Dopo venticinque anni passati a osservare gli effetti (diretti e collaterali) dei mezzi di comunicazione di massa sull’opinione pubblica, non è la prima volta che assisto alla tempesta di informazioni connessa a un evento funesto e sconvolgente. Alcuni, su Facebook, hanno stilato una lista semiseria, nella quale compaiono le varie grandi guerre che hanno scosso il mondo (Iran-Iraq, Golfo, ex Jugoslavia), di volta in volta viste come i prodromi della terza Guerra Mondiale, nonché le diverse epidemie (AIDS, mucca pazza, Ebola, aviaria, suina, ecc.), ognuna delle quali avrebbe, secondo alcuni, dovuto portare alla fine della civiltà umana “come la conosciamo”. Rispetto al passato, credo però di poter dire che mai prima d’ora sia stato così rilevante il ruolo giocato dalle fonti di informazione che potremmo chiamare secondarie, in particolare i social network e le piattaforme di messaggistica personale, usati spesso in maniera indebita per condividere appelli, testimonianze o informazioni inesatte, quando non completamente false. Mentre scrivo, non voglio né drammatizzare né minimizzare la situazione attuale, connessa all’espandersi delle infezioni definite COVID-19, provocate dal virus SARS-CoV-2, meglio noto come (nuovo) coronavirus: non sono né medica né virologa, per cui parlerei di una cosa a me pressoché sconosciuta. Da linguista, invece, vorrei osservare come la narrazione mediatica, o meglio, il framing di ciò che sta accadendo (come analizzato dal linguista Federico Faloppa in un suo post, offrendomi lo spunto per questa riflessione), abbia contribuito alla sua percezione e ricezione.

Coronavirus, una parola infetta / Vera Gheno. - ELETTRONICO. - (2020).

Coronavirus, una parola infetta

Vera Gheno
2020

Abstract

Dopo venticinque anni passati a osservare gli effetti (diretti e collaterali) dei mezzi di comunicazione di massa sull’opinione pubblica, non è la prima volta che assisto alla tempesta di informazioni connessa a un evento funesto e sconvolgente. Alcuni, su Facebook, hanno stilato una lista semiseria, nella quale compaiono le varie grandi guerre che hanno scosso il mondo (Iran-Iraq, Golfo, ex Jugoslavia), di volta in volta viste come i prodromi della terza Guerra Mondiale, nonché le diverse epidemie (AIDS, mucca pazza, Ebola, aviaria, suina, ecc.), ognuna delle quali avrebbe, secondo alcuni, dovuto portare alla fine della civiltà umana “come la conosciamo”. Rispetto al passato, credo però di poter dire che mai prima d’ora sia stato così rilevante il ruolo giocato dalle fonti di informazione che potremmo chiamare secondarie, in particolare i social network e le piattaforme di messaggistica personale, usati spesso in maniera indebita per condividere appelli, testimonianze o informazioni inesatte, quando non completamente false. Mentre scrivo, non voglio né drammatizzare né minimizzare la situazione attuale, connessa all’espandersi delle infezioni definite COVID-19, provocate dal virus SARS-CoV-2, meglio noto come (nuovo) coronavirus: non sono né medica né virologa, per cui parlerei di una cosa a me pressoché sconosciuta. Da linguista, invece, vorrei osservare come la narrazione mediatica, o meglio, il framing di ciò che sta accadendo (come analizzato dal linguista Federico Faloppa in un suo post, offrendomi lo spunto per questa riflessione), abbia contribuito alla sua percezione e ricezione.
2020
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