Prophétisme et dissidence religieuse dans la Réforme protestante au XVIe siècle

Nel saggio si analizza, attraverso gli esempi dei "profeti di Zwickau", delle profetesse dei Fratelli svizzeri e dei maggiori teorici della tolleranza religiosa, il legame tra profetismo e dissenso religioso. I casi illustrati mostrano chiaramente che nel mondo protestante del XVI secolo il profetismo costituiva un ambito di espressione e rivendicazione della libertà religiosa da parte dei non conformisti. L'esercizio e la difesa della profezia rappresentavano per loro un veicolo importante per legittimare visioni ecclesiologiche ed escatologiche diverse da quelle delle chiese istituzionali e, più in generale, per accreditare il diritto alla ricerca religiosa indipendente contro il dogmatismo e l'autoritarismo. Le predizioni erano quindi utilizzate con una forte carica polemica contro le chiese. La proiezione nel futuro della realizzazione della vera ecclesia Dei implicava la svalutazione delle chiese esistenti; la rivendicazione della supremazia della parola profetica si traduceva in un rifiuto del potere monopolistico delle chiese, in tutte le sue forme di espressione. È in virtù di queste caratteristiche che la profezia era considerata una manifestazione di dissenso religioso e vista come una minaccia al potere delle chiese, e quindi da sottoporre al loro controllo o da sopprimere con la repressione. Così, la difesa della libertas prophetandi fu uno dei fronti su cui si combatté la battaglia per la libertà religiosa tra i riformatori radicali e i riformatori ministeriali nel tentativo di conservare modi autonomi e plurali di rinnovare la società cristiana. I due corpi si intersecarono significativamente nello stesso momento in cui stava emergendo la moderna teorizzazione della tolleranza. Mentre la condanna delle chiese protestanti cadeva sul dissenso sub specie prophetiae, il linguaggio profetico divenne un linguaggio consapevole di critica al dogmatismo e di promozione della libertà di pensiero.