La questione dei nomi professionali, o meglio, dei nomina agentis declinati al femminile (ministra, avvocata, redattrice), è oggetto di accesi dibattiti. Privilegerò, in questa sede, l’aspetto linguistico, riservando alle questioni sociali, culturali e politiche, che in questo particolare caso non sono affatto secondarie, un secondo intervento. Parto con due premesse per contestualizzare l’argomento. La prima è di tipo ‘geografico’: il dibattito su un linguaggio rispettoso nei confronti delle questioni di genere, molto più ampio dei soli femminili professionali, non è un’esclusiva italiana, ma è in corso a livello internazionale. Osservando le varie lingue in ambito europeo, possiamo identificare tre tipologie linguistiche: le lingue prive di genere grammaticale (genderless languages): né i sostantivi né i pronomi hanno maschile, femminile o neutro. Sono per esempio così l’ungherese e il finnico; le lingue con genere naturale (natural gender languages): i sostantivi non hanno genere grammaticale, ma i pronomi sì. Così sono il danese o l’inglese; le lingue con genere grammaticale (grammatical gender languages): ogni sostantivo è maschile o femminile (oppure, in alcune lingue, anche neutro), come pure i pronomi. Sono così il francese, il tedesco, lo spagnolo e ovviamente l’italiano.
Ministra, portiera, architetta: le ricadute sociali, politiche e culturali dei nomi professionali femminili (prima parte) / Vera Gheno. - ELETTRONICO. - (2020).
Ministra, portiera, architetta: le ricadute sociali, politiche e culturali dei nomi professionali femminili (prima parte)
Vera Gheno
2020
Abstract
La questione dei nomi professionali, o meglio, dei nomina agentis declinati al femminile (ministra, avvocata, redattrice), è oggetto di accesi dibattiti. Privilegerò, in questa sede, l’aspetto linguistico, riservando alle questioni sociali, culturali e politiche, che in questo particolare caso non sono affatto secondarie, un secondo intervento. Parto con due premesse per contestualizzare l’argomento. La prima è di tipo ‘geografico’: il dibattito su un linguaggio rispettoso nei confronti delle questioni di genere, molto più ampio dei soli femminili professionali, non è un’esclusiva italiana, ma è in corso a livello internazionale. Osservando le varie lingue in ambito europeo, possiamo identificare tre tipologie linguistiche: le lingue prive di genere grammaticale (genderless languages): né i sostantivi né i pronomi hanno maschile, femminile o neutro. Sono per esempio così l’ungherese e il finnico; le lingue con genere naturale (natural gender languages): i sostantivi non hanno genere grammaticale, ma i pronomi sì. Così sono il danese o l’inglese; le lingue con genere grammaticale (grammatical gender languages): ogni sostantivo è maschile o femminile (oppure, in alcune lingue, anche neutro), come pure i pronomi. Sono così il francese, il tedesco, lo spagnolo e ovviamente l’italiano.I documenti in FLORE sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.