Da bambina ascoltavo moltissima musica classica, ma non del tutto mea sponte: ai miei genitori, in particolare a mio padre, è sempre piaciuta, per cui non era affatto insolito che casa nostra fosse pervasa dalle note di questo o quel compositore (io sono migrata precocemente su altri lidi musicali, decisamente poco beethoveniani). Fra tutti, il preferito di mio padre è sempre stato Beethoven; di conseguenza era uno di quelli che sentivo più spesso. Il 16 dicembre 2020 si celebrano i 250 anni dalla sua nascita (avvenuta nel 1770). Cosa c’è di meglio, quindi, del ricordarlo con un glossario a lui dedicato? Lo sanno tutti, credo: Ludwig Van Beethoven, nato a Bonn, fu un talènto (dal latino ecclesiastico talĕntu(m) ‘moneta’, nel senso di ‘dono dato da Dio’, av. 1249) precoce, e già a undici anni era noto per la bravura con cui suonava il pianoforte. Considerato un gènio (dal latino gĕniu(m), dapprima nome di una divinità generatrice, dal verbo gĭgnere ‘nascere’, di origine indeuropea, poi ‘divinità tutelare di ogni persona’, da cui i significati di ‘inclinazione naturale’ e ‘ingegno’, 1327) come musicista, direttore e come compositore, continuò a lavorare per tutta la sua vita nonostante la perdita dell’udito in giovane età (aveva solo trent’anni quando iniziò a soffrire di ipoacusìa (composto di ipo– e di un derivato del greco ákousis ‘udito’, dal v. akóuein ‘sentire’, 1935). talento La produzione di Beethoven è sterminata. Sicuramente è molto noto per le sinfonìe (dal greco symphōnía ‘concerto’, comp. di sýn ‘insieme’ e un derivato di phōnḗ ‘voce’, 1321), “composizione orchestrale, di solito in quattro movimenti”. Orchèstra, in questo caso sinfonica, deriva dal latino orchēstra(m), dal greco orchḗstra ‘spazio per le evoluzioni del coro’, da orchêisthai ‘danzare’ e indica, in questo senso, il “complesso di strumenti e strumentisti necessari all’esecuzione di una composizione musicale, diverso a seconda delle epoche, degli stili e dei generi”. minuetto Non manca, tra le opere del compositore, il minuétto (dal francese menuet, diminutivo di menu ‘minuto, piccolo’, per la brevità dei passi di questa danza, 1709), “danza popolare francese in ritmo ternario, divenuta nel XVI sec. danza di corte e di qui introdotta in forma stilizzata a costituire uno dei movimenti nella suite, nella sonata, nella sinfonia e nel quartetto”, sia come composizione a sé stante sia come parte di sinfonie. Così come, nelle sinfonie, troviamo parti scritte per la dànza (dal francese danser, di etimologia incerta, 1250 circa) o per l’òpera lìrica (la prima dal latino ŏpera(m), propriamente plurale di ŏpus, genitivo ŏperis ‘opera’, di origine indeuropea, av. 1257, la seconda dal latino ly̆rica(m), dal greco lyrikós ‘appartenente alla lira (lýra)’, 1374)“composizione e rappresentazione teatrale il cui testo può essere interamente cantato o in parte parlato, con accompagnamento orchestrale”. danza Oltre a queste, alcune composizioni di Beethoven sono classificate come cànoni (dal latino cănone(m), dal gr. kanṓn ‘fusto, bastone dritto e lungo’, poi ‘regola, norma’, da kánna ‘canna’, av. 1334) “forma polifonica in cui l’intera linea melodica e ritmica viene ripetuta da due o più voci oltre la voce principale”, altre come serenàte (da sereno, av. 1484) “composizione vocale e strumentale, a volte in parecchi tempi”. Abbiamo poi le àrie (dal latino āera, accusativo di āēr, āĕris, dal gr. aḗr, di etimologia incerta, 1224 ca.) “nel melodramma e in tutti i generi vocali dal XVII al XIX sec., pezzo per voce e orchestra di struttura prima strofica, poi in 3 sezioni, quindi in 2 parti o libera”; tra le