In alcune parti dei loro scritti, Cassiano ed Evagrio Pontico si soffermano sul diverso modo di guardare, da parte dell’ asceta, alle cose fisiche e a quelle che abitualmente chiamiamo spirituali. Questa modalità ascetica del guardare dipenderebbe dal possedere una facoltà di visione che possiamo chiamare vedere-non-rappresentativo, oppure vedere inintenzionato. Rinunciare sistematicamente al modo di guardare abituale determina un vedere diverso, che possiamo chiamare, in modo semplicemente avversativo, non rappresentativo e che ha effetti rilevanti sul modo di considerare le sensazioni e gli enti metafisici, ossia su quei due aspetti della vita ascetica che, nella documentazione a nostra disposizione ascritta a Cassiano ed Evagrio, sono generalmente denominati con espressioni quali controllo delle passioni, conoscenza spirituale e preghiera continua. Questo contributo vorrebbe proporre un approccio diverso, capace di mostrare come queste espressioni, generalmente rubricate come proprie del linguaggio “teologico” di Cassiano ed Evagrio siano in realtà un tentativo di presentare la vita ascetica come un modo diverso di guardare alle cose del mondo. Più precisamente, l'insieme dei testi qui citati vorrebbe mostrare come l'atto di vedere le cose che vediamo con gli occhi e quelle che immaginiamo con la mente siano questioni di capitale importanza per gli asceti della tarda antichità. L'asceta deve, infatti, mettere da parte l'habitus dell'essere nel mondo, perché solo così - cioè prendendo coscienza della limitazione imposta da ciò che considera esterno - può dedicarsi pienamente alla preghiera. Per fare questo, l'asceta deve evitare la percezione non intenzionale, cioè lasciare che la mente crei descrizioni concettuali (νοήματα) e rappresentazioni mentali (φαντασίαι). Interrompendo questo processo, l'asceta raggiunge un modo diverso di vedere, che possiamo chiamare non rappresentativo, e di conseguenza la vera conoscenza.

Cassiano ed Evagrio Pontico sul vedere non rappresentativo dell’asceta / Roberto Alciati. - In: ADAMANTIUS. - ISSN 2612-6710. - STAMPA. - 26:(2020), pp. 193-203.

Cassiano ed Evagrio Pontico sul vedere non rappresentativo dell’asceta

Roberto Alciati
2020

Abstract

In alcune parti dei loro scritti, Cassiano ed Evagrio Pontico si soffermano sul diverso modo di guardare, da parte dell’ asceta, alle cose fisiche e a quelle che abitualmente chiamiamo spirituali. Questa modalità ascetica del guardare dipenderebbe dal possedere una facoltà di visione che possiamo chiamare vedere-non-rappresentativo, oppure vedere inintenzionato. Rinunciare sistematicamente al modo di guardare abituale determina un vedere diverso, che possiamo chiamare, in modo semplicemente avversativo, non rappresentativo e che ha effetti rilevanti sul modo di considerare le sensazioni e gli enti metafisici, ossia su quei due aspetti della vita ascetica che, nella documentazione a nostra disposizione ascritta a Cassiano ed Evagrio, sono generalmente denominati con espressioni quali controllo delle passioni, conoscenza spirituale e preghiera continua. Questo contributo vorrebbe proporre un approccio diverso, capace di mostrare come queste espressioni, generalmente rubricate come proprie del linguaggio “teologico” di Cassiano ed Evagrio siano in realtà un tentativo di presentare la vita ascetica come un modo diverso di guardare alle cose del mondo. Più precisamente, l'insieme dei testi qui citati vorrebbe mostrare come l'atto di vedere le cose che vediamo con gli occhi e quelle che immaginiamo con la mente siano questioni di capitale importanza per gli asceti della tarda antichità. L'asceta deve, infatti, mettere da parte l'habitus dell'essere nel mondo, perché solo così - cioè prendendo coscienza della limitazione imposta da ciò che considera esterno - può dedicarsi pienamente alla preghiera. Per fare questo, l'asceta deve evitare la percezione non intenzionale, cioè lasciare che la mente crei descrizioni concettuali (νοήματα) e rappresentazioni mentali (φαντασίαι). Interrompendo questo processo, l'asceta raggiunge un modo diverso di vedere, che possiamo chiamare non rappresentativo, e di conseguenza la vera conoscenza.
2020
26
193
203
Roberto Alciati
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