Il monitoraggio della salute degli alberi fornisce informazioni importanti per la conservazione, la gestione ed il miglioramento delle risorse forestali. Questo monitoraggio ha avuto inizio in Europa negli anni ’80, nell’ambito del programma pan-europeo ICP-Forests, come risposta alle preoccupazioni derivanti dall’impatto degli inquinanti e delle deposizioni atmosferiche. Attualmente il monitoraggio delle foreste ha visto aumentare il proprio ruolo, e dalla società vengono chieste risposte in relazione alla crisi climatica ed ai cambiamenti globali in corso, con particolare riferimento agli impatti dei fattori meteorologici e delle invasioni di parassiti (funghi e insetti) alieni. Il monitoraggio delle foreste consiste di due reti di aree permanenti di osservazioni, di cui una estensiva (detta di Livello I) che ha lo scopo di raccogliere informazioni di tipo statistico e spaziale sulla consistenza e distribuzione dei danni forestali a livello nazionale ed europeo, ed una intensiva (detta di Livello II) in cui vengono svolti studi specifici di tipo causa-effetto. In questo volume gli autori intendono presentare la finalità, la struttura dell’indagine ed i risultati generali di oltre 20 anni di osservazioni (1997-2017) sul Livello I in Italia. L’indagine consiste di circa 250 aree di saggio distribuite secondo i vertici di una rete con maglia 15x18 Km lungo l’intero territorio nazionale. Gli alberi che crescono all’interno delle aree di saggio sono valutati annualmente da squadre di operatori che hanno precedentemente partecipato ad un corso di intercalibrazione. Nella valutazione degli alberi è applicata una serie di parametri di vitalità, di cui il più importante è la defogliazione. Circa l’80% delle piante esaminate sono latifoglie. Fra le specie principali solo il faggio ha una distribuzione uniforme quasi sull’intero territorio nazionale. Le altre specie hanno invece una limitazione geografica ed ecologica: l’abete rosso e il larice sono diffusi solo sulle Alpi; il castagno, il cerro e la roverella si trovano prevalentemente nelle regioni appenniniche e collinari dell’Italia centro-meridionale; il leccio si trova esclusivamente nella fascia mediterranea. La defogliazione è sempre maggiore nelle latifoglie rispetto alle conifere. La defogliazione, inoltre varia nel tempo con andamenti che sono apparentemente contrastanti fra i due gruppi di specie. Considerando le singole specie, negli ultimi anni si è accentuata la crisi del castagno, che può essere spiegata con l’infestazione della cosiddetta vespa asiatica. Il successivo miglioramento può probabilmente essere attribuito all’applicazione della lotta biologica per mezzo ed al miglioramento della gestione. Il forte incremento della defogliazione sul faggio (soprattutto quella >60%) negli anni 2016 e 2017 è dovuto sia alle gelate tardive che hanno colpito le faggete appenniniche nella primavera di entrambe gli anni, e della siccità estiva del 2017. Nelle conifere, gli andamenti sono legati soprattutto a quelli delle specie montane (abete rosso e larice), che insieme ne rappresentano la maggior parte della popolazione, e manifestano un picco di defogliazione fra il 2008 ed il 2012. La mortalità fluttua anno per anno, con una tendenza all’incremento. I maggiori impatti riscontrati paiono ricondursi ad eventi e/o ad anomalie climatiche, nonché all’azione di parassiti. Nella trattazione vengono forniti suggerimenti ed indicazioni per rendere il sistema sempre più efficiente per il monitoraggio degli impatti dei cambiamenti climatici sulle foreste.
Lo stato di salute delle foreste italiane (1997-2017) / Giancarlo Papitto, Claudia Cindolo, Cristiana Cocciufa, Giorgio Brunialti, luisa Frati, Martina Pollastrini, Filippo Bussotti. - STAMPA. - (2018), pp. 1-105.
Lo stato di salute delle foreste italiane (1997-2017)
Martina Pollastrini;Filippo Bussotti
2018
Abstract
Il monitoraggio della salute degli alberi fornisce informazioni importanti per la conservazione, la gestione ed il miglioramento delle risorse forestali. Questo monitoraggio ha avuto inizio in Europa negli anni ’80, nell’ambito del programma pan-europeo ICP-Forests, come risposta alle preoccupazioni derivanti dall’impatto degli inquinanti e delle deposizioni atmosferiche. Attualmente il monitoraggio delle foreste ha visto aumentare il proprio ruolo, e dalla società vengono chieste risposte in relazione alla crisi climatica ed ai cambiamenti globali in corso, con particolare riferimento agli impatti dei fattori meteorologici e delle invasioni di parassiti (funghi e insetti) alieni. Il monitoraggio delle foreste consiste di due reti di aree permanenti di osservazioni, di cui una estensiva (detta di Livello I) che ha lo scopo di raccogliere informazioni di tipo statistico e spaziale sulla consistenza e distribuzione dei danni forestali a livello nazionale ed europeo, ed una intensiva (detta di Livello II) in cui vengono svolti studi specifici di tipo causa-effetto. In questo volume gli autori intendono presentare la finalità, la struttura dell’indagine ed i risultati generali di oltre 20 anni di osservazioni (1997-2017) sul Livello I in Italia. L’indagine consiste di circa 250 aree di saggio distribuite secondo i vertici di una rete con maglia 15x18 Km lungo l’intero territorio nazionale. Gli alberi che crescono all’interno delle aree di saggio sono valutati annualmente da squadre di operatori che hanno precedentemente partecipato ad un corso di intercalibrazione. Nella valutazione degli alberi è applicata una serie di parametri di vitalità, di cui il più importante è la defogliazione. Circa l’80% delle piante esaminate sono latifoglie. Fra le specie principali solo il faggio ha una distribuzione uniforme quasi sull’intero territorio nazionale. Le altre specie hanno invece una limitazione geografica ed ecologica: l’abete rosso e il larice sono diffusi solo sulle Alpi; il castagno, il cerro e la roverella si trovano prevalentemente nelle regioni appenniniche e collinari dell’Italia centro-meridionale; il leccio si trova esclusivamente nella fascia mediterranea. La defogliazione è sempre maggiore nelle latifoglie rispetto alle conifere. La defogliazione, inoltre varia nel tempo con andamenti che sono apparentemente contrastanti fra i due gruppi di specie. Considerando le singole specie, negli ultimi anni si è accentuata la crisi del castagno, che può essere spiegata con l’infestazione della cosiddetta vespa asiatica. Il successivo miglioramento può probabilmente essere attribuito all’applicazione della lotta biologica per mezzo ed al miglioramento della gestione. Il forte incremento della defogliazione sul faggio (soprattutto quella >60%) negli anni 2016 e 2017 è dovuto sia alle gelate tardive che hanno colpito le faggete appenniniche nella primavera di entrambe gli anni, e della siccità estiva del 2017. Nelle conifere, gli andamenti sono legati soprattutto a quelli delle specie montane (abete rosso e larice), che insieme ne rappresentano la maggior parte della popolazione, e manifestano un picco di defogliazione fra il 2008 ed il 2012. La mortalità fluttua anno per anno, con una tendenza all’incremento. I maggiori impatti riscontrati paiono ricondursi ad eventi e/o ad anomalie climatiche, nonché all’azione di parassiti. Nella trattazione vengono forniti suggerimenti ed indicazioni per rendere il sistema sempre più efficiente per il monitoraggio degli impatti dei cambiamenti climatici sulle foreste.I documenti in FLORE sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.