This paper begins by examining the distinction between the external and internal action of the EU, highlighting ways in which the EU appears to pay more attention to combat practices of torture in third countries than to the incidents and the proposals to legalize torture made at a political level in some Member States. Indeed, the positive actions of the EU in this area have focused outward partly because EU foreign policy provides for the protection of human rights among its objectives (art. 21 TEU), while the internal action of the EU is more limited due to the areas of competence established in the Treaties, meaning that, e.g., the management of prisons and detention centers is a task for the Member States, while the EU has no competence even in the definition of standard measures in this matter. However, even in cases in which the EU is able to intervene, the measures taken seem timid and not completely decisive. This essay concludes with some observations on the effectiveness of overall measures taken at the European level, especially in terms of the values that are actually protected. L’impegno dell’Unione europea nei confronti dei diritti dell’uomo, dopo il Trattato di Lisbona, è affermato nell’art. 2 TUE, ove fra i fondamenti dell’Unione vengono richiamati i valori del rispetto della dignità umana, della libertà, dello Stato di diritto e dei diritti umani. Il divieto di tortura e di pene o trattamenti inumani o degradanti è espressamente contemplato all’art. 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (c.d. Carta di Nizza del 2000) che, dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, ha assunto lo stesso valore giuridico dei Trattati (art. 6, § 1, TUE). Inoltre, detto divieto è sancito dall’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU): ricordiamo che i diritti richiamati dalla CEDU, in attesa dell’adesione dell’UE alla CEDU, hanno valore di principi generali dell’Unione ex art. 6, § 3, TUE. Non dobbiamo dimenticare il contributo della Corte di giustizia, la quale ha più volte affermato che il diritto al divieto di tortura e di pene o trattamenti inumani o degradanti non tollera alcuna restrizione, a differenza di altri diritti (causa C-112/00 Schmidberger; causa C-548/09 P). Partendo dalla distinzione fra azione esterna dell’UE e quella interna, è possibile vedere come l’UE sembri prestare maggiore attenzione a contrastare le pratiche di tortura quando entra in rapporto con Paesi terzi, piuttosto che agli episodi o alle proposte di legalizzazione della tortura avanzate a livello politico in alcuni Stati membri. Infatti, è sul versante esterno che sono concentrate le azioni positive dell’Unione in questo ambito anche sulla base del fatto che la politica estera dell’UE annovera la tutela dei diritti umani tra i suoi obiettivi, mentre sul versante interno l’azione UE è più limitata in ragione degli ambiti di competenza che discendono dai Trattati e, quindi, del fatto che tocca agli Stati membri gestire istituti di pena e centri di detenzione, dal momento che in questo settore l’UE non è provvista neppure di competenze sulla definizione di standard in materia. (Il contributo è collocato in un volume che racchiude i risultati di una ricerca, di rilievo interdisciplinare e internazionale, svolta da alcuni studiosi selezionati in seguito alla Call lanciata sul tema della tortura dal Centro Interateneo di Studi per la Pace nel 2014. I contributi, prima della pubblicazione, sono stati sottoposti a referaggio anonimo. Il volume è stato oggetto di recensione da parte di E. Orrù nella rivista Jura Gentium, 2/2019, p. 133 ss.)

The European Union Guidelines on Torture. Reflections on the Compatibility of Torture with the EU Primary Law / Picchi, Marta. - STAMPA. - (2017), pp. 325-340.

The European Union Guidelines on Torture. Reflections on the Compatibility of Torture with the EU Primary Law

PICCHI, MARTA
2017

Abstract

This paper begins by examining the distinction between the external and internal action of the EU, highlighting ways in which the EU appears to pay more attention to combat practices of torture in third countries than to the incidents and the proposals to legalize torture made at a political level in some Member States. Indeed, the positive actions of the EU in this area have focused outward partly because EU foreign policy provides for the protection of human rights among its objectives (art. 21 TEU), while the internal action of the EU is more limited due to the areas of competence established in the Treaties, meaning that, e.g., the management of prisons and detention centers is a task for the Member States, while the EU has no competence even in the definition of standard measures in this matter. However, even in cases in which the EU is able to intervene, the measures taken seem timid and not completely decisive. This essay concludes with some observations on the effectiveness of overall measures taken at the European level, especially in terms of the values that are actually protected. L’impegno dell’Unione europea nei confronti dei diritti dell’uomo, dopo il Trattato di Lisbona, è affermato nell’art. 2 TUE, ove fra i fondamenti dell’Unione vengono richiamati i valori del rispetto della dignità umana, della libertà, dello Stato di diritto e dei diritti umani. Il divieto di tortura e di pene o trattamenti inumani o degradanti è espressamente contemplato all’art. 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (c.d. Carta di Nizza del 2000) che, dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, ha assunto lo stesso valore giuridico dei Trattati (art. 6, § 1, TUE). Inoltre, detto divieto è sancito dall’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU): ricordiamo che i diritti richiamati dalla CEDU, in attesa dell’adesione dell’UE alla CEDU, hanno valore di principi generali dell’Unione ex art. 6, § 3, TUE. Non dobbiamo dimenticare il contributo della Corte di giustizia, la quale ha più volte affermato che il diritto al divieto di tortura e di pene o trattamenti inumani o degradanti non tollera alcuna restrizione, a differenza di altri diritti (causa C-112/00 Schmidberger; causa C-548/09 P). Partendo dalla distinzione fra azione esterna dell’UE e quella interna, è possibile vedere come l’UE sembri prestare maggiore attenzione a contrastare le pratiche di tortura quando entra in rapporto con Paesi terzi, piuttosto che agli episodi o alle proposte di legalizzazione della tortura avanzate a livello politico in alcuni Stati membri. Infatti, è sul versante esterno che sono concentrate le azioni positive dell’Unione in questo ambito anche sulla base del fatto che la politica estera dell’UE annovera la tutela dei diritti umani tra i suoi obiettivi, mentre sul versante interno l’azione UE è più limitata in ragione degli ambiti di competenza che discendono dai Trattati e, quindi, del fatto che tocca agli Stati membri gestire istituti di pena e centri di detenzione, dal momento che in questo settore l’UE non è provvista neppure di competenze sulla definizione di standard in materia. (Il contributo è collocato in un volume che racchiude i risultati di una ricerca, di rilievo interdisciplinare e internazionale, svolta da alcuni studiosi selezionati in seguito alla Call lanciata sul tema della tortura dal Centro Interateneo di Studi per la Pace nel 2014. I contributi, prima della pubblicazione, sono stati sottoposti a referaggio anonimo. Il volume è stato oggetto di recensione da parte di E. Orrù nella rivista Jura Gentium, 2/2019, p. 133 ss.)
2017
9788860749130
Le nuove giustificazioni della tortura nell'età dei diritti
325
340
Goal 3: Good health and well-being for people
Goal 10: Reducing inequalities
Goal 16: Peace, justice and strong institutions
Picchi, Marta
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