Sabato 7 novembre 2020, ore 19 circa: finalmente le principali testate americane e del mondo dichiarano il vincitore della corsa alla Casa Bianca. Joseph Robinette Biden Junior, meglio noto come Joe, è stato eletto 46° presidente degli Stati Uniti d’America. Mi sembra che le operazioni di conteggio dei voti alle elezioni americane, quest’anno, siano durate quanto una partita di pallavolo tra due squadre ugualmente capaci ai tempi in cui si facevano i cambi palla, e a volte un set tendeva all’infinito. Almeno, nel frattempo avevamo appurato che il cantante Kanye West, con i 60.000 voti ricevuti, è parte dei 1.214 candidati sicuramente non eletti. A proposito: candidàto deriva dal latino candidātu(m) ‘vestito di bianco’, da căndidus ‘bianco’ perché, nell’antica Roma, chi poneva la propria candidatura a una carica pubblica indossava una toga, per l’appunto, candida. Tornando agli States, personalmente non avevo idea che ci fossero così tanti altri aspiranti al ruolo di presidente degli Stati Uniti, essendo l’attenzione quasi completamente riservata, sin dai caucus, ai candidati principali dei due schieramenti repubblicano e democratico. Ecco, caucus è un termine interessante perché sembra latino, ma non lo è. Gli anglofoni lo pronunciano /ˈkɔːkəs/; nell’ordinamento USA indica una “riunione politica ristretta nel corso della quale i rappresentanti di un partito scelgono i loro candidati a una carica pubblica”, e le sue origini si perdono nell’incertezza. Risale all’inglese americano, la prima occorrenza è del 1763, e i dizionari etimologici azzardano due ipotesi: che derivi o dal termine caucauasu “consigliere, anziano, consigliere” dell’algonchino (lingua dell’omonima popolazione nativa americana) o da un “Caucus Club” attivo a Boston in quegli anni: un ritrovo sociale e politico il cui nome probabilmente derivava dal greco moderno kaukos “bicchiere”. Caucus Dai caucus in poi, abbiamo assistito a un confrónto (da confrontare, dal francese confronter, dal latino medievale confrontare, da frōns, genitivo frŏntis ‘fronte’, sec. XIV) più o meno diretto e più o meno leale tra i due sfidànti (da dis-fidare, contrario di confidare, av. 1250), che più di una volta si è configurato come vero e proprio duèllo (dal latino medievale duĕllu(m), che si rifà al latino arcaico duĕllu(m), parallelo di bĕllum ‘guerra’, inteso come ‘combattimento fra due (dŭo)’, av. 1328); in questo caso, più che nel senso di “combattimento che si svolge secondo determinate regole tra due contendenti con armi uguali per risolvere controversie specialmente d’onore”, il termine è usato nel significato figurato di “contesa, contrasto, lotta, gara accanita”, che per fortuna è rimasta sul piano del duello oratorio o del duello diplomatico. E se i contendènti (dal latino contendĕnte(m), participio presente di contĕndere ‘contendere’, 1559) fossero stati tre, per esempio con una inattesa rimonta di Kanye? Ennio Morricone, nel film di Sergio Leone “Il buono, il brutto, il cattivo”, aveva dato a una composizione il titolo di triello proprio intendendo una “contesa a tre”. Ecco quindi dibàttiti, discussióni e dispute più o meno accese tra Trump e Biden; e per fortuna che lo Zingarelli ci ricorda, con una scheda di sfumature, che i tre termini non vogliono dire esattamente la stessa cosa: “Dibattito è un confronto pubblico di opinioni fra due o più persone su temi di interesse collettivo (politici, sociali, artistici, ecc.). Discussione è invece un confronto verbale su un qualsiasi argomento, che avviene in un contesto non ufficiale e che ha interesse soprattutto per chi vi è coinvolto. Disputa è parola più elevata rispetto a dibattito ed è riservata a confronti tra specialisti su temi filosofici, scientifici o comunque di alta cultura”. Mi è parsa lunghissima, questa campàgna elettorale. Qui campagna è usato nel senso di “complesso di iniziative di varia natura, prolungate nel tempo, intese al raggiungimento di un particolare scopo”; e il termine deriva dal latino tardo campānia(m), da cămpus ‘campo’, 1266. E la campagna è stata fatta, come sempre, di comìzi (dal latino comĭtiu(m), composto di cŭm ‘insieme’ e īre ‘andare’, av. 1292), “riunione pubblica, tenuta spec. all’aperto, durante la quale uno o più oratori espongono i programmi del proprio partito, sindacato e simili”, seppure limitati – probabilmente non abbastanza – dalla pandemia, e di sondàggi preelettorali (dal francese sondage, da sonde ‘sonda’, 1859), “indagine, inchiesta, compiuta per conoscere qualcosa, saggiare eventuali reazioni e simili”. comizio Il sistema di voto americano è, del resto, estremamente peculiare. Intanto, è possibile votare anticipatamente, varie settimane prima dell’election day (“giorno delle elezioni”). Alcuni Stati richiedono una giustificazione per accedere all’early voting (“voto anticipato”, appunto), altri no, ma c’è un aspetto che accomuna tutti: per votare è necessario registrarsi (e la registrazione è su base volontaria). È per questo che così tante star, nei mesi scorsi, hanno incitato i propri fan a registrarsi per il voto: questo passo è essenziale per poter esercitare il diritto di voto negli USA. Un’altra peculiarità del sistema americano è che il voto anticipato può essere comunicato di persona, ma anche inviato per posta: e quest’anno, notavano gli analisti, le persone che hanno scelto di votare per posta sono state notevolmente più del solito a causa della pandemia; soprattutto i democratici hanno caldeggiato questa formula per evitare contagi. Le difficoltà nel conteggio sono quindi derivate anche dai tempi di consegna dei voti inviati per posta: se fa fede il timbro postale (come in Italia per molti documenti inviati per raccomandata), è chiaro che occorre aspettare che tutti i plichi arrivino a destinazione e possano così essere conteggiati. Gli exit poll, cioè gli “scrutini all’uscita” (da exit ‘uscita’ e poll ‘sondaggio’), sondaggi “per la previsione dell’esito di una votazione, effettuati domandando alle persone che lasciano un seggio elettorale come hanno votato”, si sono anche stavolta rilevati imprecisi; esiste evidentemente una percentuale di elettori che per vari motivi mente sulla preferenza espressa poco prima al sèggio elettoràle (da seggere, variante ant. di sedere, sec. XIII, “luogo nel quale si svolgono le operazioni di voto, di spoglio delle schede e di calcolo dei risultati per una elezione”) infilando, più o meno simbolicamente, la scheda nell’ùrna (dal latino ŭrna(m), della stessa famiglia di ŭrceus ‘orcio’, 1340, “cassetta dotata di un’apertura nella parte superiore, che accoglie le schede delle votazioni oppure i biglietti, i bossoli o le palline di un sorteggio, una lotteria e simili”); dico “simbolicamente” perché diversi Stati americani hanno il voto elettronico. Questo comportamento da parte dei votanti non può, quindi, che falsare le proiezióni (dal latino proiectiōne(m), da proiĕctus, participio passato di proĭcere ‘gettare avanti’, av. 1537), facendo impazzire i sondaggìsti! Poll, polling Comunque, a quasi una settimana dal giorno delle elezioni, pare sia arrivata la certezza che Trump non farà un secondo mandato: il tycoon, stando alle ultime notizie, dovrà lasciare la Casa Bianca. E proprio sull’etimologia avventurosa di quest’ultima parola vorrei chiudere il mio glossario. Il termine deriva dal giapponese taikun, “grande signore o principe”, titolo che i fiancheggiatori dello shogun del Giappone usavano riferendosi a lui con gli stranieri, tentando con questo termine di suggerire che questi fosse anche più importante dell’imperatore. Il termine deriva dal cinese tai “grande” e kiun “signore”. Il significato di “persona importante” è attestato in inglese dal 1861; in particolare, lo usa John Hay, il segretario del presidente Abraham Lincoln, nel suo diario, in riferimento al proprio capo. Passa al significato più specifico di “uomo d’affari ricco e potente” successivamente alla Prima guerra mondiale. Una parola che davvero ha fatto il giro di mezzo mondo! Non mi resta che augurare buon lavoro al presidente neoeletto, Joe Biden, e alla sua vicepresidente, Kamala Harris, che ha già fatto storia: è infatti la prima donna a ricoprire questa importante carica.

Presidenziali USA 2020: il racconto del duello più atteso / Vera Gheno. - ELETTRONICO. - (2020).

