Il saggio esamina le relazioni tra Pirandello e Verga, soffermandosi in particolare sui due discorsi che Pirandello dedica allo scrittore catanese, il 2 settembre 1920, a Catania, per le celebrazioni per i suoi ottant’anni, e il 3 dicembre 1931, all’Accademia d’Italia, per il cinquantenario della pubblicazione dei Malavoglia. Nel 1920, rileggendo quarant’anni di vita letteraria nazionale, Pirandello riconosce la necessità del “ritorno a Verga” in atto nel dopoguerra, contro l’ubriacatura di parole del «carnevale» dannunziano (antidannunzianesimo che nel contesto del discorso del 1931 assume inevitabilmente sapore politico). Accanto a importanti osservazioni sui meccanismi narrativi verghiani, il confronto con ragioni stilistiche e presupposti teorici dell’arte di Verga è l’occasione per mettere a fuoco i principi della propria ricerca artistica: lontana dall’autore dei Malavoglia per fondamenti teorici, ma consonante nelle profonde ragioni etiche di uno «stile di cose» anziché «di parole», teso a scavare nel profondo della condizione umana. This essay examines the relationship between Pirandello and Verga, focusing on two speeches Pirandello delivered on Verga, one as a celebration of the writer’s 80th birthday, in Catania, on September 2, 1920, the other for the 50th anniversary of the publication of I Malavoglia, on December 3, 1931, at the Academy of Italy. In the 1920 speech, Pirandello recognizes the need of the reexamination of Verga’s role (and literary sobriety) which is taking place in the Post-War period, against D’Annunzio’s “Carnival” (or drunkness of words) – a stance that later on, in the 1931 speech, inevitably takes on political connotations. Alongside important observations about Verga’s narrative mechanisms, Pirandello’s investigation of Verga’s stylistic reasons and theoretical assumptions is an opportunity to reflect upon the principles of his own artistic endeavour. Pirandello’s theoretical foundations differ sensibly from Verga’s, yet the two authors find themselves close in practicing a substantive style made “of things” rather than “words” (like D’Annunzio), aimed at a deep understanding of the human condition.
«Uno stile di cose»: Pirandello e Verga / Irene Gambacorti. - In: STUDI ITALIANI. - ISSN 1121-0621. - STAMPA. - XXXI:(2019), pp. 49-74.
«Uno stile di cose»: Pirandello e Verga
Irene Gambacorti
2019
Abstract
Il saggio esamina le relazioni tra Pirandello e Verga, soffermandosi in particolare sui due discorsi che Pirandello dedica allo scrittore catanese, il 2 settembre 1920, a Catania, per le celebrazioni per i suoi ottant’anni, e il 3 dicembre 1931, all’Accademia d’Italia, per il cinquantenario della pubblicazione dei Malavoglia. Nel 1920, rileggendo quarant’anni di vita letteraria nazionale, Pirandello riconosce la necessità del “ritorno a Verga” in atto nel dopoguerra, contro l’ubriacatura di parole del «carnevale» dannunziano (antidannunzianesimo che nel contesto del discorso del 1931 assume inevitabilmente sapore politico). Accanto a importanti osservazioni sui meccanismi narrativi verghiani, il confronto con ragioni stilistiche e presupposti teorici dell’arte di Verga è l’occasione per mettere a fuoco i principi della propria ricerca artistica: lontana dall’autore dei Malavoglia per fondamenti teorici, ma consonante nelle profonde ragioni etiche di uno «stile di cose» anziché «di parole», teso a scavare nel profondo della condizione umana. This essay examines the relationship between Pirandello and Verga, focusing on two speeches Pirandello delivered on Verga, one as a celebration of the writer’s 80th birthday, in Catania, on September 2, 1920, the other for the 50th anniversary of the publication of I Malavoglia, on December 3, 1931, at the Academy of Italy. In the 1920 speech, Pirandello recognizes the need of the reexamination of Verga’s role (and literary sobriety) which is taking place in the Post-War period, against D’Annunzio’s “Carnival” (or drunkness of words) – a stance that later on, in the 1931 speech, inevitably takes on political connotations. Alongside important observations about Verga’s narrative mechanisms, Pirandello’s investigation of Verga’s stylistic reasons and theoretical assumptions is an opportunity to reflect upon the principles of his own artistic endeavour. Pirandello’s theoretical foundations differ sensibly from Verga’s, yet the two authors find themselves close in practicing a substantive style made “of things” rather than “words” (like D’Annunzio), aimed at a deep understanding of the human condition.I documenti in FLORE sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.