opere per piano, troviamo le sonàte (1410) “anticamente, composizione strumentale in opposizione a quella vocale; dalla fine del XVII secolo, composizione per uno o due, raramente tre, strumenti, in tre o quattro tempi, in contrasto tematico e ritmico fra loro ma collegati dalla tonalità” e le variazióni (lat. variatiōne(m), da variātus ‘variato’, 1282) “modificazione melodica, armonica, timbrica, espressiva cui è sottoposto un tema, anche di altro autore”; le bagatèlle o bagattèlle (forse da gabbatella, da gabbare, 1476), “breve composizione musicale di struttura formale semplice” (ma anche “cosa frivola, senza troppa importanza”), i rondò (dal francese rondeau, in origine ‘ballo in tondo’, dal latino parlato *retundĕllu(m), diminutivo di rotŭndus ‘rotondo’, 1803) “composizione vocale del Medioevo francese, più tardi anche strumentale, caratterizzata dalla ricorrenza di un episodio a mo’ di ritornello, composizione strumentale a struttura circolare che alterna un episodio fisso con altri in tonalità diverse, spesso usato come movimento finale in sinfonie, sonate, quartetti” e i klavierstücke, ossia “pezzi per pianoforte”, in tedesco. serenata Ma non basta: Beethoven ha anche composto oratòri (1698), “composizione musicale drammatica ma senza azione scenica, per chiesa e anche per teatri” e mésse (dalle parole con cui terminava il rito: ite, missa est ‘andate, (l’eucaristia) è stata inviata (agli assenti)’. Mĭssa è il participio passato femminile di mĭttere ‘mandare’, av. 1292) “composizione vocale e strumentale sul testo di parti della Messa”. E come se non bastasse, nella produzione ricchissima di Beethoven solo elencati anche duétti, trìi, quartétti e quintétti per àrchi (cioè “strumenti a corda che si suonano con l’arco [violino, viola, violoncello, contrabbasso]”, dal latino ărcu(m), di etimologia incerta, 1235); finiscono la rassegna composizioni di mùsica da càmera “repertorio di composizioni destinato a un solista o a un numero limitato di esecutori, fino alla piccola orchestra”, schérzi (da scherzare, dal longobardo skërzôn, 1319) “composizione vocale da 3 a 6 voci, introdotta nel sec. XVII e derivata dalla canzonetta rinascimentale, modellata su ritmi di danza; composizione per pianoforte, diffusa dal secolo XIX; movimento di una sinfonia, di una sonata o di una composizione cameristica, caratterizzato da un ritmo ternario rapido” e lieder (tedesco, da una lontana base indeur. leut-, originariamente ‘canto di lode’, 1874) “poesia per musica e canzone di lingua e cultura tedesca, semplice e melodica, particolarmente coltivata nell’Ottocento come principale forma vocale da camera e più raramente operistica o solo strumentale”. Anche solo guardare le moltissime parole che definiscono le varie composizioni musicali di Ludwig Van Beethoven serve per darci una vaga idea dell’abbondanza della sua produzione. E forse, in questa moltitudine, il componimento più noto del nostro genio musicale è il quarto movimento della IX Sinfonia, l’Ìnno alla gioia (vc. dotta, lat. hy̆mnu(m), dal gr. hýmnos, di etim. discussa: da Hymḗn ‘Imene, dio del matrimonio’, in onore del quale si cantava, av. 1294), musicato sulle parole di Friedrich Schiller. Questo brano musicale cantato è così tanto conosciuto – e amato – perché nel 1972, con un adattamento finale a cura di Herbert Von Karajan, è diventato l’inno europeo. E allora buon compleanno, caro Ludwig, ed ecco, per chi legge, un verso dell’Inno, tradotto da Elisabetta Fava: “Abbracciatevi, moltitudini! Questo bacio al mondo intero”.

Una composizione di parole per raccontare Beethoven / Vera Gheno. - ELETTRONICO. - (2020).

