Il patteggiamento, rito giudiziale speciale e indispensabile per il funzionamento della macchina giudiziaria, oscilla fra l'utilitarismo di una concezione sportiva del procedimento penale (prevalentemente rimesso alle parti) e il "paterno" garantismo costituzionale del giusto processo regolato dalla legge (e sostenuto dal giudice). Il mutismo legislativo su alcuni caratteri essenziali dell'istituto ha condotto, e tuttora conduce, la giurisprudenza e la dottrina a dover individuare - di volta in volta - la soluzione ottimale che sia in grado di assicurare, al contempo, l'efficienza e l'ordine (inteso, quest'ultimo, quale equilibrio fra i princìpi fondanti uno specifico ordinamento) dell'intero sistema. Per quel che concerne l'operare del giudice a fronte dell'accordo fra le parti, pare doversi riconoscere che l'accertamento giudiziale non possa ridursi a mera attestazione notarile, essendo indisponibile l'esercizio della funzione giudiziaria e rinvenendosi nell'approccio cognitivo l'essenza stessa di qualsiasi intervento giurisdizionale. Più precisamente, essendovi in gioco la libertà personale, la disponibilità pattizia si arresta di fronte alle possibilità di rimodulazione ex officio e nei limiti di legge della pena proposta dalle parti. In una prospettiva di favor libertatis, la sostituzione d'ufficio della pena detentiva concordata con la sanzione della libertà controllata, così com'è accaduto nel caso di specie, deve considerarsi operazione pienamente legittima sempre che siano rispettati i criteri di conversione previsti dalla L. n. 689 del 1981.

Patteggiamento: poteri del giudice in relazione alle sanzioni sostitutive / Marco Cecchi. - In: DIRITTO PENALE E PROCESSO. - ISSN 1591-5611. - STAMPA. - (2017), pp. 253-261.

Patteggiamento: poteri del giudice in relazione alle sanzioni sostitutive

CECCHI, MARCO
2017

Abstract

Il patteggiamento, rito giudiziale speciale e indispensabile per il funzionamento della macchina giudiziaria, oscilla fra l'utilitarismo di una concezione sportiva del procedimento penale (prevalentemente rimesso alle parti) e il "paterno" garantismo costituzionale del giusto processo regolato dalla legge (e sostenuto dal giudice). Il mutismo legislativo su alcuni caratteri essenziali dell'istituto ha condotto, e tuttora conduce, la giurisprudenza e la dottrina a dover individuare - di volta in volta - la soluzione ottimale che sia in grado di assicurare, al contempo, l'efficienza e l'ordine (inteso, quest'ultimo, quale equilibrio fra i princìpi fondanti uno specifico ordinamento) dell'intero sistema. Per quel che concerne l'operare del giudice a fronte dell'accordo fra le parti, pare doversi riconoscere che l'accertamento giudiziale non possa ridursi a mera attestazione notarile, essendo indisponibile l'esercizio della funzione giudiziaria e rinvenendosi nell'approccio cognitivo l'essenza stessa di qualsiasi intervento giurisdizionale. Più precisamente, essendovi in gioco la libertà personale, la disponibilità pattizia si arresta di fronte alle possibilità di rimodulazione ex officio e nei limiti di legge della pena proposta dalle parti. In una prospettiva di favor libertatis, la sostituzione d'ufficio della pena detentiva concordata con la sanzione della libertà controllata, così com'è accaduto nel caso di specie, deve considerarsi operazione pienamente legittima sempre che siano rispettati i criteri di conversione previsti dalla L. n. 689 del 1981.
2017
Marco Cecchi
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