La vicenda giudiziaria in commento ha avuto ad oggetto ripetuti episodi di molestie sessuali poste in essere dal pediatra di un istituto nei confronti di alcune bambine in occasione di visite presso l’ambulatorio dell’asilo. Nel dibattimento è stata affrontata la questione relativa alla capacità di intendere e di volere dell’imputato all’epoca dei fatti. In particolare, nello svolgimento delle operazioni di consulenza, l’imputato è stato sottoposto a risonanza magnetica che ha evidenziato la presenza, all’interno del lobo frontale, di una grave patologia cerebrale (cordoma del clivus). Di conseguenza, l’imputato medesimo è stato successivamente sottoposto a due interventi chirurgici di asportazione del tumore. La consulenza prodotta dalla difesa ha individuato una correlazione tra il cordoma del clivus e l’orientamento pedofilo del medico. Secondo tale interpretazione, la pedofilia “acquisita”, associata ad altri deficit cognitivi, avrebbe inciso sulla capacità di intendere e volere dell’imputato, impedendo a quest’ultimo il controllo degli impulsi. Inoltre, nel corso delle operazioni di consulenza, l’imputato è stato sottoposto al cosiddetto a-I.A.T. (Autobiographical-IAT), una metodologia neuroscientifica impiegata per rilevare determinate tracce di memoria autobiografica. L’esito del test in questione avrebbe prodotto una conferma della ricostruzione fornita dal pediatra, che sosteneva che da circa un anno nutriva delle attenzioni sessuali verso le bambine. L’epoca indicata sarebbe coerente, secondo i consulenti della difesa, con i tempi di evoluzione del cordoma, un tumore caratterizzato da una crescita lenta che produce determinati effetti soltanto dopo aver raggiunto una massa critica. La perizia disposta dal giudice ha, al contrario, escluso che da quel tumore possano farsi discendere eventuali conseguenze sull’orientamento sessuale dell’imputato e sulla capacità di intendere e di volere del predetto. Il Tribunale di Venezia disattendendo la richiesta di dichiarazione dello stato di infermità mentale dell’imputato avanzata dalla difesa, ha aderito alle conclusioni elaborate dai periti ed ha condannato il medico per violenza sessuale aggravata e produzione di materiale pornografico. Il caso di specie si presenta emblematico, in quanto in un unico contesto si snodano determinate applicazioni di tipo neuroscientifico che impongono una riflessione critica su due fronti. In primo luogo, occorre comprendere se le lesioni cerebrali e, in particolare, le disfunzioni dei lobi frontali siano in ogni caso direttamente riconducibili a patologie che possono incidere sulla capacità di intendere e di volere. In secondo luogo, poiché l’uso delle tecniche neuroscientifiche per verificare la veridicità delle dichiarazioni di un soggetto ha sollevato determinate perplessità, è necessario comprendere se il metodo a-IAT rispetti i criteri stabiliti dalla sentenza Daubert, emessa dalla Corte Suprema statunitense nel 1993, per l’acquisizione della prova scientifica nel processo penale. Inoltre, è necessario valutare se la suddetta metodologia sia lesiva della libertà morale del soggetto dichiarante.

Accertamenti neuroscientifici, infermità mentale e credibilità delle dichiarazioni / Algeri, Lorenzo. - In: RIVISTA ITALIANA DI MEDICINA LEGALE E DEL DIRITTO IN CAMPO SANITARIO. - ISSN 2499-2860. - STAMPA. - (2013), pp. 1905-1924.

Accertamenti neuroscientifici, infermità mentale e credibilità delle dichiarazioni

Lorenzo Algeri
2013

Abstract

La vicenda giudiziaria in commento ha avuto ad oggetto ripetuti episodi di molestie sessuali poste in essere dal pediatra di un istituto nei confronti di alcune bambine in occasione di visite presso l’ambulatorio dell’asilo. Nel dibattimento è stata affrontata la questione relativa alla capacità di intendere e di volere dell’imputato all’epoca dei fatti. In particolare, nello svolgimento delle operazioni di consulenza, l’imputato è stato sottoposto a risonanza magnetica che ha evidenziato la presenza, all’interno del lobo frontale, di una grave patologia cerebrale (cordoma del clivus). Di conseguenza, l’imputato medesimo è stato successivamente sottoposto a due interventi chirurgici di asportazione del tumore. La consulenza prodotta dalla difesa ha individuato una correlazione tra il cordoma del clivus e l’orientamento pedofilo del medico. Secondo tale interpretazione, la pedofilia “acquisita”, associata ad altri deficit cognitivi, avrebbe inciso sulla capacità di intendere e volere dell’imputato, impedendo a quest’ultimo il controllo degli impulsi. Inoltre, nel corso delle operazioni di consulenza, l’imputato è stato sottoposto al cosiddetto a-I.A.T. (Autobiographical-IAT), una metodologia neuroscientifica impiegata per rilevare determinate tracce di memoria autobiografica. L’esito del test in questione avrebbe prodotto una conferma della ricostruzione fornita dal pediatra, che sosteneva che da circa un anno nutriva delle attenzioni sessuali verso le bambine. L’epoca indicata sarebbe coerente, secondo i consulenti della difesa, con i tempi di evoluzione del cordoma, un tumore caratterizzato da una crescita lenta che produce determinati effetti soltanto dopo aver raggiunto una massa critica. La perizia disposta dal giudice ha, al contrario, escluso che da quel tumore possano farsi discendere eventuali conseguenze sull’orientamento sessuale dell’imputato e sulla capacità di intendere e di volere del predetto. Il Tribunale di Venezia disattendendo la richiesta di dichiarazione dello stato di infermità mentale dell’imputato avanzata dalla difesa, ha aderito alle conclusioni elaborate dai periti ed ha condannato il medico per violenza sessuale aggravata e produzione di materiale pornografico. Il caso di specie si presenta emblematico, in quanto in un unico contesto si snodano determinate applicazioni di tipo neuroscientifico che impongono una riflessione critica su due fronti. In primo luogo, occorre comprendere se le lesioni cerebrali e, in particolare, le disfunzioni dei lobi frontali siano in ogni caso direttamente riconducibili a patologie che possono incidere sulla capacità di intendere e di volere. In secondo luogo, poiché l’uso delle tecniche neuroscientifiche per verificare la veridicità delle dichiarazioni di un soggetto ha sollevato determinate perplessità, è necessario comprendere se il metodo a-IAT rispetti i criteri stabiliti dalla sentenza Daubert, emessa dalla Corte Suprema statunitense nel 1993, per l’acquisizione della prova scientifica nel processo penale. Inoltre, è necessario valutare se la suddetta metodologia sia lesiva della libertà morale del soggetto dichiarante.
2013
1905
1924
Algeri, Lorenzo
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