Presidenziali USA 2020: il racconto del duello più atteso

Vera Gheno
2020

Abstract

Sabato 7 novembre 2020, ore 19 circa: finalmente le principali testate americane e del mondo dichiarano il vincitore della corsa alla Casa Bianca. Joseph Robinette Biden Junior, meglio noto come Joe, è stato eletto 46° presidente degli Stati Uniti d’America. Mi sembra che le operazioni di conteggio dei voti alle elezioni americane, quest’anno, siano durate quanto una partita di pallavolo tra due squadre ugualmente capaci ai tempi in cui si facevano i cambi palla, e a volte un set tendeva all’infinito. Almeno, nel frattempo avevamo appurato che il cantante Kanye West, con i 60.000 voti ricevuti, è parte dei 1.214 candidati sicuramente non eletti. A proposito: candidàto deriva dal latino candidātu(m) ‘vestito di bianco’, da căndidus ‘bianco’ perché, nell’antica Roma, chi poneva la propria candidatura a una carica pubblica indossava una toga, per l’appunto, candida. Tornando agli States, personalmente non avevo idea che ci fossero così tanti altri aspiranti al ruolo di presidente degli Stati Uniti, essendo l’attenzione quasi completamente riservata, sin dai caucus, ai candidati principali dei due schieramenti repubblicano e democratico. Ecco, caucus è un termine interessante perché sembra latino, ma non lo è. Gli anglofoni lo pronunciano /ˈkɔːkəs/; nell’ordinamento USA indica una “riunione politica ristretta nel corso della quale i rappresentanti di un partito scelgono i loro candidati a una carica pubblica”, e le sue origini si perdono nell’incertezza. Risale all’inglese americano, la prima occorrenza è del 1763, e i dizionari etimologici azzardano due ipotesi: che derivi o dal termine caucauasu “consigliere, anziano, consigliere” dell’algonchino (lingua dell’omonima popolazione nativa americana) o da un “Caucus Club” attivo a Boston in quegli anni: un ritrovo sociale e politico il cui nome probabilmente derivava dal greco moderno kaukos “bicchiere”. Caucus Dai caucus in poi, abbiamo assistito a un confrónto (da confrontare, dal francese confronter, dal latino medievale confrontare, da frōns, genitivo frŏntis ‘fronte’, sec. XIV) più o meno diretto e più o meno leale tra i due sfidànti (da dis-fidare, contrario di confidare, av. 1250), che più di una volta si è configurato come vero e proprio duèllo (dal latino medievale duĕllu(m), che si rifà al latino arcaico duĕllu(m), parallelo di bĕllum ‘guerra’, inteso come ‘combattimento fra due (dŭo)’, av. 1328); in questo caso, più che nel senso di “combattimento che si svolge secondo determinate regole tra due contendenti con armi uguali per risolvere controversie specialmente d’onore”, il termine è usato nel significato figurato di “contesa, contrasto, lotta, gara accanita”, che per fortuna è rimasta sul piano del duello oratorio o del duello diplomatico. E se i contendènti (dal latino contendĕnte(m), participio presente di contĕndere ‘contendere’, 1559) fossero stati tre, per esempio con una inattesa rimonta di Kanye? Ennio Morricone, nel film di Sergio Leone “Il buono, il brutto, il cattivo”, aveva dato a una composizione il titolo di triello proprio intendendo una “contesa a tre”. Ecco quindi dibàttiti, discussióni e dispute più o meno accese tra Trump e Biden; e per fortuna che lo Zingarelli ci ricorda, con una scheda di sfumature, che i tre termini non vogliono dire esattamente la stessa cosa: “Dibattito è un confronto pubblico di opinioni fra due o più persone su temi di interesse collettivo (politici, sociali, artistici, ecc.). Discussione è invece un confronto verbale su un qualsiasi argomento, che avviene in un contesto non ufficiale e che ha interesse soprattutto per chi vi è coinvolto. Disputa è parola più elevata rispetto a dibattito ed è riservata a confronti tra specialisti su temi filosofici, scientifici o comunque di alta cultura”. Mi è parsa lunghissima, questa campàgna elettorale. Qui campagna è usato nel senso di “complesso di iniziative di varia natura, prolungate nel tempo, intese al raggiungimento di un particolare scopo”; e il termine deriva dal latino tardo campānia(m), da cămpus ‘campo’, 1266. E la campagna è stata fatta, come sempre, di comìzi (dal latino comĭtiu(m), composto di cŭm ‘insieme’ e īre ‘andare’, av. 1292), “riunione