Il titolo del catalogo trae spunto da un frammento di Saffo pubblicato nel volume edito da Corrente nel 1940 a cura di Salvatore Quasimodo. La frase si presta efficacemente a inquadrare i motivi fondanti dell’opera di Federico Bernini, reporter attento e sensibile di una realtà, quella del Mediterraneo, in continua e magmatica evoluzione e compresa tra due estremi mai come oggi lontani e stridenti. Da una parte il dramma dei migranti, delle vite e dei sogni spezzati, dall’altra l’illusione della serenità e del distacco, su cui può irrompere improvvisamente il terrore. Ecco allora che Lesbo, l’isola di Saffo appunto, si presta icasticamente a divenire emblema delle contraddizioni: un’isola associata alla poesia, all’amore, alla lira e al canto di una delle più celebri poetesse, si trasforma in un paesaggio surreale popolato di giubbotti di salvataggio e di barche in disarmo, in mezzo alle quali fa capolino, particolare ancor più irrazionale, una poltrona che sembra essere stata catapultata fuori da un salotto della borghesia turca o siriana. Se Lesbo dunque è il polo di osservazione di un dramma in corso, Saint-Tropez e Cannes diventano (non)luoghi che si illudono di restare fuori dalla contemporaneità, fingendosi legati a stereotipi di narrazione filmica. Bernini però nelle sue fotografie capisce (e fa capire all’osservatore) che tale tranquillità è effimera, filtrando gli assolati panorami marini attraverso croci e cimiteri: un cortocircuito che arriva all’apice nelle foto dedicate a Nizza, in cui alcuni turisti trascinano faticosamente i loro trolley osservando distrattamente le corone di fiori ai lati della strada. In un tale frangente storico le saline di Marsala, nelle fotografie di Bernini, agiscono da contrappeso concettuale e assumono contorni apparentemente archetipici, immoti e immobili, i cui confini sono tuttavia continuamente infranti dalla mania dei selfie e dei telefoni portatili. Una calma superficiale dunque, che sembra tornare nelle immagini dedicate a Livorno, colta perfettamente nel suo essere placido e indifferente, un passo indietro rispetto alle tormentate evoluzioni contemporanee: gli ombrelloni e le sdraio rappresentano così una zona di pausa e di riposo, trasmettendo una meditazione astratta dal contesto. Le foto di Bernini, nel loro insieme, ci ricordano che la situazione contemporanea è complessa e articolata, e il mezzo fotografico serve a tramandarne il ricordo, a far sì che, parafrasando Saffo, di tutto questo si abbia memoria.
Nè mai di te si avrà memoria. Federico Bernini fotografo tra Lesbo e Saint-Tropez / Bacci G.. - STAMPA. - (2017).
Nè mai di te si avrà memoria. Federico Bernini fotografo tra Lesbo e Saint-Tropez
Bacci G.
2017
Abstract
Il titolo del catalogo trae spunto da un frammento di Saffo pubblicato nel volume edito da Corrente nel 1940 a cura di Salvatore Quasimodo. La frase si presta efficacemente a inquadrare i motivi fondanti dell’opera di Federico Bernini, reporter attento e sensibile di una realtà, quella del Mediterraneo, in continua e magmatica evoluzione e compresa tra due estremi mai come oggi lontani e stridenti. Da una parte il dramma dei migranti, delle vite e dei sogni spezzati, dall’altra l’illusione della serenità e del distacco, su cui può irrompere improvvisamente il terrore. Ecco allora che Lesbo, l’isola di Saffo appunto, si presta icasticamente a divenire emblema delle contraddizioni: un’isola associata alla poesia, all’amore, alla lira e al canto di una delle più celebri poetesse, si trasforma in un paesaggio surreale popolato di giubbotti di salvataggio e di barche in disarmo, in mezzo alle quali fa capolino, particolare ancor più irrazionale, una poltrona che sembra essere stata catapultata fuori da un salotto della borghesia turca o siriana. Se Lesbo dunque è il polo di osservazione di un dramma in corso, Saint-Tropez e Cannes diventano (non)luoghi che si illudono di restare fuori dalla contemporaneità, fingendosi legati a stereotipi di narrazione filmica. Bernini però nelle sue fotografie capisce (e fa capire all’osservatore) che tale tranquillità è effimera, filtrando gli assolati panorami marini attraverso croci e cimiteri: un cortocircuito che arriva all’apice nelle foto dedicate a Nizza, in cui alcuni turisti trascinano faticosamente i loro trolley osservando distrattamente le corone di fiori ai lati della strada. In un tale frangente storico le saline di Marsala, nelle fotografie di Bernini, agiscono da contrappeso concettuale e assumono contorni apparentemente archetipici, immoti e immobili, i cui confini sono tuttavia continuamente infranti dalla mania dei selfie e dei telefoni portatili. Una calma superficiale dunque, che sembra tornare nelle immagini dedicate a Livorno, colta perfettamente nel suo essere placido e indifferente, un passo indietro rispetto alle tormentate evoluzioni contemporanee: gli ombrelloni e le sdraio rappresentano così una zona di pausa e di riposo, trasmettendo una meditazione astratta dal contesto. Le foto di Bernini, nel loro insieme, ci ricordano che la situazione contemporanea è complessa e articolata, e il mezzo fotografico serve a tramandarne il ricordo, a far sì che, parafrasando Saffo, di tutto questo si abbia memoria.File | Dimensione | Formato | |
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