Avvertenza: proprio come Jon Snow in Trono di Spade, non so nulla, o so pochissimo, dell’argomento di questo Glossario. Devo ammettere che, distratta come sono (o in altre faccende affaccendata, potrei dire), le questioni di (macro)economia mi sono poco note. Per questo, l’esplorazione un po’ salterellante che propongo oggi nasce prima di tutto dall’esigenza personale di… capirci qualcosa di più, almeno a livello di lessico. Partiamo, dunque, da una delle espressioni-principe degli ultimi mesi: recovery fund. Letteralmente significa “fondo di recupero” o “fondo per la ripresa”. Intanto, dato che ormai è invalsa nell’uso l’espressione inglese, ricordiamoci di pronunciarla bene: all’incirca, grossolanamente, /ricòveri fànd/, non */fàund/, come dicono molti, che invece corrisponde al participio passato di to find, “trovare”, scritto found. Si tratta di un fondo monetario garantito dal bilancio dell’Unione Europea che andrebbe impiegato, tra l’altro, per emettere obbligazioni da investire nella ripresa economica. Una sovvenzióne (dal latino tardo subventiōne(m) “soccorso”, da subvĕntus, participio passato di subvenīre “sovvenire”, av. 1348), un sussìdio, un finanziamento economico per aiutare i paesi dell’Unione a superare questo momento critico da numerosi punti di vista. Il fondo, chiamato Next Generation EU (che a me, da appassionata di fantascienza quale sono, non può che richiamare alla mente una delle serie di Star Trek, quella chiamata appunto The Next Generation), verrà impiegato dai vari stati membri tramite un Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (PNRR). Resiliènza, a tale proposito, è un termine ultimamente molto discusso. Dal latino resĭliens, genitivo resiliĕntis, participio presente di resilīre “saltare indietro, rimbalzare”, 1855, viene originariamente impiegato nell’ambito della fisica, dove indica la “capacità di un materiale di resistere ad urti improvvisi senza spezzarsi o, per estensione, di resistere a sollecitazioni che ne minano l’equilibrio”. È poi passato all’ambito psicologico, nel quale si usa per indicare “idoneità di una persona ad affrontare le avversità e a superarle”. In generale, ed è questo il senso con il quale è usato in questo caso, è la “capacità di un soggetto o di un sistema di resistere a sollecitazioni che ne minano l’equilibrio”. Resilienza è diventata una parola-tormentone al punto da essere oggi invisa ai più: poverina, a me continua a piacere, anche se spesso mi trovo a discutere con persone che non ne tollerano l’uso al di fuori dell’ambito della fisica. L’idea di Next Generation EU, insomma, è di riportare equilibrio nella situazione economica dei vari paesi dell’UE, di aiutarli a superare le avversità; anche perché, ricordiamolo, l’Italia è stata tra le nazioni più duramente colpite dalla pandemia. Tra le linee guida del nostro Governo troviamo, quindi, una misura come l’introduzione di un salario minimo legale, in modo da garantire a tutti i lavoratori un reddito dignitoso. Salàrio ha un’etimologia interessante, non a caso è uno dei termini inseriti nel progetto #CiboPerLaMente, vòlto proprio a far conoscere l’etimologia (particolarmente rivelatoria) di una serie di parole: dal latino salāriu(m), dapprima “razione di sale corrisposta a militari e impiegati pubblici”, poi “indennità per comprarsi il sale”, da sāl, genitivo sălis “sale”, 1279, significa “retribuzione del lavoro dipendente degli operai, pagata dal datore di lavoro sulla base delle ore o della quantità di lavoro prestata, regolata per lo più da contratti collettivi di lavoro” o, più genericamente, la retribuzione di un qualsiasi dipendente. salario Rèddito, invece, viene dal latino rĕdditu(m), participio passato di rĕddere “rendere”, ed è l’“entrata netta, espressa in moneta, che un individuo o un ente realizza in un dato intervallo di tempo tramite l’impiego di capitali, l’esercizio di un’attività economica o professionale, la prestazione di un servizio”. reddito Di primo acchito, potrebbe sembrare una misura di importanza relativa, ma