Il volume racchiude i contributi offerti da studiosi ed esperti provenienti dal mondo accademico, della magistratura e dal c.d. terzo settore in materia di tutela della vittima nei reati di violenza e discriminazioni di genere. L’idea che percorre l’opera muove da una constatazione di fondo: la «gender based violence», ovvero, secondo la definizione contenuta nella Convenzione di Istanbul, «qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale, o che colpisce le donne in modo sproporzionato», è un male diffuso, difficile da sradicare anche nelle più avanzate società democratiche. Le radici sono culturali: spesso gli abusi sono riconducibili a stereotipi socialmente diffusi, alla divisione di ruoli, all’esistenza di relazioni di potere diseguali nel rapporto uomo-donna. Il panorama descritto condiziona sia l’emersione, sia il contrasto dei comportamenti devianti. Benché il legislatore provveda a rafforzare ed estendere la risposta sanzionatoria penale, le condotte criminose restano in larga parte sommerse. Pesano i contesti «chiusi» in cui interagiscono vittima e reo, nonché le conseguenze che l’eventuale denuncia produce sulla sfera emozionale delle persone coinvolte. L’avvio dell’iter inteso all’accertamento del fatto di reato rischia, infatti, di accentuare la condizione di debolezza della vittima, cui può nuocere l’impatto con le regole proprie del processo penale. Nascono così le “buone pratiche”, elaborate dalle associazioni a tutela delle donne con l’obiettivo di fornire protezione e sostegno immediato, così come le modalità operative messe a punto dalle Procure chiamate a svolgere le indagini. Si è, d’altro canto, consapevoli che il processo penale da solo non basta: preordinato com’è alla verifica sul tema della colpevolezza, non riesce a farsi carico dell’insieme di bisogni che fanno capo alla vittima. Emerge così l’importanza degli spazi normativi aperti ai meccanismi di giustizia riparativa, capaci di offrire all’offeso la possibilità di ottenere una ricomposizione del conflitto che trascende la dimensione processuale. Nella medesima prospettiva di tutela si è posto il legislatore privatistico e giuslavorista: se tanto il contesto familiare quanto quello lavorativo costituiscono un terreno fertile per episodi riconducibili al gender based violence , occorre intervenire con appositi strumenti protettivi. Il quadro tracciato, evidenzia l’imprescindibile necessità di un approccio trasversale. Solo attraverso una virtuosa sinergia di conoscenze maturate in diversi ambiti e discipline è possibile fornire risposte adeguate.

Contrasto a violenza e discriminazione di genere. Tutela della vittima e repressione dei reati / Alessandra Sanna. - STAMPA. - (2019), pp. 1-376.

Contrasto a violenza e discriminazione di genere. Tutela della vittima e repressione dei reati.

Alessandra Sanna
2019

Abstract

Il volume racchiude i contributi offerti da studiosi ed esperti provenienti dal mondo accademico, della magistratura e dal c.d. terzo settore in materia di tutela della vittima nei reati di violenza e discriminazioni di genere. L’idea che percorre l’opera muove da una constatazione di fondo: la «gender based violence», ovvero, secondo la definizione contenuta nella Convenzione di Istanbul, «qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale, o che colpisce le donne in modo sproporzionato», è un male diffuso, difficile da sradicare anche nelle più avanzate società democratiche. Le radici sono culturali: spesso gli abusi sono riconducibili a stereotipi socialmente diffusi, alla divisione di ruoli, all’esistenza di relazioni di potere diseguali nel rapporto uomo-donna. Il panorama descritto condiziona sia l’emersione, sia il contrasto dei comportamenti devianti. Benché il legislatore provveda a rafforzare ed estendere la risposta sanzionatoria penale, le condotte criminose restano in larga parte sommerse. Pesano i contesti «chiusi» in cui interagiscono vittima e reo, nonché le conseguenze che l’eventuale denuncia produce sulla sfera emozionale delle persone coinvolte. L’avvio dell’iter inteso all’accertamento del fatto di reato rischia, infatti, di accentuare la condizione di debolezza della vittima, cui può nuocere l’impatto con le regole proprie del processo penale. Nascono così le “buone pratiche”, elaborate dalle associazioni a tutela delle donne con l’obiettivo di fornire protezione e sostegno immediato, così come le modalità operative messe a punto dalle Procure chiamate a svolgere le indagini. Si è, d’altro canto, consapevoli che il processo penale da solo non basta: preordinato com’è alla verifica sul tema della colpevolezza, non riesce a farsi carico dell’insieme di bisogni che fanno capo alla vittima. Emerge così l’importanza degli spazi normativi aperti ai meccanismi di giustizia riparativa, capaci di offrire all’offeso la possibilità di ottenere una ricomposizione del conflitto che trascende la dimensione processuale. Nella medesima prospettiva di tutela si è posto il legislatore privatistico e giuslavorista: se tanto il contesto familiare quanto quello lavorativo costituiscono un terreno fertile per episodi riconducibili al gender based violence , occorre intervenire con appositi strumenti protettivi. Il quadro tracciato, evidenzia l’imprescindibile necessità di un approccio trasversale. Solo attraverso una virtuosa sinergia di conoscenze maturate in diversi ambiti e discipline è possibile fornire risposte adeguate.
2019
9788828808077
Alessandra Sanna
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in FLORE sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificatore per citare o creare un link a questa risorsa: https://hdl.handle.net/2158/1159021
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact