Se proviamo ad immaginare il paesaggio di Bologna questo ci appare quello di una città densa, annidata alle pendici di verdi colline ed arginata, quasi annodata, da nastri stradali e ferroviari. Ci sembra possedere una sua dimensione conclusa, satura in tutta la sua pulsazione. E’ evidente che ipotesi di crescita e di cambiamento possono scaturire solo dal suo interno, come evoluzione del modello urbano originario. Sui confini esterni ed interni della città, lungo le sue linee di contatto e di frizione con i bordi e le linee di attraversamento, si possono pertanto pensare scenari futuri. Forse proprio solo in questi luoghi ci potrà essere un’altra Bologna. I luoghi del cambiamento urbano sono anche quelli della sostituzione delle funzioni, delle attività che seguono il tempo ed i ritmi della città. La città, in generale, da tempo ha cessato di esistere come corpo coeso, derivato dall’accumulazione progressiva della storia, per apparire, al contrario, come il prodotto della sua disarticolazione temporale, composta di continue discontinuità. Così la città di oggi non è più città, non essendo più stratificazione ma sommatoria, non è fatta più di luoghi ma semplicemente di spazi, non è più luogo della comunità ma promiscuità di abitanti. E nella città così fatta per parti, il ruolo ordinatore incontrastato è affidato alle reti stradali di connessione e non più di comunicazione urbana. Inoltre, la mancanza di costanti nei caratteri della formazione urbana, che costringe ad intervenire tramite episodi isolati e distanti, non permette più di concepire un progetto urbano nella città moderna. Il Piano di espansione a nord che Bologna, per esempio, aveva provato a fare con K.Tange nel 1970 si è subito arrestato, rimane solo un nobile frammento. I modelli urbani prevalenti di questi tempi dichiarano apertamente i limiti del pensiero modernista, con la rinuncia ad un progetto di città architettonica, nel tentativo di inventare una possibile evoluzione di città “nebulosa”. Il centro storico, bloccato in condizioni di congelamento, fa sì che la città nuova possa svilupparsi solo ai margini del centro stesso, per cui la città contemporanea subisce un processo di moltiplicazione di centri. Per esempio, il centro degli affari del Fiera District, il Centro Agroalimentare, i vari Centri Commerciali, raggiungibili più comodamente per strada e ferrovia. E’ questo lo scenario nel quale si sono mosse le tre sperimentazioni progettuali per Bologna: Via De’Carracci, Lazzaretto-Bertalia, Staveco-Caserme.
IPOTESI / Zanirato, Claudio. - ELETTRONICO. - (2016), pp. 0-0.
IPOTESI
ZANIRATO, CLAUDIO
2016
Abstract
Se proviamo ad immaginare il paesaggio di Bologna questo ci appare quello di una città densa, annidata alle pendici di verdi colline ed arginata, quasi annodata, da nastri stradali e ferroviari. Ci sembra possedere una sua dimensione conclusa, satura in tutta la sua pulsazione. E’ evidente che ipotesi di crescita e di cambiamento possono scaturire solo dal suo interno, come evoluzione del modello urbano originario. Sui confini esterni ed interni della città, lungo le sue linee di contatto e di frizione con i bordi e le linee di attraversamento, si possono pertanto pensare scenari futuri. Forse proprio solo in questi luoghi ci potrà essere un’altra Bologna. I luoghi del cambiamento urbano sono anche quelli della sostituzione delle funzioni, delle attività che seguono il tempo ed i ritmi della città. La città, in generale, da tempo ha cessato di esistere come corpo coeso, derivato dall’accumulazione progressiva della storia, per apparire, al contrario, come il prodotto della sua disarticolazione temporale, composta di continue discontinuità. Così la città di oggi non è più città, non essendo più stratificazione ma sommatoria, non è fatta più di luoghi ma semplicemente di spazi, non è più luogo della comunità ma promiscuità di abitanti. E nella città così fatta per parti, il ruolo ordinatore incontrastato è affidato alle reti stradali di connessione e non più di comunicazione urbana. Inoltre, la mancanza di costanti nei caratteri della formazione urbana, che costringe ad intervenire tramite episodi isolati e distanti, non permette più di concepire un progetto urbano nella città moderna. Il Piano di espansione a nord che Bologna, per esempio, aveva provato a fare con K.Tange nel 1970 si è subito arrestato, rimane solo un nobile frammento. I modelli urbani prevalenti di questi tempi dichiarano apertamente i limiti del pensiero modernista, con la rinuncia ad un progetto di città architettonica, nel tentativo di inventare una possibile evoluzione di città “nebulosa”. Il centro storico, bloccato in condizioni di congelamento, fa sì che la città nuova possa svilupparsi solo ai margini del centro stesso, per cui la città contemporanea subisce un processo di moltiplicazione di centri. Per esempio, il centro degli affari del Fiera District, il Centro Agroalimentare, i vari Centri Commerciali, raggiungibili più comodamente per strada e ferrovia. E’ questo lo scenario nel quale si sono mosse le tre sperimentazioni progettuali per Bologna: Via De’Carracci, Lazzaretto-Bertalia, Staveco-Caserme.File | Dimensione | Formato | |
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