bisogna considerare che i redditi dei consumatori influiscono sul mercàto (dal latino mercātu(m), da mercāri “mercare” cioè trafficare, mercanteggiare, 1211), cioè sul movimento delle contrattazioni; in altre parole, se le persone non hanno denaro da spendere, ossia liquidità, (dal latino liquiditāte(m), da lĭquidus “liquido”, av. 1320), “possibilità di far fronte prontamente agli impegni economici scadenti a breve termine”, il mercato, ovviamente, ne risente. mercato Chiaramente, il progetto non si chiamerebbe Next Generation EU se, oltre a misure di più o meno immediato di contenimento dei danni, non avesse anche una prospettiva generativa per il futuro. Il recovery fund prevede una rivoluzione graduale, una transizióne (dal latino transitiōne(m), da trānsitus, participio passato di transīre, 1529), ossia il “passaggio tra due condizioni, due epoche, due modi di vita, due situazioni”. Le parole chiave di questo futuro che potremmo dire “rivoluzionato con gradualità” sono due: Green New Deal: letteralmente “nuovo patto verde”, che punta a una “rivoluzione sostenibile” per far sì che i paesi UE raggiungano la neutralità delle emissioni inquinanti entro il 2050. Trasformazione digitale: un’altra delle direttrici del progetto riguarda l’integrazione delle tecnologie digitali in tutti gli aspetti del lavoro. I mesi del lockdown hanno sicuramente sottolineato l’importanza di questo aspetto delle nostre vite lavorative. La transizione ambientale comporta, chiaramente, macrocambiamenti in ambito industriale; comprende, tra le varie cose, una transizione ecologica che, nelle parole di Giraud Gaël, economista e autore di un libro intitolato proprio “Transizione ecologica”, dovrebbe portare a “una società di beni comuni in cui il credito sia considerato mezzo e non fine per realizzare riforme a vantaggio di tutti e benefiche per l’ambiente: rinnovamento termico degli edifici, cambi di prassi nella mobilità, tasse più alte per chi inquina”. Tale transizione dovrebbe andare nella direzione di una economìa circolàre, in cui si supera lo schema del prendere-fabbricare-smaltire (che ricorda, ai nostalgici musicali come me, “Produci consuma crepa”, famoso verso del brano “Morire” dei CCCP, dall’album “Fedeli alla linea”, 1986) per arrivare a un minor prelievo di risorse, a una presa in carico e una minimizzazione della produzione di rifiuti e di inquinamento, al mantenimento di prodotti e materiali in uso e alla rigenerazione dei sistemi naturali. Produrre meno, insomma, allungando la vita delle “cose”, generando di conseguenza meno rifiuti. È rimasta in sospeso la parola economìa: deriva dal latino oeconŏmia(m), dal greco oikonomía, da oikonómos “economo”, a sua volta da ôikos “casa” e -nómos, che sta in rapporto col verbo némein “ripartire, distribuire” (1530). Anche se a qualcuno potrebbe sembrare controintuitivo, non c’è transizione ambientale senza trasformazione digitale: abbiamo bisogno di investire sulla digitalizzazione del paese, in modo, solo per fare un esempio, da rendere sostenibili le attività economiche fuori dalle città. Digitalizzazióne deriva, ovviamente, da digitàle, che nel senso di “relativo al calcolo con elementi numerali” deriva dall’inglese digital, collegato a digit “cifra, unità numerica”, a sua volta dal latino dĭgitus “dito (che serve per numerare)”, 1961. Insomma, poteva inizialmente apparire strano che ecologia e innovazióne fossero collegati, e invece questa è la prospettiva del prossimo futuro: almeno negli intenti, dovremmo diventare contemporaneamente più tecnologici e più ecologici, cercando, in qualche modo, di rendere più lieve per la nostra Terra l’Antropocène, il nome che gli scienziati P. J. Crutzen (1933-) e E. F. Stoermer (1934-2012) hanno dato all’epoca attuale, caratterizzata da profonde modifiche dell’ambiente naturale a opera di noi esseri umani.

Next Generation EU: da quali parole partire per la ripresa economica? / Vera Gheno. - ELETTRONICO. - (2020).

Next Generation EU: da quali parole partire per la ripresa economica?