pubblica, tenuta spec. all’aperto, durante la quale uno o più oratori espongono i programmi del proprio partito, sindacato e simili”, seppure limitati – probabilmente non abbastanza – dalla pandemia, e di sondàggi preelettorali (dal francese sondage, da sonde ‘sonda’, 1859), “indagine, inchiesta, compiuta per conoscere qualcosa, saggiare eventuali reazioni e simili”. comizio Il sistema di voto americano è, del resto, estremamente peculiare. Intanto, è possibile votare anticipatamente, varie settimane prima dell’election day (“giorno delle elezioni”). Alcuni Stati richiedono una giustificazione per accedere all’early voting (“voto anticipato”, appunto), altri no, ma c’è un aspetto che accomuna tutti: per votare è necessario registrarsi (e la registrazione è su base volontaria). È per questo che così tante star, nei mesi scorsi, hanno incitato i propri fan a registrarsi per il voto: questo passo è essenziale per poter esercitare il diritto di voto negli USA. Un’altra peculiarità del sistema americano è che il voto anticipato può essere comunicato di persona, ma anche inviato per posta: e quest’anno, notavano gli analisti, le persone che hanno scelto di votare per posta sono state notevolmente più del solito a causa della pandemia; soprattutto i democratici hanno caldeggiato questa formula per evitare contagi. Le difficoltà nel conteggio sono quindi derivate anche dai tempi di consegna dei voti inviati per posta: se fa fede il timbro postale (come in Italia per molti documenti inviati per raccomandata), è chiaro che occorre aspettare che tutti i plichi arrivino a destinazione e possano così essere conteggiati. Gli exit poll, cioè gli “scrutini all’uscita” (da exit ‘uscita’ e poll ‘sondaggio’), sondaggi “per la previsione dell’esito di una votazione, effettuati domandando alle persone che lasciano un seggio elettorale come hanno votato”, si sono anche stavolta rilevati imprecisi; esiste evidentemente una percentuale di elettori che per vari motivi mente sulla preferenza espressa poco prima al sèggio elettoràle (da seggere, variante ant. di sedere, sec. XIII, “luogo nel quale si svolgono le operazioni di voto, di spoglio delle schede e di calcolo dei risultati per una elezione”) infilando, più o meno simbolicamente, la scheda nell’ùrna (dal latino ŭrna(m), della stessa famiglia di ŭrceus ‘orcio’, 1340, “cassetta dotata di un’apertura nella parte superiore, che accoglie le schede delle votazioni oppure i biglietti, i bossoli o le palline di un sorteggio, una lotteria e simili”); dico “simbolicamente” perché diversi Stati americani hanno il voto elettronico. Questo comportamento da parte dei votanti non può, quindi, che falsare le proiezióni (dal latino proiectiōne(m), da proiĕctus, participio passato di proĭcere ‘gettare avanti’, av. 1537), facendo impazzire i sondaggìsti! Poll, polling Comunque, a quasi una settimana dal giorno delle elezioni, pare sia arrivata la certezza che Trump non farà un secondo mandato: il tycoon, stando alle ultime notizie, dovrà lasciare la Casa Bianca. E proprio sull’etimologia avventurosa di quest’ultima parola vorrei chiudere il mio glossario. Il termine deriva dal giapponese taikun, “grande signore o principe”, titolo che i fiancheggiatori dello shogun del Giappone usavano riferendosi a lui con gli stranieri, tentando con questo termine di suggerire che questi fosse anche più importante dell’imperatore. Il termine deriva dal cinese tai “grande” e kiun “signore”. Il significato di “persona importante” è attestato in inglese dal 1861; in particolare, lo usa John Hay, il segretario del presidente Abraham Lincoln, nel suo diario, in riferimento al proprio capo. Passa al significato più specifico di “uomo d’affari ricco e potente” successivamente alla Prima guerra mondiale. Una parola che davvero ha fatto il giro di mezzo mondo! Non mi resta che augurare buon lavoro al presidente neoeletto, Joe Biden, e alla sua vicepresidente, Kamala Harris, che ha già fatto storia: è infatti la prima donna a ricoprire questa importante carica.
2020
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Utilizza questo identificatore per citare o creare un link a questa risorsa: https://hdl.handle.net/2158/1258689
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