abstract La fondazione o organizzazione di centri minerari per l’estrazione dell’Oro nell’Eritrea e nell’Etiopia italiane tra il 1935 e il 1941 ha costituito, per il Ministero dell’Africa Italiana attraverso le sue Aziende controllate SAPIE, AMAO ed in parte COMINA, un momento di grande importanza per la modernizzazione di ampie aree delle Colonie, fondandosi su una Tradizione di coltivazioni aurifere che risaliva agli antichi Egizi e alla biblica Regina di Saba. Anche se la gran parte di quelle iniziative di ricerca ebbe successo limitato – visti i pochi anni a disposizione – le opere infrastrutturali e anche la pianificazione territoriale messe in campo costituirono comunque importanti esempi di progettazione ‘di area vasta’ (con un’estensione a volte pari a quella di più regioni italiane); aree per le quali vennero previste strade, piste, dighe, impianti tecnologici, facendo perno sui principali “centri minerari auriferi” di Sciumagallè, Ugarò, Torat in Eritrea; e di Jubdo e Ondonok nell’Ovest dell’Etiopia. Non vi fu il tempo per un progetto urbano consistente per quei centri, ma per una ‘ingegneristica’ “Zonizzazione funzionale” di essi (nella distinzione tra area di ricerca mineraria, area di lavorazione, area di «insediamento indigeno», area per gli Europei); un singolare progetto urbano venne però pensato e realizzato – a Ugarò e Jubdo – per il «quartiere indigeno» dove le tipiche case rotonde abissine (tucul), che nei villaggi avevano disposizione circolare attorno ad un’area centrale, venivano ora invece disposte secondo una rigida griglia ortogonale indifferenziata, tipica dell’Urbanistica europea, dando vita così ad un modello insediativo singolare sia per l’Africa che per l’Europa, peraltro utilizzato anche nei quartieri per indigeni di Asmara. Per le costruzioni principali vennero impiegati i brevetti dei prefabbricati in legno allora più all’avanguardia in Italia (come quelli della “Ditta Pasotti di Brescia” per l’AMAO); ma certo è che venne a costituirsi, in svariate aree dell’Africa Orientale Italiana, un “Paesaggio della Modernità industriale-mineraria” allora del tutto inedito e singolare, del quale si dette conto nella “Mostra autarchica del Minerale Italiano” a Roma del 1938-1939, il cui padiglione dell’“Africa Italiana” venne allestito, con i materiali e le fotografie anche eritree ed etiopi, dagli architetti Carlo Enrico Rava e Franco Petrucci. The foundation or renovation of mining centers for Gold extraction in Erithrea and in Italian Ethiopia between 1935 and 1941 constituted, for the Italian Ministry of East Africa (“Ministero dell’Africa Italiana”) through its subsidiaries SAPIE, AMAO and COMINA in part, a moment of great importance for the modernization of large areas of the Colonies, based on a Tradition dating back to the ancient Egyptians and the biblical Queen of Sheba. Although most of those research initiatives were unsuccessful – given the few years available – infrastructural works and even the territorial planning put in place still constituted important examples of ‘large area’ project (with an extension sometimes equal to that of several Italian regions); areas for which roads, tracks, dams, technological systems were planned, based on the main “gold mining centers” of Sciumagallè, Ugarò, Torat in Erithrea; and of Jubdo and Ondonok in the West of Ethiopia. There was no time for a large urban project for those centers, but only for a “functional” Zoning” of them (in the distinction among mining research area, processing area, “indigenous settlement”, area for Europeans); a singular urban project was conceived and built – in Ugarò and Jubdo – for the “indigenous district” where the typical Abyssinian round houses (tucul), which in the villages had circular arrangement around a central area, were now arranged according to a rigid undifferentiated and orthogonal grid, typical of European urban planning, thus creating a singular settlement model for both Africa and Europe, also used in neighborhoods for Asmara indigenous people. For the main constructions the patents of the prefabricated wooden buildings were used, then more advanced in Italy (like those of the “Ditta Pasotti di Brescia” for the AMAO); but it is certain that, in various areas of Italian Eastern Africa, a “Landscape of Industrial-Mining Modernity” was established, then completely new and unusual, which was accounted for in the “Autarchic Exhibition of Italian Minerals” (“Mostra autarchica del Minerale Italiano”) in Rome in 1938 -1939, whose pavilion of “Italian Africa” was set up, with the Erithrean and Ethiopian materials and photographs, by the architects Carlo Enrico Rava and Franco Petrucci.
"L'Oro della Regina di Saba". Centri corporativi auriferi (Jubdo, Sciumagallè, Ugarò) e nuove infrastrutture per il "paesaggio minerario della Modernità" nell'Eritrea e nell'Etiopia italiane (1935-1941) / Canali Ferruccio. - In: BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ DI STUDI FIORENTINI. - ISSN 1129-8200. - STAMPA. - 26-27:(2018), pp. 290-339.
