Lo scritto si propone di indagare il fondamento e la portata del principio di buona fede nell’ambito della contrattazione pubblica, esaminando, in particolare, il suo rilievo a proposito dell’applicazione della clausola che prevede l’esclusione delle imprese che abbiano commesso gravi illeciti professionali. Rispetto ad essa, si pone l’esigenza di stabilire se vi sia un obbligo per l’impresa di portare a conoscenza dell’amministrazione i fatti rilevanti ai fini della valutazione e, eventualmente, come l’obbligo di informare (dell’impresa) si combini con l’obbligo di informarsi (dell’amministrazione). Il richiamo alla buona fede di stampo civilistico, comune nella giurisprudenza più recente, impone infatti di ricostruire la posizione di entrambe le parti in termini di mutua solidarietà. Più in generale l’idea che le procedure di aggiudicazione possano anche essere viste come forme di trattativa che debbono aderire ad alcuni principi di fondo unificanti, implica accettare (per quel profilo) la dimensione paritaria e al contempo antagonista della negoziazione, in cui gli obblighi (anche quelli di buona fede) operano in regime di reciprocità e in un’ottica molto lontana rispetto all’idea della soggezione dell’una parte rispetto all’altra e di un interesse rispetto all’altro. È in quest’ottica e con questo caveat che l’avvicinamento della negoziazione pubblica a quella privata può effettivamente contribuire ad una deformalizzazione delle procedure, senza finire con l’accentuare il suo tratto di specialità e senza creare indesiderabili spazi di incertezza e occasioni di contenzioso.

IL PRINCIPIO DI BUONA FEDE NELLE PROCEDURE DI GARA, TRA OBBLIGHI (DELL’IMPRESA) DI INFORMARE E OBBLIGHI (DELL’AMMINISTRAZIONE) DI INFORMARSI / simone torricelli. - In: MUNUS. - ISSN 2240-4732. - STAMPA. - (2020), pp. 477-498.

IL PRINCIPIO DI BUONA FEDE NELLE PROCEDURE DI GARA, TRA OBBLIGHI (DELL’IMPRESA) DI INFORMARE E OBBLIGHI (DELL’AMMINISTRAZIONE) DI INFORMARSI

simone torricelli
2020

Abstract

Lo scritto si propone di indagare il fondamento e la portata del principio di buona fede nell’ambito della contrattazione pubblica, esaminando, in particolare, il suo rilievo a proposito dell’applicazione della clausola che prevede l’esclusione delle imprese che abbiano commesso gravi illeciti professionali. Rispetto ad essa, si pone l’esigenza di stabilire se vi sia un obbligo per l’impresa di portare a conoscenza dell’amministrazione i fatti rilevanti ai fini della valutazione e, eventualmente, come l’obbligo di informare (dell’impresa) si combini con l’obbligo di informarsi (dell’amministrazione). Il richiamo alla buona fede di stampo civilistico, comune nella giurisprudenza più recente, impone infatti di ricostruire la posizione di entrambe le parti in termini di mutua solidarietà. Più in generale l’idea che le procedure di aggiudicazione possano anche essere viste come forme di trattativa che debbono aderire ad alcuni principi di fondo unificanti, implica accettare (per quel profilo) la dimensione paritaria e al contempo antagonista della negoziazione, in cui gli obblighi (anche quelli di buona fede) operano in regime di reciprocità e in un’ottica molto lontana rispetto all’idea della soggezione dell’una parte rispetto all’altra e di un interesse rispetto all’altro. È in quest’ottica e con questo caveat che l’avvicinamento della negoziazione pubblica a quella privata può effettivamente contribuire ad una deformalizzazione delle procedure, senza finire con l’accentuare il suo tratto di specialità e senza creare indesiderabili spazi di incertezza e occasioni di contenzioso.
2020
477
498
simone torricelli
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