Nell’ambito dei delitti contro la personalità dello Stato, l’incriminazione delle offese al Presidente della Repubblica, dettata dall’art. 278 c.p., resiste, ancora oggi, quale ultimo baluardo di una tutela “spersonalizzata” dell’onore, che dietro il paravento del rispetto della persona fisica che ricopre la più alta carica dell’ordinamento (o di chi ne fa le veci ex art. 290-bis c.p.), si vorrebbe funzionale alla salvaguardia di precipui interessi politici e, segnatamente, dell’identità unitaria nazionale (art. 87 Cost.). Intorno all'art. 278 c.p si è registrato, soprattutto negli ultimi anni, un significativo attivismo giudiziario, conseguenza, da un lato, della maggiore presenza sulla scena politica della figura presidenziale, nonché, dall'altro lato, dell’espansione dei luoghi di dibattito e, in generale, di esternazione del proprio pensiero (si pensi, in particolare, alle potenzialità pervasive della rete internet), che hanno certamente moltiplicato le occasioni di commissione del reato. In tale contesto ad essere messa a dura prova è una delle principali garanzie su cui si fonda un ordinamento autenticamente democratico, ossia il diritto di critica – costituzionalmente protetto dall’art. 21 Cost. – anche nei confronti degli apparati istituzionali, a cui, peraltro, la stessa giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo è venuta a riconoscere spazi di operatività sempre più ampi. Il lavoro, nell'interrogarsi sul senso e sulla portata attuale della fattispecie, mira a vagliare più approfonditamente la dimensione assiologica che si cela dietro alle offese al Capo dello Stato, anche in rapporto alle diverse qualificazioni giuridiche che, nel nostro ordinamento, incriminano il vilipendio, al fine di verificarne l’attualità delle ragioni di tutela; di recente, infatti, hanno iniziato a farsi strada, pure nel nostro ordinamento, proposte legislative volte ad eliminare o, quanto meno, a sdoganare la punibilità degli insulti al Presidente della Repubblica. *** SOMMARIO: 1. L’irresistibile appeal dell’art. 278 c.p. – 2. La polarizzazione giurisprudenziale sul “prestigio” della carica presidenziale. – 3. La dimensione valoriale delle offese vilipendiose. – 3.1. Vilipendio e “sentimenti”. – 3.2. Vilipendio e “simboli”. – 3.3. Vilipendio e “persone”. – 4. Un esercizio di stile: il carattere “dissacrante” della satira sotto la lente della Convenzione europea. – 5. Politica e “tolleranza”. – 6. Verso una riqualificazione in chiave personalistica delle offese presidenziali?
Né critiche, né scherzi sul Quirinale? Brevi riflessioni a margine delle “offese all’onore o al prestigio del Presidente della Repubblica” / Paonessa, Caterina. - In: CRIMINALIA. - ISSN 1972-3857. - STAMPA. - (2014), pp. 455-481.
Né critiche, né scherzi sul Quirinale? Brevi riflessioni a margine delle “offese all’onore o al prestigio del Presidente della Repubblica”
Caterina Paonessa
2014
Abstract
Nell’ambito dei delitti contro la personalità dello Stato, l’incriminazione delle offese al Presidente della Repubblica, dettata dall’art. 278 c.p., resiste, ancora oggi, quale ultimo baluardo di una tutela “spersonalizzata” dell’onore, che dietro il paravento del rispetto della persona fisica che ricopre la più alta carica dell’ordinamento (o di chi ne fa le veci ex art. 290-bis c.p.), si vorrebbe funzionale alla salvaguardia di precipui interessi politici e, segnatamente, dell’identità unitaria nazionale (art. 87 Cost.). Intorno all'art. 278 c.p si è registrato, soprattutto negli ultimi anni, un significativo attivismo giudiziario, conseguenza, da un lato, della maggiore presenza sulla scena politica della figura presidenziale, nonché, dall'altro lato, dell’espansione dei luoghi di dibattito e, in generale, di esternazione del proprio pensiero (si pensi, in particolare, alle potenzialità pervasive della rete internet), che hanno certamente moltiplicato le occasioni di commissione del reato. In tale contesto ad essere messa a dura prova è una delle principali garanzie su cui si fonda un ordinamento autenticamente democratico, ossia il diritto di critica – costituzionalmente protetto dall’art. 21 Cost. – anche nei confronti degli apparati istituzionali, a cui, peraltro, la stessa giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo è venuta a riconoscere spazi di operatività sempre più ampi. Il lavoro, nell'interrogarsi sul senso e sulla portata attuale della fattispecie, mira a vagliare più approfonditamente la dimensione assiologica che si cela dietro alle offese al Capo dello Stato, anche in rapporto alle diverse qualificazioni giuridiche che, nel nostro ordinamento, incriminano il vilipendio, al fine di verificarne l’attualità delle ragioni di tutela; di recente, infatti, hanno iniziato a farsi strada, pure nel nostro ordinamento, proposte legislative volte ad eliminare o, quanto meno, a sdoganare la punibilità degli insulti al Presidente della Repubblica. *** SOMMARIO: 1. L’irresistibile appeal dell’art. 278 c.p. – 2. La polarizzazione giurisprudenziale sul “prestigio” della carica presidenziale. – 3. La dimensione valoriale delle offese vilipendiose. – 3.1. Vilipendio e “sentimenti”. – 3.2. Vilipendio e “simboli”. – 3.3. Vilipendio e “persone”. – 4. Un esercizio di stile: il carattere “dissacrante” della satira sotto la lente della Convenzione europea. – 5. Politica e “tolleranza”. – 6. Verso una riqualificazione in chiave personalistica delle offese presidenziali?File | Dimensione | Formato | |
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