La disciplina attuale dell’appello valorizza al massimo il principio dell’impulso di parte, avendo la giurisprudenza prima e il legislatore poi, rimesso completamente all’iniziativa delle parti la fissazione dell’oggetto del secondo grado di giudizio. Infatti, a fronte degli artt. 342, 343 e 346 c.p.c. si può dire che è onere dell’appellante, principale e incidentale, individuare vuoi il rapporto o frazione di rapporto devoluto alla cognizione del secondo giudice, vuoi le questioni di fatto e di diritto sulla cui base lo stesso giudice dovrà formulare il proprio giudizio di merito, sia riproporre dinanzi al secondo giudice le domande e le eccezioni rimaste assorbite a cui le parti non intendono rinunciare. Questo complesso meccanismo di passaggio della controversia dal grado precedente al grado successivo di giudizio è stato messo a punto dalla giurisprudenza attraverso un lento ed inesorabile processo evolutivo che a partire dagli anni ottanta ha via via lavorato sulla nozione di parte di sentenza di cui fa menzione l’art. 329, comma secondo c.p.c. laddove afferma che l’impugnazione parziale determina il passaggio in giudicato delle parti di sentenza non impugnate. Un ulteriore profilo di irrigidimento sviluppato prima dalla giurisprudenza e poi recepito a livello normativo, è certamente quello relativo alla forma degli atti introduttivi. Quanto alla riproposizione di domande ed eccezioni non accolte ai sensi dell'art. 346 c.p.c., l’orientamento tradizionale riteneva che la relativa istanza istanza fosse proponibile sino all’udienza di precisazione delle conclusioni e dunque, in teoria, anche dopo che era esaurita la eventuale fase istruttoria. Ricordando che domande ed eccezioni assorbite, per definizione, arrivano davanti al giudice ad quem prive di qualsiasi trattazione e decisione da parte del giudice a quo, e che pertanto il nuovo giudice dovrà procedere per primo ai necessari accertamenti in punto di fatto e/o di diritto, si comprende che nel contesto di un giudizio di impugnazione ricostruito nello sforzo di dare attuazione piena al principio della ragionevole durata del processo, l’orientamento più datato rappresentava ormai un fuor d’opera, un elemento di totale irrazionalità nella misura in cui consentiva la riapertura dell’istruttoria, con inevitabile allungamento dei tempi processuali, in un momento in cui la causa era pronta a passare in decisione.

Le Sezioni unite accolgono il principio di concentrazione processuale con riferimento all’appello civile / Beatrice Gambineri. - In: IL FORO ITALIANO. - ISSN 1827-8213. - STAMPA. - (2019), pp. 3317-3324.

Le Sezioni unite accolgono il principio di concentrazione processuale con riferimento all’appello civile.

Beatrice Gambineri
2019

Abstract

La disciplina attuale dell’appello valorizza al massimo il principio dell’impulso di parte, avendo la giurisprudenza prima e il legislatore poi, rimesso completamente all’iniziativa delle parti la fissazione dell’oggetto del secondo grado di giudizio. Infatti, a fronte degli artt. 342, 343 e 346 c.p.c. si può dire che è onere dell’appellante, principale e incidentale, individuare vuoi il rapporto o frazione di rapporto devoluto alla cognizione del secondo giudice, vuoi le questioni di fatto e di diritto sulla cui base lo stesso giudice dovrà formulare il proprio giudizio di merito, sia riproporre dinanzi al secondo giudice le domande e le eccezioni rimaste assorbite a cui le parti non intendono rinunciare. Questo complesso meccanismo di passaggio della controversia dal grado precedente al grado successivo di giudizio è stato messo a punto dalla giurisprudenza attraverso un lento ed inesorabile processo evolutivo che a partire dagli anni ottanta ha via via lavorato sulla nozione di parte di sentenza di cui fa menzione l’art. 329, comma secondo c.p.c. laddove afferma che l’impugnazione parziale determina il passaggio in giudicato delle parti di sentenza non impugnate. Un ulteriore profilo di irrigidimento sviluppato prima dalla giurisprudenza e poi recepito a livello normativo, è certamente quello relativo alla forma degli atti introduttivi. Quanto alla riproposizione di domande ed eccezioni non accolte ai sensi dell'art. 346 c.p.c., l’orientamento tradizionale riteneva che la relativa istanza istanza fosse proponibile sino all’udienza di precisazione delle conclusioni e dunque, in teoria, anche dopo che era esaurita la eventuale fase istruttoria. Ricordando che domande ed eccezioni assorbite, per definizione, arrivano davanti al giudice ad quem prive di qualsiasi trattazione e decisione da parte del giudice a quo, e che pertanto il nuovo giudice dovrà procedere per primo ai necessari accertamenti in punto di fatto e/o di diritto, si comprende che nel contesto di un giudizio di impugnazione ricostruito nello sforzo di dare attuazione piena al principio della ragionevole durata del processo, l’orientamento più datato rappresentava ormai un fuor d’opera, un elemento di totale irrazionalità nella misura in cui consentiva la riapertura dell’istruttoria, con inevitabile allungamento dei tempi processuali, in un momento in cui la causa era pronta a passare in decisione.
2019
3317
3324
Beatrice Gambineri
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Descrizione: Si analizza l'istituto della riproposizione delle domande e delle eccezioni non accolte nell'ambito del processo civile
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