Premesso che i limiti deontologici non devono mai sottrarre il difensore al ruolo di antagonista, ma anzi devono contribuire a preservarlo in tale ruolo, occorre stabilire quali siano i confini entro i quali può legittimamente esercitarsi la funzione difensiva così intesa. Qualsiasi ragionamento sulla deontologia, implica l’adesione all’idea che l’operato dei protagonisti del processo debba improntarsi a principi etici, trascendenti la disciplina del codice di rito e intesi a garantire il rispetto della correttezza o lealtà processuale. È nota l’obiezione: il concetto para-normativo di lealtà processuale sfugge a definizioni oggettive. Eppure quel canone, come via via precisatosi nelle riflessioni di dottrina e giurisprudenza, non rappresenta più solo un connotato etico delle funzioni processuali, ma diviene un concreto requisito del buon funzionamento del processo. Ed è in questa veste che esso richiede di essere definito all’interno dei codici deontologici, secondo modalità capaci di assicurare un’equivalenza di disciplina tra la responsabilità degli avvocati e quella dei magistrati del pubblico ministero. L’ analisi si sposta, a tal punto, sul terreno della prassi, dove gli attacchi al dovere di correttezza si consumano nelle più varie forme all’interno delle singole vicende processuali. Il contributo ne offre un quadro esauriente ed argomentato.
Prassi e deontologia del difensore / Alessandra Sanna. - In: DISCRIMEN. - ISSN 2704-6338. - ELETTRONICO. - (2019), pp. 1-10.
Prassi e deontologia del difensore
Alessandra Sanna
2019
Abstract
Premesso che i limiti deontologici non devono mai sottrarre il difensore al ruolo di antagonista, ma anzi devono contribuire a preservarlo in tale ruolo, occorre stabilire quali siano i confini entro i quali può legittimamente esercitarsi la funzione difensiva così intesa. Qualsiasi ragionamento sulla deontologia, implica l’adesione all’idea che l’operato dei protagonisti del processo debba improntarsi a principi etici, trascendenti la disciplina del codice di rito e intesi a garantire il rispetto della correttezza o lealtà processuale. È nota l’obiezione: il concetto para-normativo di lealtà processuale sfugge a definizioni oggettive. Eppure quel canone, come via via precisatosi nelle riflessioni di dottrina e giurisprudenza, non rappresenta più solo un connotato etico delle funzioni processuali, ma diviene un concreto requisito del buon funzionamento del processo. Ed è in questa veste che esso richiede di essere definito all’interno dei codici deontologici, secondo modalità capaci di assicurare un’equivalenza di disciplina tra la responsabilità degli avvocati e quella dei magistrati del pubblico ministero. L’ analisi si sposta, a tal punto, sul terreno della prassi, dove gli attacchi al dovere di correttezza si consumano nelle più varie forme all’interno delle singole vicende processuali. Il contributo ne offre un quadro esauriente ed argomentato.File | Dimensione | Formato | |
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