"L'Oro della Regina di Saba". Centri corporativi auriferi (Jubdo, Sciumagallè, Ugarò) e nuove infrastrutture per il "paesaggio minerario della Modernità" nell'Eritrea e nell'Etiopia italiane (1935-1941)
Canali Ferruccio
2018
Abstract
abstract La fondazione o organizzazione di centri minerari per l’estrazione dell’Oro nell’Eritrea e nell’Etiopia italiane tra il 1935 e il 1941 ha costituito, per il Ministero dell’Africa Italiana attraverso le sue Aziende controllate SAPIE, AMAO ed in parte COMINA, un momento di grande importanza per la modernizzazione di ampie aree delle Colonie, fondandosi su una Tradizione di coltivazioni aurifere che risaliva agli antichi Egizi e alla biblica Regina di Saba. Anche se la gran parte di quelle iniziative di ricerca ebbe successo limitato – visti i pochi anni a disposizione – le opere infrastrutturali e anche la pianificazione territoriale messe in campo costituirono comunque importanti esempi di progettazione ‘di area vasta’ (con un’estensione a volte pari a quella di più regioni italiane); aree per le quali vennero previste strade, piste, dighe, impianti tecnologici, facendo perno sui principali “centri minerari auriferi” di Sciumagallè, Ugarò, Torat in Eritrea; e di Jubdo e Ondonok nell’Ovest dell’Etiopia. Non vi fu il tempo per un progetto urbano consistente per quei centri, ma per una ‘ingegneristica’ “Zonizzazione funzionale” di essi (nella distinzione tra area di ricerca mineraria, area di lavorazione, area di «insediamento indigeno», area per gli Europei); un singolare progetto urbano venne però pensato e realizzato – a Ugarò e Jubdo – per il «quartiere indigeno» dove le tipiche case rotonde abissine (tucul), che nei villaggi avevano disposizione circolare attorno ad un’area centrale, venivano ora invece disposte secondo una rigida griglia ortogonale indifferenziata, tipica dell’Urbanistica europea, dando vita così ad un modello insediativo singolare sia per l’Africa che per l’Europa, peraltro utilizzato anche nei quartieri per indigeni di Asmara. Per le costruzioni principali vennero impiegati i brevetti dei prefabbricati in legno allora più all’avanguardia in Italia (come quelli della “Ditta Pasotti di Brescia” per l’AMAO); ma certo è che venne a costituirsi, in svariate aree dell’Africa Orientale Italiana, un “Paesaggio della Modernità industriale-mineraria” allora del tutto inedito e singolare, del quale si dette conto nella “Mostra autarchica del Minerale Italiano” a Roma del 1938-1939, il cui padiglione dell’“Africa Italiana” venne allestito, con i materiali e le fotografie anche eritree ed etiopi, dagli architetti Carlo Enrico Rava e Franco Petrucci. The foundation or renovation of mining centers for Gold extraction in Erithrea and in Italian Ethiopia between 1935 and 1941 constituted, for the Italian Ministry of East Africa (“Ministero dell’Africa Italiana”) through its subsidiaries SAPIE, AMAO and COMINA in part, a moment of great importance for the modernization of large areas of the Colonies, based on a Tradition dating back to the ancient Egyptians and the biblical Queen of Sheba. Although most of those research initiatives were unsuccessful – given the few years available – infrastructural works and even the territorial planning put in place still constituted important examples of ‘large area’ project (with an extension sometimes equal to that of several Italian regions); areas for which roads, tracks, dams, technological systems were planned, based on the main “gold mining centers” of Sciumagallè, Ugarò, Torat in Erithrea; and of Jubdo and Ondonok in the West of Ethiopia. There was no time for a large urban project for those centers, but only for a “functional” Zoning” of them (in the distinction among mining research area, processing area, “indigenous settlement”, area for Europeans); a singular urban project was conceived and built – in Ugarò and Jubdo – for the “indigenous district” where the typical Abyssinian round houses (tucul), which in the villages had circular arrangement around a central area, were now arranged according to a rigid undifferentiated and orthogonal grid, typical of European urban planning, thus creating a singular settlement model for both Africa and Europe, also used in neighborhoods for Asmara indigenous people. For the main constructions the patents of the prefabricated wooden buildings were used, then more advanced in Italy (like those of the “Ditta Pasotti di Brescia” for the AMAO); but it is certain that, in various areas of Italian Eastern Africa, a “Landscape of Industrial-Mining Modernity” was established, then completely new and unusual, which was accounted for in the “Autarchic Exhibition of Italian Minerals” (“Mostra autarchica del Minerale Italiano”) in Rome in 1938 -1939, whose pavilion of “Italian Africa” was set up, with the Erithrean and Ethiopian materials and photographs, by the architects Carlo Enrico Rava and Franco Petrucci.File | Dimensione | Formato | |
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