La conoscenza delle lingue straniere da parte dei mercanti italiani nel Medioevo è un argomento poco trattato dalla storiografia. Vari linguisti hanno analizzato i documenti commerciali per studiare l’aspetto dei “prestiti” linguistici o si sono soffermati sui manuali/glossari per l’apprendimento delle lingue. Gli storici, dal canto loro, hanno trascurato una discussione sul tema dando a volte per scontata la conoscenza della lingua straniera, altre volte la mancanza di necessità di apprenderla (partendo dal presupposto che l’italiano era una lingua importante nel mondo degli affari e quindi era conosciuta dagli altri). La ragione dello scarso dibattito sul tema è d’altronde anche dovuta alla scarsità di fonti che vi fanno diretto riferimento. Questa relazione si propone di stimolare ulteriori ricerche, in particolare con riferimento all’agire pratico dei mercanti italiani che si recavano all’estero fra tardo Trecento e primo Cinquecento. Un aspetto importante era ovviamente quello della formazione professionale, che avveniva in patria prima del trasferimento, ma poteva proseguire nel luogo di destinazione. Una volta all’estero il mercante, che pur manteneva forti legami con i propri connazionali là stanziati, si trovava a dover interagire anche con mercanti o istituzioni locali; se non esisteva una lingua conosciuta da entrambe le controparti, si poteva ricorrere a interpreti o ad altri intermediari, anche se vi era sempre il rischio della loro affidabilità. Alcune lingue erano considerate di più facile apprendimento, altre erano più complicate; spesso l’aspetto linguistico si mescolava con quello culturale e influenzava quindi la capacità di adattamento nel paese straniero. Seppure non siano molte le fonti che trattino l’argomento, da alcune lettere emergono in proposito considerazioni brevi ma molto colorite. In ogni caso, anche laddove gli ostacoli linguistici erano più alti, l’attività commerciale era comunque svolta – se ritenuta profittevole – e i mercanti guardavano all’apprendimento linguistico in termini molto pragmatici.
I mercanti italiani e le lingue straniere / Guidi Bruscoli, Francesco. - STAMPA. - (2015), pp. 103-131. (Intervento presentato al convegno Comunicare nel medioevo. La conoscenza e l’uso delle lingue nei secoli XII-XV).
I mercanti italiani e le lingue straniere
GUIDI BRUSCOLI, FRANCESCO
2015
Abstract
La conoscenza delle lingue straniere da parte dei mercanti italiani nel Medioevo è un argomento poco trattato dalla storiografia. Vari linguisti hanno analizzato i documenti commerciali per studiare l’aspetto dei “prestiti” linguistici o si sono soffermati sui manuali/glossari per l’apprendimento delle lingue. Gli storici, dal canto loro, hanno trascurato una discussione sul tema dando a volte per scontata la conoscenza della lingua straniera, altre volte la mancanza di necessità di apprenderla (partendo dal presupposto che l’italiano era una lingua importante nel mondo degli affari e quindi era conosciuta dagli altri). La ragione dello scarso dibattito sul tema è d’altronde anche dovuta alla scarsità di fonti che vi fanno diretto riferimento. Questa relazione si propone di stimolare ulteriori ricerche, in particolare con riferimento all’agire pratico dei mercanti italiani che si recavano all’estero fra tardo Trecento e primo Cinquecento. Un aspetto importante era ovviamente quello della formazione professionale, che avveniva in patria prima del trasferimento, ma poteva proseguire nel luogo di destinazione. Una volta all’estero il mercante, che pur manteneva forti legami con i propri connazionali là stanziati, si trovava a dover interagire anche con mercanti o istituzioni locali; se non esisteva una lingua conosciuta da entrambe le controparti, si poteva ricorrere a interpreti o ad altri intermediari, anche se vi era sempre il rischio della loro affidabilità. Alcune lingue erano considerate di più facile apprendimento, altre erano più complicate; spesso l’aspetto linguistico si mescolava con quello culturale e influenzava quindi la capacità di adattamento nel paese straniero. Seppure non siano molte le fonti che trattino l’argomento, da alcune lettere emergono in proposito considerazioni brevi ma molto colorite. In ogni caso, anche laddove gli ostacoli linguistici erano più alti, l’attività commerciale era comunque svolta – se ritenuta profittevole – e i mercanti guardavano all’apprendimento linguistico in termini molto pragmatici.I documenti in FLORE sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.