La tecnica delle volte di getto, ampiamente usata nell’Antichità, è descritta in dettaglio da Giorgio Vasari nel IV capitolo dell’introduzione alle Vite, dove si assegna a Giuliano da Sangallo il merito di averla riportata in vita introducendola a Firenze da Roma. Sebbene questo tipo di volte continui a essere impiegato anche in epoca medievale per strutture di non grande impegno, l’interesse nei suoi confronti si riaccende effettivamente solo negli ultimi decenni del Quattrocento, prima in ambito albertiano e poi per merito di Giuliano da Sangallo e di Bramante. A Firenze questa tecnica è già impiegata negli anni Settanta del secolo per costruire more antiquo la grande cupola della tribuna della Santissima Annunziata, e successivamente diviene per un certo periodo forse più comune di quanto sembri. Giuliano, in particolare, la utilizza in diversi contesti e con diverse modalità, anche associandola in modo originale alla decorazione in stucco degli intradossi. Lo stucco bianco a imitazione del marmo è anch’esso riportato in auge nella seconda metà del Quattrocento, e Giuliano lo impiega a più riprese sia stendendolo direttamente sugli intradossi, sia formando le decorazioni contemporaneamente al getto di volte in calcestruzzo, per mezzo di controforme modellate a stampo e disposte sulle centine. L’analisi della letteratura tecnica cinquecentesca e soprattutto le indagini e le osservazioni dirette eseguite dall’autore sulle volte della casa di Bartolomeo Scala, della casa di Giuliano e di Antonio il Vecchio, della villa di Poggio a Caiano e del palazzo Della Rovere a Savona permettono di comprendere i modi di esecuzione di queste strutture e delle loro decorazioni. È sorprendente constatare che Giuliano ad un certo punto abbandoni il procedimento per ottenere con un solo getto il guscio strutturale e le decorazioni superficiali. La grande volta centrale della propria casa fiorentina viene infatti realizzata priva di decorazioni, mentre gli stucchi che coprono la volta ancora più grande del salone della villa di Poggio a Caiano sono stati verosimilmente stesi solo dopo il disarmo della struttura. Forse problemi tecnici proporzionali alle dimensioni delle volte hanno consigliato di tornare a separare la realizzazione della struttura da quella dei partiti decorativi. Non a caso, nei trattati di architettura quattro-cinquecenteschi la tecnica del getto unico rimane completamente in ombra, e nella pratica di cantiere sopravviverà eventualmente solo il getto degli apparati decorativi, agganciati a una più tradizionale struttura in pietra o mattoni. Il saggio è uno dei risultati di una ricerca avviata dall’autore sull’uso delle volte di getto nell’architettura di Giuliano da Sangallo.

Volte di getto e volte “intagliate” nell’architettura di Giuliano da Sangallo e nei trattati rinascimentali / Belli, Gianluca. - In: AEDIFICARE. - ISSN 2557-3659. - STAMPA. - 1:(2017), pp. 67-94. [10.15122/isbn.978-2-406-07734-3.p.0067]

Volte di getto e volte “intagliate” nell’architettura di Giuliano da Sangallo e nei trattati rinascimentali

Belli, Gianluca
2017

Abstract

La tecnica delle volte di getto, ampiamente usata nell’Antichità, è descritta in dettaglio da Giorgio Vasari nel IV capitolo dell’introduzione alle Vite, dove si assegna a Giuliano da Sangallo il merito di averla riportata in vita introducendola a Firenze da Roma. Sebbene questo tipo di volte continui a essere impiegato anche in epoca medievale per strutture di non grande impegno, l’interesse nei suoi confronti si riaccende effettivamente solo negli ultimi decenni del Quattrocento, prima in ambito albertiano e poi per merito di Giuliano da Sangallo e di Bramante. A Firenze questa tecnica è già impiegata negli anni Settanta del secolo per costruire more antiquo la grande cupola della tribuna della Santissima Annunziata, e successivamente diviene per un certo periodo forse più comune di quanto sembri. Giuliano, in particolare, la utilizza in diversi contesti e con diverse modalità, anche associandola in modo originale alla decorazione in stucco degli intradossi. Lo stucco bianco a imitazione del marmo è anch’esso riportato in auge nella seconda metà del Quattrocento, e Giuliano lo impiega a più riprese sia stendendolo direttamente sugli intradossi, sia formando le decorazioni contemporaneamente al getto di volte in calcestruzzo, per mezzo di controforme modellate a stampo e disposte sulle centine. L’analisi della letteratura tecnica cinquecentesca e soprattutto le indagini e le osservazioni dirette eseguite dall’autore sulle volte della casa di Bartolomeo Scala, della casa di Giuliano e di Antonio il Vecchio, della villa di Poggio a Caiano e del palazzo Della Rovere a Savona permettono di comprendere i modi di esecuzione di queste strutture e delle loro decorazioni. È sorprendente constatare che Giuliano ad un certo punto abbandoni il procedimento per ottenere con un solo getto il guscio strutturale e le decorazioni superficiali. La grande volta centrale della propria casa fiorentina viene infatti realizzata priva di decorazioni, mentre gli stucchi che coprono la volta ancora più grande del salone della villa di Poggio a Caiano sono stati verosimilmente stesi solo dopo il disarmo della struttura. Forse problemi tecnici proporzionali alle dimensioni delle volte hanno consigliato di tornare a separare la realizzazione della struttura da quella dei partiti decorativi. Non a caso, nei trattati di architettura quattro-cinquecenteschi la tecnica del getto unico rimane completamente in ombra, e nella pratica di cantiere sopravviverà eventualmente solo il getto degli apparati decorativi, agganciati a una più tradizionale struttura in pietra o mattoni. Il saggio è uno dei risultati di una ricerca avviata dall’autore sull’uso delle volte di getto nell’architettura di Giuliano da Sangallo.
2017
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Belli, Gianluca
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