Il saggio utilizza la figura del delinquente che aspira alla pena per leggere in un percorso di lungo periodo il nesso tra rappresentazione ‘estrema’ dell’appartenenza e meccanismi di esclusione, di individuazione del nemico. Dopo aver sinteticamente considerato la rappresentazione medievale di un delinquente che, aspirando alla pena, mostra una piena adesione alla ratio, all’assetto ordinato e ordinante della comunità, si individuano discontinuità e tensioni verso una riproposizione della figura nel periodo moderno. Se per un verso infatti - con il venire meno degli universalismi e con la secolarizzazione, con la costruzione dello Stato moderno come struttura artificiale - l’estremo dell’amore per la pena diviene estraneo al contesto della modernità, per altro verso invece la figura – che ipotizza una tranquillizzante (naturale) coincidenza tra coscienza e ordine, un’adesione religiosa alla comunità – torna a proporsi come momento di celebrazione di un’identità assoluta tra il buon cittadino e lo Stato e, specularmente, come strumento per l’esclusione del nemico senza diritti.

Qui delinquit amat poenam. Il nemico e la coscienza dell'ordine in età moderna / G. Cazzetta. - In: QUADERNI FIORENTINI PER LA STORIA DEL PENSIERO GIURIDICO MODERNO. - ISSN 0392-1867. - 38, t. 1:(2009), pp. 421-494.

Qui delinquit amat poenam. Il nemico e la coscienza dell'ordine in età moderna

G. Cazzetta
2009

Abstract

Il saggio utilizza la figura del delinquente che aspira alla pena per leggere in un percorso di lungo periodo il nesso tra rappresentazione ‘estrema’ dell’appartenenza e meccanismi di esclusione, di individuazione del nemico. Dopo aver sinteticamente considerato la rappresentazione medievale di un delinquente che, aspirando alla pena, mostra una piena adesione alla ratio, all’assetto ordinato e ordinante della comunità, si individuano discontinuità e tensioni verso una riproposizione della figura nel periodo moderno. Se per un verso infatti - con il venire meno degli universalismi e con la secolarizzazione, con la costruzione dello Stato moderno come struttura artificiale - l’estremo dell’amore per la pena diviene estraneo al contesto della modernità, per altro verso invece la figura – che ipotizza una tranquillizzante (naturale) coincidenza tra coscienza e ordine, un’adesione religiosa alla comunità – torna a proporsi come momento di celebrazione di un’identità assoluta tra il buon cittadino e lo Stato e, specularmente, come strumento per l’esclusione del nemico senza diritti.
2009
38, t. 1
421
494
G. Cazzetta
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