Il presente saggio si propone di illustrare come Cynthia Ozick abbia saputo formalizzare l’esigenza, presagita nel clima culturale e letterario statunitense tra il 1965 e il 1970, del recupero dei principi spirituali e religiosi caratteristici dell’ebraismo, lanciando un vero e proprio appello programmatico agli intellettuali e scrittori coevi, suoi correligionari, affinché valorizzassero tale eredità in ambito letterario, per assicurare la continuità di una tradizione altrimenti a rischio di scomparsa. In tal senso, l’ipotesi è che Ozick possa essere considerata capostipite e portavoce della Jewish Renaissance, movimento animato dall’obiettivo di sollevare questioni e interrogativi che, in passato, erano stati prerogativa esclusiva della teologia. In secondo luogo, il testo affronta la riflessione, condotta sempre da Ozick, sulla posizione dello scrittore ebreo impegnato in questa riviviscenza teologica, ruolo, a suo dire, problematico, in quanto sostanzialmente antinomico. L’autrice rileva, infatti, una tensione tra le opposte istanze della Legge e dell’arte, ossia tra il divieto di idolatria proprio del monoteismo giudaico e le dinamiche dell’atto creativo, il quale sottende una forma di invenzione ex-nihilo contraria al secondo comandamento. Inizialmente ritenute inconciliabili, tali dimensioni trovano, secondo Ozick, un terreno comune in una forma di “iconografia immaginativa” di matrice romantica.

L’AMERICA COME SECONDA YAVNEH? CYNTHIA OZICK E LA RINASCENZA EBRAICA STATUNITENSE DEGLI ANNI SETTANTA DEL NOVECENTO / Simona Porro. - In: IPERSTORIA. - ISSN 2281-4582. - ELETTRONICO. - 1:(2017), pp. 246-255.

L’AMERICA COME SECONDA YAVNEH? CYNTHIA OZICK E LA RINASCENZA EBRAICA STATUNITENSE DEGLI ANNI SETTANTA DEL NOVECENTO

Simona Porro
2017

Abstract

Il presente saggio si propone di illustrare come Cynthia Ozick abbia saputo formalizzare l’esigenza, presagita nel clima culturale e letterario statunitense tra il 1965 e il 1970, del recupero dei principi spirituali e religiosi caratteristici dell’ebraismo, lanciando un vero e proprio appello programmatico agli intellettuali e scrittori coevi, suoi correligionari, affinché valorizzassero tale eredità in ambito letterario, per assicurare la continuità di una tradizione altrimenti a rischio di scomparsa. In tal senso, l’ipotesi è che Ozick possa essere considerata capostipite e portavoce della Jewish Renaissance, movimento animato dall’obiettivo di sollevare questioni e interrogativi che, in passato, erano stati prerogativa esclusiva della teologia. In secondo luogo, il testo affronta la riflessione, condotta sempre da Ozick, sulla posizione dello scrittore ebreo impegnato in questa riviviscenza teologica, ruolo, a suo dire, problematico, in quanto sostanzialmente antinomico. L’autrice rileva, infatti, una tensione tra le opposte istanze della Legge e dell’arte, ossia tra il divieto di idolatria proprio del monoteismo giudaico e le dinamiche dell’atto creativo, il quale sottende una forma di invenzione ex-nihilo contraria al secondo comandamento. Inizialmente ritenute inconciliabili, tali dimensioni trovano, secondo Ozick, un terreno comune in una forma di “iconografia immaginativa” di matrice romantica.
2017
1
246
255
Simona Porro
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