Se, nel momento di dichiarare lo stato di pandemia, l’OMS ha scelto di metterci in guardia anche dal rischio dell’infodemia, ossia della superfetazione di informazioni e del pericolo connesso a ciò, è evidente quanto la gestione della comunicazione, in entrata così come in uscita, sia diventata una questione alla quale siamo tutti invitati a rivolgere attenzione. In uno scenario sociale, culturale e comunicativo la cui complessità è ormai sotto gli occhi di tutti, non sono più solo i professionisti della comunicazione a doversene occupare: ognuno di noi, semplicemente come membro attivo della società odierna, ha il dovere di farlo. La parte più chiassosa, più discussa è sicuramente quella dell’odio, ossia dello hate speech, veicolato massicciamente, ma non esclusivamente, tramite i social network. Ma nel discutere dell’odio spesso si fa poco, oltre che condannarlo in maniera più o meno plateale: molti operano una manovra che può essere definita di doppio distanziamento. In poche parole, da una parte si reputa che gli hater siano sempre gli altri, per l’esattezza altri da noi (distanziamento orizzontale); dall’altra, che le questioni siano troppo grandi, troppo complesse per essere alla propria portata, e che siano appannaggio di big player come multinazionali, governi, legulei ecc. (distanziamento verticale); con il risultato finale che alla fine ci si lamenta della situazione, senza però fare niente di più concreto, tanto “non possiamo farci nulla” (cfr. Vera Gheno, Bruno Mastroianni, 2018, Retorica del complotto o istinto umano?, in Benedetta Baldi [a cura di], Complotti e raggiri. Verità, non verità, verità nascoste, Roma, Viella, pp. 163-180, in particolare pp. 178-179). Ritengo che sia necessario cambiare prospettiva: da una parte rendendosi conto che, in determinate circostanze, ognuno di noi può, coscientemente o meno, trasformarsi in un odiatore patentato; dall’altra che, per quanto siano necessari cambiamenti e decisioni a livello macro, possiamo, anzi, dobbiamo fare molto anche nel microcosmo dei nostri intorni comunicativi. Dobbiamo attivarci tutti, quindi, non uno di meno (giusto per riecheggiare un famoso monito di Tullio De Mauro e delle Dieci tesi per un’educazione linguistica democratica da lui promulgate).
La violenza del giustizialismo che sdogana l’odio dei giusti / Vera Gheno. - In: AZIONE NONVIOLENTA. - ISSN 1125-7229. - STAMPA. - 57:(2020), pp. 28-31.
La violenza del giustizialismo che sdogana l’odio dei giusti
Vera Gheno
2020
Abstract
Se, nel momento di dichiarare lo stato di pandemia, l’OMS ha scelto di metterci in guardia anche dal rischio dell’infodemia, ossia della superfetazione di informazioni e del pericolo connesso a ciò, è evidente quanto la gestione della comunicazione, in entrata così come in uscita, sia diventata una questione alla quale siamo tutti invitati a rivolgere attenzione. In uno scenario sociale, culturale e comunicativo la cui complessità è ormai sotto gli occhi di tutti, non sono più solo i professionisti della comunicazione a doversene occupare: ognuno di noi, semplicemente come membro attivo della società odierna, ha il dovere di farlo. La parte più chiassosa, più discussa è sicuramente quella dell’odio, ossia dello hate speech, veicolato massicciamente, ma non esclusivamente, tramite i social network. Ma nel discutere dell’odio spesso si fa poco, oltre che condannarlo in maniera più o meno plateale: molti operano una manovra che può essere definita di doppio distanziamento. In poche parole, da una parte si reputa che gli hater siano sempre gli altri, per l’esattezza altri da noi (distanziamento orizzontale); dall’altra, che le questioni siano troppo grandi, troppo complesse per essere alla propria portata, e che siano appannaggio di big player come multinazionali, governi, legulei ecc. (distanziamento verticale); con il risultato finale che alla fine ci si lamenta della situazione, senza però fare niente di più concreto, tanto “non possiamo farci nulla” (cfr. Vera Gheno, Bruno Mastroianni, 2018, Retorica del complotto o istinto umano?, in Benedetta Baldi [a cura di], Complotti e raggiri. Verità, non verità, verità nascoste, Roma, Viella, pp. 163-180, in particolare pp. 178-179). Ritengo che sia necessario cambiare prospettiva: da una parte rendendosi conto che, in determinate circostanze, ognuno di noi può, coscientemente o meno, trasformarsi in un odiatore patentato; dall’altra che, per quanto siano necessari cambiamenti e decisioni a livello macro, possiamo, anzi, dobbiamo fare molto anche nel microcosmo dei nostri intorni comunicativi. Dobbiamo attivarci tutti, quindi, non uno di meno (giusto per riecheggiare un famoso monito di Tullio De Mauro e delle Dieci tesi per un’educazione linguistica democratica da lui promulgate).I documenti in FLORE sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.