Scopo del lavoro Le ricostruzioni venose del tratto iliaco e della vena cava inferiore nell'ambito del trattamento chirurgico di patologie neoplastiche vengono praticate raramente perché al momento della diagnosi la neoplasia è in stadio avanzato, le condizioni del paziente sono compromesse ed il rischio chirurgico è elevato. Allo scopo di dare un contributo al problema dell'opportunità e validità della ricostruzione venosa dopo chirurgia demolitiva riportiamo 3 casi giunti alla nostra osservazione e da noi trattati con asportazione della neoplasia e ricostruzione protesica iliaca o cavale. Materiali e metodi Tre pazienti di sesso maschile di età compresa tra i 68 e i 75 anni affetti rispettivamente da: carcinoma vescicale infiltrante la vena iliaca esterna, carcinoma renale destro infiltrante la vena cava inferiore nel tratto sopra e sottorenale, carcinoma renale destro infiltrante la vena cava inferiore nel tratto soprarenale, sono stati sottoposti a rispettivamente il primo a cistectomia radicale con asportazione dei vasi iliaci esterni seguita da ricostruzione del tratto artero-venoso e innesto ilio-iliaco con PTFE armato, gli altri due a nefrectomia radicale destra, asportazione di un tratto di vena cava inferiore e sostituzioni del segmento cavale sopra renale e dei tratti sopra e sottorenale con PTFE e Dacron. I pazienti sono stati controllati a 1,3,6 mesi dall'intervento e successivamente ogni 6 mesi con esami ematochimici, radiografia del torace, TC addomino/pelvica e scintigrafia ossea. La funzionalità della ricostruzione protesica iliaca è stata studiata con Eco Color Doppler alla dimissione, a 30 giorni, a 3, 6 e 12 mesi. Le protesi cavali sono state studiate con Ultrasonografia. Tutti i pazienti hanno avuto un decorso postoperatorio regolare. La funzione renale si è mantenuta nei limiti e non si sono verificati edemi degli arti inferiori. Uno dei due pazienti trattato per neoplasia renale è deceduto a tre mesi dall'intervento per insufficienza respiratoria. Gli altri due pazienti sono deceduti per ripresa di malattia rispettivamente a 24 e a 30 mesi. Alla dimissione tutte le protesi erano pervie e si sono mantenute tali a 3, 6, 12 mesi nei due pazienti viventi. Conclusioni L'impatto sulla sopravvivenza delle ricostruzioni proteiche iliache e cavali non è quantizzabile visto l'esiguo numero di pazienti riportati in letteratura. Tuttavia, esse, impedendo l'ingorgo venoso, l'edema agli arti inferiori e l'insufficienza renale postoperatoria, migliorano certamente la qualità di vita residua di tali pazienti.

RICOSTRUZIONE DELLA VENA CAVA INFERIORE E DEI VASI ILIACI PER PATOLOGIA NEOPLASTICA UROLOGICA AVANZATA / G. Salinitri; A. Minervini; N. Dinelli; R. Marzano; V. Ales; R. Minervini. - STAMPA. - Atti 77° Congresso SIU:(2004), pp. 76-76. (Intervento presentato al convegno 77° Congresso SIU tenutosi a Milano nel 19-23 giugno).

RICOSTRUZIONE DELLA VENA CAVA INFERIORE E DEI VASI ILIACI PER PATOLOGIA NEOPLASTICA UROLOGICA AVANZATA.

MINERVINI, ANDREA;
2004

Abstract

Scopo del lavoro Le ricostruzioni venose del tratto iliaco e della vena cava inferiore nell'ambito del trattamento chirurgico di patologie neoplastiche vengono praticate raramente perché al momento della diagnosi la neoplasia è in stadio avanzato, le condizioni del paziente sono compromesse ed il rischio chirurgico è elevato. Allo scopo di dare un contributo al problema dell'opportunità e validità della ricostruzione venosa dopo chirurgia demolitiva riportiamo 3 casi giunti alla nostra osservazione e da noi trattati con asportazione della neoplasia e ricostruzione protesica iliaca o cavale. Materiali e metodi Tre pazienti di sesso maschile di età compresa tra i 68 e i 75 anni affetti rispettivamente da: carcinoma vescicale infiltrante la vena iliaca esterna, carcinoma renale destro infiltrante la vena cava inferiore nel tratto sopra e sottorenale, carcinoma renale destro infiltrante la vena cava inferiore nel tratto soprarenale, sono stati sottoposti a rispettivamente il primo a cistectomia radicale con asportazione dei vasi iliaci esterni seguita da ricostruzione del tratto artero-venoso e innesto ilio-iliaco con PTFE armato, gli altri due a nefrectomia radicale destra, asportazione di un tratto di vena cava inferiore e sostituzioni del segmento cavale sopra renale e dei tratti sopra e sottorenale con PTFE e Dacron. I pazienti sono stati controllati a 1,3,6 mesi dall'intervento e successivamente ogni 6 mesi con esami ematochimici, radiografia del torace, TC addomino/pelvica e scintigrafia ossea. La funzionalità della ricostruzione protesica iliaca è stata studiata con Eco Color Doppler alla dimissione, a 30 giorni, a 3, 6 e 12 mesi. Le protesi cavali sono state studiate con Ultrasonografia. Tutti i pazienti hanno avuto un decorso postoperatorio regolare. La funzione renale si è mantenuta nei limiti e non si sono verificati edemi degli arti inferiori. Uno dei due pazienti trattato per neoplasia renale è deceduto a tre mesi dall'intervento per insufficienza respiratoria. Gli altri due pazienti sono deceduti per ripresa di malattia rispettivamente a 24 e a 30 mesi. Alla dimissione tutte le protesi erano pervie e si sono mantenute tali a 3, 6, 12 mesi nei due pazienti viventi. Conclusioni L'impatto sulla sopravvivenza delle ricostruzioni proteiche iliache e cavali non è quantizzabile visto l'esiguo numero di pazienti riportati in letteratura. Tuttavia, esse, impedendo l'ingorgo venoso, l'edema agli arti inferiori e l'insufficienza renale postoperatoria, migliorano certamente la qualità di vita residua di tali pazienti.
2004
Atti del 77° Congresso SIU
77° Congresso SIU
Milano
G. Salinitri; A. Minervini; N. Dinelli; R. Marzano; V. Ales; R. Minervini
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