Vera Gheno
2020

Abstract

Avvertenza: proprio come Jon Snow in Trono di Spade, non so nulla, o so pochissimo, dell’argomento di questo Glossario. Devo ammettere che, distratta come sono (o in altre faccende affaccendata, potrei dire), le questioni di (macro)economia mi sono poco note. Per questo, l’esplorazione un po’ salterellante che propongo oggi nasce prima di tutto dall’esigenza personale di… capirci qualcosa di più, almeno a livello di lessico. Partiamo, dunque, da una delle espressioni-principe degli ultimi mesi: recovery fund. Letteralmente significa “fondo di recupero” o “fondo per la ripresa”. Intanto, dato che ormai è invalsa nell’uso l’espressione inglese, ricordiamoci di pronunciarla bene: all’incirca, grossolanamente, /ricòveri fànd/, non */fàund/, come dicono molti, che invece corrisponde al participio passato di to find, “trovare”, scritto found. Si tratta di un fondo monetario garantito dal bilancio dell’Unione Europea che andrebbe impiegato, tra l’altro, per emettere obbligazioni da investire nella ripresa economica. Una sovvenzióne (dal latino tardo subventiōne(m) “soccorso”, da subvĕntus, participio passato di subvenīre “sovvenire”, av. 1348), un sussìdio, un finanziamento economico per aiutare i paesi dell’Unione a superare questo momento critico da numerosi punti di vista. Il fondo, chiamato Next Generation EU (che a me, da appassionata di fantascienza quale sono, non può che richiamare alla mente una delle serie di Star Trek, quella chiamata appunto The Next Generation), verrà impiegato dai vari stati membri tramite un Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (PNRR). Resiliènza, a tale proposito, è un termine ultimamente molto discusso. Dal latino resĭliens, genitivo resiliĕntis, participio presente di resilīre “saltare indietro, rimbalzare”, 1855, viene originariamente impiegato nell’ambito della fisica, dove indica la “capacità di un materiale di resistere ad urti improvvisi senza spezzarsi o, per estensione, di resistere a sollecitazioni che ne minano l’equilibrio”. È poi passato all’ambito psicologico, nel quale si usa per indicare “idoneità di una persona ad affrontare le avversità e a superarle”. In generale, ed è questo il senso con il quale è usato in questo caso, è la “capacità di un soggetto o di un sistema di resistere a sollecitazioni che ne minano l’equilibrio”. Resilienza è diventata una parola-tormentone al punto da essere oggi invisa ai più: poverina, a me continua a piacere, anche se spesso mi trovo a discutere con persone che non ne tollerano l’uso al di fuori dell’ambito della fisica. L’idea di Next Generation EU, insomma, è di riportare equilibrio nella situazione economica dei vari paesi dell’UE, di aiutarli a superare le avversità; anche perché, ricordiamolo, l’Italia è stata tra le nazioni più duramente colpite dalla pandemia. Tra le linee guida del nostro Governo troviamo, quindi, una misura come l’introduzione di un salario minimo legale, in modo da garantire a tutti i lavoratori un reddito dignitoso. Salàrio ha un’etimologia interessante, non a caso è uno dei termini inseriti nel progetto #CiboPerLaMente, vòlto proprio a far conoscere l’etimologia (particolarmente rivelatoria) di una serie di parole: dal latino salāriu(m), dapprima “razione di sale corrisposta a militari e impiegati pubblici”, poi “indennità per comprarsi il sale”, da sāl, genitivo sălis “sale”, 1279, significa “retribuzione del lavoro dipendente degli operai, pagata dal datore di lavoro sulla base delle ore o della quantità di lavoro prestata, regolata per lo più da contratti collettivi di lavoro” o, più genericamente, la retribuzione di un qualsiasi dipendente. salario Rèddito, invece, viene dal latino rĕdditu(m), participio passato di rĕddere “rendere”, ed è l’“entrata netta, espressa in moneta, che un individuo o un ente realizza in un dato intervallo di tempo tramite l’impiego di capitali, l’esercizio di un’attività economica o professionale, la prestazione di un servizio”. reddito Di primo acchito, potrebbe sembrare una misura di importanza relativa, ma bisogna