per mezzo dell’individuazione della sequenza nucleotidica e inserimento nelle più comuni banche dati. Inoltre, rintracciando le sequenze dei vari singoli alleli individuati nella progenie così come nei parentali, è possibile verificare la stabilità dei locus nonché risalire alla modalità di origine del polimorfismo, aspetto ad oggi scarsamente affrontato (Di Gaspero et al., 2000).

Comparazione di metodi per la caratterizzazione di genotipi generati da incrocio in Vitis vinifera / E.Masi. - (2003).

Comparazione di metodi per la caratterizzazione di genotipi generati da incrocio in Vitis vinifera

MASI, ELISA
2003

Abstract

L’interesse verso la problematica connessa alla caratterizzazione di genotipi ottenuti per incrocio è sempre stato vivo; altrettanto importante è lo studio delle correlazioni tra parentali e progenie. La presente ricerca costituisce un’opportunità rilevante al fine di approfondire le conoscenze e saggiare le metodologie impiegate per l’identificazione e caratterizzazione di Vitis vinifera. Il materiale vegetale a disposizione, costituito da incroci di origine nota, infatti, consente di testare i metodi e fornisce la possibilità di appurarne la validità. Contemporaneamente si consente il confronto tra i metodi impiegati al fine di individuare il più informativo e utile per la caratterizzazione di piante di vite. La definizione e l’identificazione varietale rivestono una rilevante importanza scientifica e pratica in tutti i settori dell’arboricoltura. Tali problemi interessano in modo particolare specie come la vite che, come noto, presentano aspetti di grande complessità, determinati sia dall’elevato numero di cultivar, molte delle quali di antica origine e, pertanto, geneticamente eterogenee, trattandosi spesso di cloni-popolazione, sia dall’esistenza di frequenti casi di omonimia e sinonimia, dovuti a spostamento di materiale genetico e ad errori nella trascrizione dei nomi. Le cultivar di vite, inoltre, come quelle di molte altre specie, sono caratterizzate da uno spiccato polimorfismo; ciò porta piante genotipicamente simili ad evidenziare differenze nel fenotipo che ne rendono quasi impossibile la corretta identificazione. Il problema dell’identificazione corretta del genotipo si fa particolarmente importante quando si tratta di determinare l’autenticità di una pianta propagata. La possibilità di identificare le varietà di specie agrarie, infatti, è uno dei requisiti più importanti ai fini della loro utilizzazione. Come risultato dell’importanza internazionale dell’industria della vite e del vino, le novità in merito a nuove varietà, portinnesti e cloni si diffondono con grande rapidità. Dal momento che un produttore “crea” un nuovo genotipo, in poco tempo i viticoltori lo richiedono con la forte preoccupazione dell’autenticità del materiale. L’approntamento di un rapido e sicuro protocollo nell’identificazione genetica della vite, in tal senso, costituisce uno strumento di estrema importanza nella filiera della propagazione, consentendo di snellire molti dei passaggi che intercorrono tra il costitutore ed il vivaista e quindi tra il vivaista e il coltivatore. Evidentemente l’identificazione varietale deve fare riferimento a criteri e metodologie affidabili, sufficientemente oggettive e ripetibili compatibilmente con le caratteristiche di variabilità di un organismo vegetale. Sotto il profilo normativo, i caratteri presi in considerazione per la differenziabilità e conseguentemente l’identificazione delle varietà devono essere correlati alle metodologie utilizzabili per la loro rilevazione. Da decenni le normative connesse con il controllo di qualità del materiale di propagazione delle piante prendono in considerazione l’identità delle varietà allo scopo di fornire un riferimento oggettivo per l’assicurazione della corrispondenza tra la varietà dichiarata dal produttore e l’attesa dell’utilizzatore. L’intervento pubblico va ad integrare un’esigenza già sentita e perseguita dai diversi protagonisti del mondo viticolo, dal costitutore di nuove varietà al responsabile della conservazione, dal moltiplicatore al fruitore del prodotto finale. L’identità genetica delle varietà di vite, in particolare, è stata da sempre individuata sulle basi dell’ampelografia e dell’ampelometria, abbinate, piuttosto recentemente, all’impiego di elaborazione statistica dei dati. Negli ultimi anni, tuttavia, molti sono stati i dibattiti sull’inadeguatezza, talvolta, dei rilievi morfologici, e si è cominciato progressivamente a sviluppare altre metodologie appartenenti a settori anche assai diversi, sviluppando nel contempo le tecniche “tradizionali”. Grandi progressi, infatti, sono stati raggiunti abbinando i rilievi ampelometrici all’uso di elaborati software (che consentono l’analisi dell’immagine) e sottoponendo i dati ottenuti a calcolo neurale artificiale (Artificial Neural Network), utile strumento nell’identificazione di genotipi in grado di gestire contemporaneamente un grandissimo numero di informazioni su cui generare output tipici per ciascuna accessione (Mancuso, 1998 e 1999a). Analoghe e forse maggiori potenzialità sembrano risiedere nelle indagini molecolari; esse portano alla descrizione di un numero di caratteri collegati al DNA indubbiamente maggiore del numero degli aspetti morfologici quantificabili e/o qualificabili. Tra le metodologie di analisi del DNA quelle più attuali e con maggiori prospettive sono identificabili nel test di AFLP, Amplified Fragment Lenght Polymorphism (Vos et al., 1995) e SSRs, Microsatellite o Simple Sequence Repeat (Thomas et al., 1993). I due metodi costituiscono un interessante strumento nella caratterizzazione dei genotipi, ciascuno con determinate peculiarità che lo rendono adatto in misura diversa per i diversi tipi di indagine. L’AFLPs test, per esempio, è in grado di descrivere l’intero profilo genomico evidenziando le aree potenzialmente polimorfiche; è perciò particolarmente adatto a fornire un’immagine completa del genotipo e ad individuare elementi di similitudine o diversità tra gli individui in analisi. I test di amplificazione dei microsatelliti permettono la risoluzione anche di un basso grado di variabilità genetica, in quanto si è in grado di individuare la variabilità a livello allelico; inoltre i microsatelliti, in quanto marcatori codominanti, subiscono trasmissione mendeliana, per cui possono essere impiegati per le analisi di paternità e risultano particolarmente adatti per le analisi di ereditarietà. Il DNA fingerprinting, quindi, contiene la potenzialità per divenire uno strumento di controllo della qualità per il settore del vivaismo così come della viticoltura. Altro obiettivo attualmente interessante negli studi di biologia molecolare è costituito dall’opportunità di individuare, per i marcatori, informazioni sul loro eventuale ruolo funzionale o più in generale su una loro eventuale associazione con tratti fenotipici anomali che permetterebbe di chiamarli “marcatori” in senso proprio, cioè traccianti molecolari che rendono possibile l’identificazione precoce di fenotipi aberranti o dalle particolari caratteristiche morfo-fisiologiche. In tale direzione, lo studio si propone di verificare il “significato genetico” di un locus microsatellite per mezzo dell’individuazione della sequenza nucleotidica e inserimento nelle più comuni banche dati. Inoltre, rintracciando le sequenze dei vari singoli alleli individuati nella progenie così come nei parentali, è possibile verificare la stabilità dei locus nonché risalire alla modalità di origine del polimorfismo, aspetto ad oggi scarsamente affrontato (Di Gaspero et al., 2000).
2003
M.Boselli
ITALIA
E.Masi
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