È possibile scrivere una guida della Nuova Zelanda senza esserci mai stati? La Nuova Zelanda di cui voglio parlare è la vita online, soprattutto quella sui social, della quale molti parlano senza sperimentarla direttamente; lo stesso ragionamento vale sovente per il mondo della scuola. Se mettiamo insieme questi due argomenti, una situazione ricorrente oggi è che chi ragiona e legifera di scuola o di tecnologia (e di scuola e tecnologia insieme) lo fa senza conoscere direttamente né l’una né l’altra, o al limite conoscendola poco. E magari lo fa anche molto bene; tuttavia, a mio avviso, c’è una differenza tra scrivere una guida della Nuova Zelanda essendoci stati e scriverla consultando fonti indirette. Da questo punto di vista, ho un grande privilegio: assieme a Bruno Mastroianni, abbiamo passato parte degli ultimi tre anni a girare per l’Italia incontrando prevalentemente genitori, docenti e studenti di scuole di ogni ordine e grado con lo scopo di far conoscere la nostra proposta per vivere “felici e connessi” . L’idea di una ricetta per ricercare la serenità online non si è mai voluta porre in aperta contrapposizione alla visione tecnoapocalittica promulgata da molti titoli di libri, conferenze e cicli formativi che contengono parole come nemico, gabbia, prigionieri, dittatura, cancellare, abisso, minaccia, ingenuità, lato oscuro, sconnessi, divario, menzogne, solitudine, soli, stupidi, demenza (esempi veri: ho compulsato l’ampia bibliografia fornita a uno degli innumerevoli corsi di formazione ai quali ho preso parte). Piuttosto che tecnoentusiasta a ogni costo, preferisco essere considerata una tecnorealista che ha il desiderio di affiancare alla visione preoccupata della rete anche qualcosa di diverso, di generativo invece che semplicemente difensivo. Ritengo, infatti, che il progresso non possa venire ignorato e che posizioni neoluddiste non risolvano il problema di come gestirlo e gestirci, perché in molti sensi le tecnologie della connessione assecondano inclinazioni naturali degli esseri umani. Volgendo, inoltre, lo sguardo specificamente alle giovani generazioni, va preso in considerazione un ulteriore aspetto: i ragazzi di adesso sono spesso figli unici, e vivono in contesti in cui frequentare gli amici non è semplice, perché non sempre esistono spazi comuni “liberi” per incontrarsi e intessere relazioni extrascolastiche; in altre parole, che i giovani si “rifugino” su WhatsApp o su Instagram non è poi così strano, vista l’attuale struttura della società in cui viviamo.

Felici e connessi (per un’alfabetizzazione digitale nelle scuole) / Vera Gheno. - In: MICROMEGA. - ISSN 0394-7378. - STAMPA. - (2019), pp. 99-111.

Felici e connessi (per un’alfabetizzazione digitale nelle scuole)

Vera Gheno
2019

Abstract

È possibile scrivere una guida della Nuova Zelanda senza esserci mai stati? La Nuova Zelanda di cui voglio parlare è la vita online, soprattutto quella sui social, della quale molti parlano senza sperimentarla direttamente; lo stesso ragionamento vale sovente per il mondo della scuola. Se mettiamo insieme questi due argomenti, una situazione ricorrente oggi è che chi ragiona e legifera di scuola o di tecnologia (e di scuola e tecnologia insieme) lo fa senza conoscere direttamente né l’una né l’altra, o al limite conoscendola poco. E magari lo fa anche molto bene; tuttavia, a mio avviso, c’è una differenza tra scrivere una guida della Nuova Zelanda essendoci stati e scriverla consultando fonti indirette. Da questo punto di vista, ho un grande privilegio: assieme a Bruno Mastroianni, abbiamo passato parte degli ultimi tre anni a girare per l’Italia incontrando prevalentemente genitori, docenti e studenti di scuole di ogni ordine e grado con lo scopo di far conoscere la nostra proposta per vivere “felici e connessi” . L’idea di una ricetta per ricercare la serenità online non si è mai voluta porre in aperta contrapposizione alla visione tecnoapocalittica promulgata da molti titoli di libri, conferenze e cicli formativi che contengono parole come nemico, gabbia, prigionieri, dittatura, cancellare, abisso, minaccia, ingenuità, lato oscuro, sconnessi, divario, menzogne, solitudine, soli, stupidi, demenza (esempi veri: ho compulsato l’ampia bibliografia fornita a uno degli innumerevoli corsi di formazione ai quali ho preso parte). Piuttosto che tecnoentusiasta a ogni costo, preferisco essere considerata una tecnorealista che ha il desiderio di affiancare alla visione preoccupata della rete anche qualcosa di diverso, di generativo invece che semplicemente difensivo. Ritengo, infatti, che il progresso non possa venire ignorato e che posizioni neoluddiste non risolvano il problema di come gestirlo e gestirci, perché in molti sensi le tecnologie della connessione assecondano inclinazioni naturali degli esseri umani. Volgendo, inoltre, lo sguardo specificamente alle giovani generazioni, va preso in considerazione un ulteriore aspetto: i ragazzi di adesso sono spesso figli unici, e vivono in contesti in cui frequentare gli amici non è semplice, perché non sempre esistono spazi comuni “liberi” per incontrarsi e intessere relazioni extrascolastiche; in altre parole, che i giovani si “rifugino” su WhatsApp o su Instagram non è poi così strano, vista l’attuale struttura della società in cui viviamo.
2019
99
111
Vera Gheno
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in FLORE sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificatore per citare o creare un link a questa risorsa: https://hdl.handle.net/2158/1258360
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact