Parlare di cambiamento in atto è diventato un luogo comune. Comprenderne le implicazioni forse è tutt’altra cosa. Poco ci si accorge che nel discutere di cambiamento utilizziamo visioni e parametri di riferimento ormai obsoleti. Macinati e sterilizzati proprio dal cambiamento e quindi inefficaci di rendere comprensibile ciò che accade. A questo si aggiunge una visione del mondo sempre più inoltrata verso una cupa complessità distaccandola irreversibilmente dal poter essere completamente intelligibile. Siamo nell’era degli “Oggettoidi”. L’evoluzione digitale ha portato la forma a lavorare per analogia. L’evoluzione è digitale, ma la forma è sempre più analogica: somiglia, allude, appare, ma non garantisce la sua ontologia. Una forma/immagine che rimanda all’oggetto senza coincidere perfettamente con esso. L’oggetto cessa di essere un universo chiuso in sé stesso, autoconcludente, per spalancarsi alla variabilità e all’indefinizione. Non è più qualcosa di completo, né mai si completerà. Appartiene ad una rete di relazioni. È connesso a risorse che ne cambiano continuamente aspetto e significato. È mutevole sempre. Gli oggetti di cui oggi ci serviamo non sono più un fatto privato, ma un fatto partecipativo, di interazione. Il design come luogo di motivazioni ha bisogno di riformularsi in un Neomorfismo caratterizzato da prestazioni innovative e dettagli strutturali. Elementi imprescindibili dalla fisicità che gli oggetti hanno necessità comunque di avere, ma ancor di più, fondamentali per dare corpo alle risorse immateriali che le tecnologie digitali oggi permettono di attivare. Non importa avere soluzioni diverse, ma avere modi diversi di pensare. / Talking about change taking place has become commonplace. Understanding its implications is perhaps quite different. Little do we realise that in discussing change, we use visions and benchmarks that are now obsolete. They have been ground down and sterilised by change itself and are therefore ineffective in making what is happening comprehensible. Added to this is a vision of the world that is increasingly moving towards a dark complexity, irreversibly detaching it from being fully intelligible. We are in the age of the 'Objectoid'. Digital evolution has led form to work by analogy. Evolution is digital, but the form is increasingly analogue: it resembles, alludes to, appears, but does not guarantee its ontology. A form/image that refers to the object without coinciding perfectly with it. The object ceases to be a universe closed within itself, self-contained and opens up to variability and indefiniteness. It is no longer something complete, nor will it ever be complete. It belongs to a network of relationships. It is connected to resources that constantly change its appearance and meaning. It is always changing. The objects we use today are no longer private but participatory, interactive. Design as a motivation needs to reformulate itself into a Neomorphism characterised by innovative performance and structural details. These elements are inseparable from the physicality that objects need to have. However, they are even more fundamental to give substance to the immaterial resources that digital technologies now make possible. It is not essential to have different solutions but to have different ways of thinking.

NeoMorfismo e il design degli oggettoidi / NeoMorphism and object design / Gianpiero Alfarano. - In: AND. - ISSN 1723-9990. - STAMPA. - 35:(2019), pp. 92-97.

NeoMorfismo e il design degli oggettoidi / NeoMorphism and object design

Gianpiero Alfarano
2019

Abstract

Parlare di cambiamento in atto è diventato un luogo comune. Comprenderne le implicazioni forse è tutt’altra cosa. Poco ci si accorge che nel discutere di cambiamento utilizziamo visioni e parametri di riferimento ormai obsoleti. Macinati e sterilizzati proprio dal cambiamento e quindi inefficaci di rendere comprensibile ciò che accade. A questo si aggiunge una visione del mondo sempre più inoltrata verso una cupa complessità distaccandola irreversibilmente dal poter essere completamente intelligibile. Siamo nell’era degli “Oggettoidi”. L’evoluzione digitale ha portato la forma a lavorare per analogia. L’evoluzione è digitale, ma la forma è sempre più analogica: somiglia, allude, appare, ma non garantisce la sua ontologia. Una forma/immagine che rimanda all’oggetto senza coincidere perfettamente con esso. L’oggetto cessa di essere un universo chiuso in sé stesso, autoconcludente, per spalancarsi alla variabilità e all’indefinizione. Non è più qualcosa di completo, né mai si completerà. Appartiene ad una rete di relazioni. È connesso a risorse che ne cambiano continuamente aspetto e significato. È mutevole sempre. Gli oggetti di cui oggi ci serviamo non sono più un fatto privato, ma un fatto partecipativo, di interazione. Il design come luogo di motivazioni ha bisogno di riformularsi in un Neomorfismo caratterizzato da prestazioni innovative e dettagli strutturali. Elementi imprescindibili dalla fisicità che gli oggetti hanno necessità comunque di avere, ma ancor di più, fondamentali per dare corpo alle risorse immateriali che le tecnologie digitali oggi permettono di attivare. Non importa avere soluzioni diverse, ma avere modi diversi di pensare. / Talking about change taking place has become commonplace. Understanding its implications is perhaps quite different. Little do we realise that in discussing change, we use visions and benchmarks that are now obsolete. They have been ground down and sterilised by change itself and are therefore ineffective in making what is happening comprehensible. Added to this is a vision of the world that is increasingly moving towards a dark complexity, irreversibly detaching it from being fully intelligible. We are in the age of the 'Objectoid'. Digital evolution has led form to work by analogy. Evolution is digital, but the form is increasingly analogue: it resembles, alludes to, appears, but does not guarantee its ontology. A form/image that refers to the object without coinciding perfectly with it. The object ceases to be a universe closed within itself, self-contained and opens up to variability and indefiniteness. It is no longer something complete, nor will it ever be complete. It belongs to a network of relationships. It is connected to resources that constantly change its appearance and meaning. It is always changing. The objects we use today are no longer private but participatory, interactive. Design as a motivation needs to reformulate itself into a Neomorphism characterised by innovative performance and structural details. These elements are inseparable from the physicality that objects need to have. However, they are even more fundamental to give substance to the immaterial resources that digital technologies now make possible. It is not essential to have different solutions but to have different ways of thinking.
2019
AND
35
92
97
Gianpiero Alfarano
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