Una composizione di parole per raccontare Beethoven

Vera Gheno
2020

Abstract

Da bambina ascoltavo moltissima musica classica, ma non del tutto mea sponte: ai miei genitori, in particolare a mio padre, è sempre piaciuta, per cui non era affatto insolito che casa nostra fosse pervasa dalle note di questo o quel compositore (io sono migrata precocemente su altri lidi musicali, decisamente poco beethoveniani). Fra tutti, il preferito di mio padre è sempre stato Beethoven; di conseguenza era uno di quelli che sentivo più spesso. Il 16 dicembre 2020 si celebrano i 250 anni dalla sua nascita (avvenuta nel 1770). Cosa c’è di meglio, quindi, del ricordarlo con un glossario a lui dedicato? Lo sanno tutti, credo: Ludwig Van Beethoven, nato a Bonn, fu un talènto (dal latino ecclesiastico talĕntu(m) ‘moneta’, nel senso di ‘dono dato da Dio’, av. 1249) precoce, e già a undici anni era noto per la bravura con cui suonava il pianoforte. Considerato un gènio (dal latino gĕniu(m), dapprima nome di una divinità generatrice, dal verbo gĭgnere ‘nascere’, di origine indeuropea, poi ‘divinità tutelare di ogni persona’, da cui i significati di ‘inclinazione naturale’ e ‘ingegno’, 1327) come musicista, direttore e come compositore, continuò a lavorare per tutta la sua vita nonostante la perdita dell’udito in giovane età (aveva solo trent’anni quando iniziò a soffrire di ipoacusìa (composto di ipo– e di un derivato del greco ákousis ‘udito’, dal v. akóuein ‘sentire’, 1935). talento La produzione di Beethoven è sterminata. Sicuramente è molto noto per le sinfonìe (dal greco symphōnía ‘concerto’, comp. di sýn ‘insieme’ e un derivato di phōnḗ ‘voce’, 1321), “composizione orchestrale, di solito in quattro movimenti”. Orchèstra, in questo caso sinfonica, deriva dal latino orchēstra(m), dal greco orchḗstra ‘spazio per le evoluzioni del coro’, da orchêisthai ‘danzare’ e indica, in questo senso, il “complesso di strumenti e strumentisti necessari all’esecuzione di una composizione musicale, diverso a seconda delle epoche, degli stili e dei generi”. minuetto Non manca, tra le opere del compositore, il minuétto (dal francese menuet, diminutivo di menu ‘minuto, piccolo’, per la brevità dei passi di questa danza, 1709), “danza popolare francese in ritmo ternario, divenuta nel XVI sec. danza di corte e di qui introdotta in forma stilizzata a costituire uno dei movimenti nella suite, nella sonata, nella sinfonia e nel quartetto”, sia come composizione a sé stante sia come parte di sinfonie. Così come, nelle sinfonie, troviamo parti scritte per la dànza (dal francese danser, di etimologia incerta, 1250 circa) o per l’òpera lìrica (la prima dal latino ŏpera(m), propriamente plurale di ŏpus, genitivo ŏperis ‘opera’, di origine indeuropea, av. 1257, la seconda dal latino ly̆rica(m), dal greco lyrikós ‘appartenente alla lira (lýra)’, 1374)“composizione e rappresentazione teatrale il cui testo può essere interamente cantato o in parte parlato, con accompagnamento orchestrale”. danza Oltre a queste, alcune composizioni di Beethoven sono classificate come cànoni (dal latino cănone(m), dal gr. kanṓn ‘fusto, bastone dritto e lungo’, poi ‘regola, norma’, da kánna ‘canna’, av. 1334) “forma polifonica in cui l’intera linea melodica e ritmica viene ripetuta da due o più voci oltre la voce principale”, altre come serenàte (da sereno, av. 1484) “composizione vocale e strumentale, a volte in parecchi tempi”. Abbiamo poi le àrie (dal latino āera, accusativo di āēr, āĕris, dal gr. aḗr, di etimologia incerta, 1224 ca.) “nel melodramma e in tutti i generi vocali dal XVII al XIX sec., pezzo per voce e orchestra di struttura prima strofica, poi in 3 sezioni, quindi in 2 parti o libera”; tra le opere per piano, troviamo le