Un fenomeno quanto mai affascinante, nella fase più intellettualistica del Manierismo cinquecentesco, fu la moltiplicazione dei livelli di realtà per via d’inganno pittorico, inaugurata su grande scala da Michelangelo nella volta della Sistina (1508-12), dove all’intelaiatura architettonica proposta come verosimile si giustappongono “al di qua” gl’ignudi e “al di là” le scene bibliche negli sfondati. Tra gli altri Francesco Salviati, Taddeo e Federico Zuccari, Bernardino Barbatelli detto il Poccetti adattarono alle pitture murale profane in palazzi e palazzetti virtuosismi ottici e prospettici, così da combinare l’impressione di sporgenza delle figure e delle finte statue in primo piano con l’impressione contraria di sprofondamento verso la lontananza delle scene narrative, proposte però talora come “quadri riportati” o addirittura panni dipinti con tanto di galloni frangiati e finti arazzi, sovrapposti a strutture seminascoste e tuttavia visibili. Toccato un vertice altissimo dai Carracci nella Galleria di palazzo Farnese a Roma (1597-1600 circa), la pittura murale con intenti illusionistici si sarebbe sviluppata ulteriormente in varie direzioni. È in questo processo che si sviluppa e si consolida la specificità del “quadraturismo”, tipologia pittorica evidentemente collegata dal punto di vista etimologico con il “lavoro di quadro” o la “quadratura”, operazioni tanto grafiche quanto plastiche. Il genere, affermatosi nella propria autonomia entro la prima metà del XVII secolo, dilata e declina in infinite varianti il motivo della finta spazialità – e quindi della finta architettura – che trapassa, sfalda, scava e modella, sempre con modalità illusoria, volte e pareti.

Prospettiva, luce e colore nell'illusionismo architettonico. Quadraturismo e grande decorazione nella pittura di età barocca / Bertocci, Stefano; Farneti, Fauzia. - STAMPA. - (2015).

Prospettiva, luce e colore nell'illusionismo architettonico. Quadraturismo e grande decorazione nella pittura di età barocca.

BERTOCCI, STEFANO;FARNETI, FAUZIA
2015

Abstract

Un fenomeno quanto mai affascinante, nella fase più intellettualistica del Manierismo cinquecentesco, fu la moltiplicazione dei livelli di realtà per via d’inganno pittorico, inaugurata su grande scala da Michelangelo nella volta della Sistina (1508-12), dove all’intelaiatura architettonica proposta come verosimile si giustappongono “al di qua” gl’ignudi e “al di là” le scene bibliche negli sfondati. Tra gli altri Francesco Salviati, Taddeo e Federico Zuccari, Bernardino Barbatelli detto il Poccetti adattarono alle pitture murale profane in palazzi e palazzetti virtuosismi ottici e prospettici, così da combinare l’impressione di sporgenza delle figure e delle finte statue in primo piano con l’impressione contraria di sprofondamento verso la lontananza delle scene narrative, proposte però talora come “quadri riportati” o addirittura panni dipinti con tanto di galloni frangiati e finti arazzi, sovrapposti a strutture seminascoste e tuttavia visibili. Toccato un vertice altissimo dai Carracci nella Galleria di palazzo Farnese a Roma (1597-1600 circa), la pittura murale con intenti illusionistici si sarebbe sviluppata ulteriormente in varie direzioni. È in questo processo che si sviluppa e si consolida la specificità del “quadraturismo”, tipologia pittorica evidentemente collegata dal punto di vista etimologico con il “lavoro di quadro” o la “quadratura”, operazioni tanto grafiche quanto plastiche. Il genere, affermatosi nella propria autonomia entro la prima metà del XVII secolo, dilata e declina in infinite varianti il motivo della finta spazialità – e quindi della finta architettura – che trapassa, sfalda, scava e modella, sempre con modalità illusoria, volte e pareti.
2015
978-88-7575-164-7
Bertocci, Stefano; Farneti, Fauzia
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