considerare che i redditi dei consumatori influiscono sul mercàto (dal latino mercātu(m), da mercāri “mercare” cioè trafficare, mercanteggiare, 1211), cioè sul movimento delle contrattazioni; in altre parole, se le persone non hanno denaro da spendere, ossia liquidità, (dal latino liquiditāte(m), da lĭquidus “liquido”, av. 1320), “possibilità di far fronte prontamente agli impegni economici scadenti a breve termine”, il mercato, ovviamente, ne risente. mercato Chiaramente, il progetto non si chiamerebbe Next Generation EU se, oltre a misure di più o meno immediato di contenimento dei danni, non avesse anche una prospettiva generativa per il futuro. Il recovery fund prevede una rivoluzione graduale, una transizióne (dal latino transitiōne(m), da trānsitus, participio passato di transīre, 1529), ossia il “passaggio tra due condizioni, due epoche, due modi di vita, due situazioni”. Le parole chiave di questo futuro che potremmo dire “rivoluzionato con gradualità” sono due: Green New Deal: letteralmente “nuovo patto verde”, che punta a una “rivoluzione sostenibile” per far sì che i paesi UE raggiungano la neutralità delle emissioni inquinanti entro il 2050. Trasformazione digitale: un’altra delle direttrici del progetto riguarda l’integrazione delle tecnologie digitali in tutti gli aspetti del lavoro. I mesi del lockdown hanno sicuramente sottolineato l’importanza di questo aspetto delle nostre vite lavorative. La transizione ambientale comporta, chiaramente, macrocambiamenti in ambito industriale; comprende, tra le varie cose, una transizione ecologica che, nelle parole di Giraud Gaël, economista e autore di un libro intitolato proprio “Transizione ecologica”, dovrebbe portare a “una società di beni comuni in cui il credito sia considerato mezzo e non fine per realizzare riforme a vantaggio di tutti e benefiche per l’ambiente: rinnovamento termico degli edifici, cambi di prassi nella mobilità, tasse più alte per chi inquina”. Tale transizione dovrebbe andare nella direzione di una economìa circolàre, in cui si supera lo schema del prendere-fabbricare-smaltire (che ricorda, ai nostalgici musicali come me, “Produci consuma crepa”, famoso verso del brano “Morire” dei CCCP, dall’album “Fedeli alla linea”, 1986) per arrivare a un minor prelievo di risorse, a una presa in carico e una minimizzazione della produzione di rifiuti e di inquinamento, al mantenimento di prodotti e materiali in uso e alla rigenerazione dei sistemi naturali. Produrre meno, insomma, allungando la vita delle “cose”, generando di conseguenza meno rifiuti. È rimasta in sospeso la parola economìa: deriva dal latino oeconŏmia(m), dal greco oikonomía, da oikonómos “economo”, a sua volta da ôikos “casa” e -nómos, che sta in rapporto col verbo némein “ripartire, distribuire” (1530). Anche se a qualcuno potrebbe sembrare controintuitivo, non c’è transizione ambientale senza trasformazione digitale: abbiamo bisogno di investire sulla digitalizzazione del paese, in modo, solo per fare un esempio, da rendere sostenibili le attività economiche fuori dalle città. Digitalizzazióne deriva, ovviamente, da digitàle, che nel senso di “relativo al calcolo con elementi numerali” deriva dall’inglese digital, collegato a digit “cifra, unità numerica”, a sua volta dal latino dĭgitus “dito (che serve per numerare)”, 1961. Insomma, poteva inizialmente apparire strano che ecologia e innovazióne fossero collegati, e invece questa è la prospettiva del prossimo futuro: almeno negli intenti, dovremmo diventare contemporaneamente più tecnologici e più ecologici, cercando, in qualche modo, di rendere più lieve per la nostra Terra l’Antropocène, il nome che gli scienziati P. J. Crutzen (1933-) e E. F. Stoermer (1934-2012) hanno dato all’epoca attuale, caratterizzata da profonde modifiche dell’ambiente naturale a opera di noi esseri umani.
2020
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Utilizza questo identificatore per citare o creare un link a questa risorsa: https://hdl.handle.net/2158/1258691
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