L’articolo prende in esame i rapporti intercorsi tra il musicista Giovanni Battista da Gagliano e la Compagnia fiorentina di San Benedetto Bianco, della quale fu membro. La spiritualità penitente che contraddistinse questa confraternita rende plausibile che i brani spirituali di Gagliano presenti nelle sue Varie Musiche (1623) che hanno come oggetto la morte di Gesù e il planctus Mariae siano stati originariamente concepiti per questo ambiente, o che dalla frequentazione di quest’ultimo Gagliano abbia tratto la sua ispirazione. Analogamente alle molte opere dipinte per i locali di San Benedetto Bianco da grandi artisti del Seicento fiorentino (spesso membri essi stessi della compagnia), le cui immagini ripercorrevano le tappe principali della Passione ed esortavano i confratelli alla mortificazione spirituale e corporale, anche le musiche di Gagliano a carattere penitenziale avrebbero potuto avere lo scopo di suscitare, mediante testi meditativi e linee melodiche dai toni mesti, i medesimi sentimenti sperimentati da Cristo o dalla Vergine ai piedi della croce. Con il supporto di alcuni scritti di carattere spirituale utilizzati in San Benedetto Bianco e sulla base di significative coincidenze testuali e di convergenze tra testi e immagini, si è ipotizzata una relazione tra la dimensione musicale e quella delle raffigurazioni pittoriche tentando di comprendere se e in che modo, durante le pratiche rituali, la componente uditiva interagisse con quella visiva. Tale fusione ‘sinestetica’ conferiva a questi momenti maggiore incisività, rendendoli delle esperienze multisensoriali in cui entrambe le arti contribuivano ad accrescere il coinvolgimento e la disposizione alla riflessione dei confratelli. Lo spoglio di alcuni manoscritti conservati nel piccolo archivio di San Benedetto Bianco, ubicato nella parrocchia di Santa Lucia sul Prato a Firenze (ultima sede della compagnia), ha rivelato inoltre che uno dei brani di Gagliano presente nella stampa del 1623, Ecco ch’io verso il sangue, veniva intonato nella confraternita all’interno di una sorta di azione drammaturgica che si svolgeva la sera del venerdì santo, seguendo il momento di flagellazione cui i confratelli erano soliti sottoporsi.

Parole, immagini e musica nelle pratiche devozionali della compagnia di San Benedetto Bianco a Firenze. Alcuni possibili contributi di Giovanni Battista da Gagliano / Maddalena Bonechi. - In: RECERCARE. - ISSN 1120-5741. - STAMPA. - XXXII:(2020), pp. 79-127.

Parole, immagini e musica nelle pratiche devozionali della compagnia di San Benedetto Bianco a Firenze. Alcuni possibili contributi di Giovanni Battista da Gagliano

Maddalena Bonechi
2020

Abstract

L’articolo prende in esame i rapporti intercorsi tra il musicista Giovanni Battista da Gagliano e la Compagnia fiorentina di San Benedetto Bianco, della quale fu membro. La spiritualità penitente che contraddistinse questa confraternita rende plausibile che i brani spirituali di Gagliano presenti nelle sue Varie Musiche (1623) che hanno come oggetto la morte di Gesù e il planctus Mariae siano stati originariamente concepiti per questo ambiente, o che dalla frequentazione di quest’ultimo Gagliano abbia tratto la sua ispirazione. Analogamente alle molte opere dipinte per i locali di San Benedetto Bianco da grandi artisti del Seicento fiorentino (spesso membri essi stessi della compagnia), le cui immagini ripercorrevano le tappe principali della Passione ed esortavano i confratelli alla mortificazione spirituale e corporale, anche le musiche di Gagliano a carattere penitenziale avrebbero potuto avere lo scopo di suscitare, mediante testi meditativi e linee melodiche dai toni mesti, i medesimi sentimenti sperimentati da Cristo o dalla Vergine ai piedi della croce. Con il supporto di alcuni scritti di carattere spirituale utilizzati in San Benedetto Bianco e sulla base di significative coincidenze testuali e di convergenze tra testi e immagini, si è ipotizzata una relazione tra la dimensione musicale e quella delle raffigurazioni pittoriche tentando di comprendere se e in che modo, durante le pratiche rituali, la componente uditiva interagisse con quella visiva. Tale fusione ‘sinestetica’ conferiva a questi momenti maggiore incisività, rendendoli delle esperienze multisensoriali in cui entrambe le arti contribuivano ad accrescere il coinvolgimento e la disposizione alla riflessione dei confratelli. Lo spoglio di alcuni manoscritti conservati nel piccolo archivio di San Benedetto Bianco, ubicato nella parrocchia di Santa Lucia sul Prato a Firenze (ultima sede della compagnia), ha rivelato inoltre che uno dei brani di Gagliano presente nella stampa del 1623, Ecco ch’io verso il sangue, veniva intonato nella confraternita all’interno di una sorta di azione drammaturgica che si svolgeva la sera del venerdì santo, seguendo il momento di flagellazione cui i confratelli erano soliti sottoporsi.
2020
XXXII
79
127
Maddalena Bonechi
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