Vicepresidenti o Co-presidenti del Consiglio? Alcune notazioni sparse su una carica controversa

Il saggio indaga la natura e le funzioni svolte dal vicepresidente del Consiglio dei ministri dal periodo statutario fino all’esperienza del primo Governo Conte. Il lavoro intende dimostrare che, nei Governi dove è stata prevista, la figura del Vicepresidente del Consiglio costituisce un espediente attraverso cui si tende sostanzialmente ad alterare la struttura monocratica della Presidenza del Consiglio e a scomporre e pluralizzare quella funzione di direzione della politica generale del Governo che la Costituzione affida al solo Presidente del Consiglio. Se prima d’ora la dottrina aveva studiato la figura del vicepresidente solo nell’ottica complessiva di una indagine sulla struttura e le funzioni del governo o nella prospettiva del rapporto tra il Presidente del Consiglio ed i ministri, con questo saggio si indagano le ragioni e i fini che giustificano su di un piano politico e costituzionale l’istituzione di una figura che la Costituzione non prevede espressamente né vieta. La prima parte del lavoro analizza in prospettiva storica le origini della figura del vicepresidente nel periodo statutario e nelle prime dieci legislature repubblicane, mettendo in evidenza i problemi costituzionali sollevati dalla dottrina, le soluzioni individuate a tal proposito e le principali questioni politiche sorte di fronte alla prassi. La seconda parte indaga gli effetti e la tenuta della previsione contenuta nell’art. 8 della legge 23 agosto 1988, n. 400 soffermandosi soprattutto sui fattori di continuità e le novità riscontrate nelle esperienze dei Governi in carica dopo la modifica della legge elettorale del 1993. Il saggio si chiude con un esame specifico del ruolo inedito svolto dai vicepresidenti nel primo Governo Conte e sulla correlata tenuta e idoneità della previsione contenuta nella legge 400/1988 alla luce di tale ultima esperienza.