sonàte (1410) “anticamente, composizione strumentale in opposizione a quella vocale; dalla fine del XVII secolo, composizione per uno o due, raramente tre, strumenti, in tre o quattro tempi, in contrasto tematico e ritmico fra loro ma collegati dalla tonalità” e le variazióni (lat. variatiōne(m), da variātus ‘variato’, 1282) “modificazione melodica, armonica, timbrica, espressiva cui è sottoposto un tema, anche di altro autore”; le bagatèlle o bagattèlle (forse da gabbatella, da gabbare, 1476), “breve composizione musicale di struttura formale semplice” (ma anche “cosa frivola, senza troppa importanza”), i rondò (dal francese rondeau, in origine ‘ballo in tondo’, dal latino parlato *retundĕllu(m), diminutivo di rotŭndus ‘rotondo’, 1803) “composizione vocale del Medioevo francese, più tardi anche strumentale, caratterizzata dalla ricorrenza di un episodio a mo’ di ritornello, composizione strumentale a struttura circolare che alterna un episodio fisso con altri in tonalità diverse, spesso usato come movimento finale in sinfonie, sonate, quartetti” e i klavierstücke, ossia “pezzi per pianoforte”, in tedesco. serenata Ma non basta: Beethoven ha anche composto oratòri (1698), “composizione musicale drammatica ma senza azione scenica, per chiesa e anche per teatri” e mésse (dalle parole con cui terminava il rito: ite, missa est ‘andate, (l’eucaristia) è stata inviata (agli assenti)’. Mĭssa è il participio passato femminile di mĭttere ‘mandare’, av. 1292) “composizione vocale e strumentale sul testo di parti della Messa”. E come se non bastasse, nella produzione ricchissima di Beethoven solo elencati anche duétti, trìi, quartétti e quintétti per àrchi (cioè “strumenti a corda che si suonano con l’arco [violino, viola, violoncello, contrabbasso]”, dal latino ărcu(m), di etimologia incerta, 1235); finiscono la rassegna composizioni di mùsica da càmera “repertorio di composizioni destinato a un solista o a un numero limitato di esecutori, fino alla piccola orchestra”, schérzi (da scherzare, dal longobardo skërzôn, 1319) “composizione vocale da 3 a 6 voci, introdotta nel sec. XVII e derivata dalla canzonetta rinascimentale, modellata su ritmi di danza; composizione per pianoforte, diffusa dal secolo XIX; movimento di una sinfonia, di una sonata o di una composizione cameristica, caratterizzato da un ritmo ternario rapido” e lieder (tedesco, da una lontana base indeur. leut-, originariamente ‘canto di lode’, 1874) “poesia per musica e canzone di lingua e cultura tedesca, semplice e melodica, particolarmente coltivata nell’Ottocento come principale forma vocale da camera e più raramente operistica o solo strumentale”. Anche solo guardare le moltissime parole che definiscono le varie composizioni musicali di Ludwig Van Beethoven serve per darci una vaga idea dell’abbondanza della sua produzione. E forse, in questa moltitudine, il componimento più noto del nostro genio musicale è il quarto movimento della IX Sinfonia, l’Ìnno alla gioia (vc. dotta, lat. hy̆mnu(m), dal gr. hýmnos, di etim. discussa: da Hymḗn ‘Imene, dio del matrimonio’, in onore del quale si cantava, av. 1294), musicato sulle parole di Friedrich Schiller. Questo brano musicale cantato è così tanto conosciuto – e amato – perché nel 1972, con un adattamento finale a cura di Herbert Von Karajan, è diventato l’inno europeo. E allora buon compleanno, caro Ludwig, ed ecco, per chi legge, un verso dell’Inno, tradotto da Elisabetta Fava: “Abbracciatevi, moltitudini! Questo bacio al mondo intero”.
2020
Vera Gheno
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Utilizza questo identificatore per citare o creare un link a questa risorsa: https://hdl.handle.net/2158/1258686
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