Ogni volta che mi trovo a Roma e passo davanti alla fontana di Trevi rivedo Anita Ekberg, l’indimenticabile “Anitona”, così soprannominata per la sua avvenenza fisica, entrare voluttuosa nell’acqua chiamando Mastroianni: “Marcello, come here!”. È la famosissima scena del film di Federico Fellini “La dolce vita” (1960). Uno dopo l’altro i capolavori del Maestro, di cui abbiamo festeggiato pochi giorni fa – il 20 gennaio – il centenario della nascita, sono entrati nel mito del cinema, divenendo dei veri e propri cult, cioè oggetti di culto. La loro importanza per la cultura italiana è testimoniata dai termini che sono nel nostro dizionario e che devono la loro origine proprio alle pellicole del notissimo cineasta. Per trovare tali lemmi è possibile usare una delle versioni digitali dello Zingarelli 2020 e impostare una semplice ricerca “tutto testo”, in modo che questa venga effettuata non solo tra i lemmi, ma nell’intero testo della voce, usando proprio “Fellini” come parola chiave. Otteniamo, così, la lista delle parole che devono la genesi direttamente a Fellini e alle sue opere, assieme alle voci nelle quali si fa riferimento al regista magari negli esempi. Ma concentriamoci, per adesso, sui “fellinismi” veri e propri, in ordine alfabetico. Amarcòrd: voce del dialetto romagnolo, propriamente ‘io mi ricordo’, dal titolo omonimo del film del 1973 Fellini. Si usa nel senso di “ricordo, rievocazione nostalgica di fatti, situazioni, luoghi appartenenti al passato” e passa a nome comune nel 1974. Oggi si impiega in frasi come La serata è stata un vero e proprio amarcord degli anni del liceo. 2019_07_13_lemma_amarcord Dolcevìta o dolce vita: composto di dolce e vita, indica un “maglione a collo alto e aderente” e deriva dal film di Fellini La dolce vita (1959) in cui, secondo il dizionario, “il protagonista talora lo indossava”. In realtà, Marcello Rubini, il personaggio interpretato da Mastroianni, nella pellicola non veste mai tale capo; lo indossa invece due volte il personaggio del dandy gay Pierone (interpretato da Giò Stajano), “onde, evidentemente l’indumento è parso tipico degli eccentrici vip della dolce vita romana” (riporto da Fabio Rossi, Uno sguardo sul caos. Analisi linguistica della Dolce vita con la trascrizione integrale dei dialoghi, Firenze, Le Lettere, 2010, pp. 19-20. Ringrazio il collega linguista e amico Marco Gargiulo per avermi fornito la citazione puntuale). In ogni caso, la prima attestazione del termine usato con questo significato è del 1983; si trova, peraltro, solo nella nostra lingua: in altri idiomi, quel modello di maglioncino non viene mai definito 2019_02_08_parola_di_dolcevita Felliniàno (1960): ovviamente, qui abbiamo a che fare con un termine che deriva da Federico Fellini in persona. A parte che per indicare i film di Fellini, si usa in senso esteso per qualcosa che “ricorda l’atmosfera onirica, le situazioni o i personaggi grotteschi o caricaturali dei film di Fellini” e si usa quindi in espressioni come una vicenda felliniana; una donna opulenta, dalla bellezza felliniana. 2020_01_20_lemma_fellini Paparàzzo (1960): dal cognome di un fotografo nel film La dolce vita, indica “fotoreporter, specialmente di eventi di risonanza mondana, pubblicitaria e simili”. Si tratta di un’antonomàsia, che indica un nome proprio passato a nome comune (come Cicerone o Perpetua, tanto per intenderci). 2017_02_22_paroladi_paparazzo Vitellóne: il termine, datato 1879, nasce per indicare “bovino adulto di età compresa fra i 12 e i 18 mesi, ingrassato per il macello”, nonché la sua carne; a partire da un altro classico di Fellini, “I vitelloni” (1953), il termine passa a indicare figurativamente un “giovane di provincia che trascorre il tempo oziando o in modo vacuo e frivolo”. In anni recenti, l’ho sentito impiegare anche genericamente per “giovane nullafacente che vive tra le mollezze”. 2019_06_10_lemma_vitellone Questi sono i termini che devono la loro genesi direttamente a Fellini; è interessante notare, invece, che per altri lemmi sono stati scelti esempi che citano espressamente il Maestro: un ulteriore segnale della sua pervasività e rilevanza culturale. Ecco quali sono: Autoriàle o autoràle (da autore, 1985), “di autore, relativo ad autore”; come esempio si fornisce la frase l’impronta autoriale di Fellini. Poètica (voce dotta, dal latino poētica(m), dal greco poiētikḗ (téchnē) ‘arte poetica’, femminile sostantivato di poiētikós ‘poetico’), nel significato di nostra pertinenza è “insieme delle concezioni artistiche proprie di uno scrittore, un movimento, un’epoca”, in senso esteso anche in riferimento ad ambiti non letterari: la poetica di Fellini. Stìle (dal latino stĭlu(m) ‘stilo’, poi ‘modo di scrivere’, secolo XIII), oltre gli altri significati ha questo: “in pittura, in architettura, e in ogni espressione artistica in genere, insieme degli elementi e delle forme caratteristiche di un autore, una scuola, un’epoca”; lo stile di Federico Fellini. Trasferìre (voce dotta dal latino transfĕrre, composto di trāns– e fĕrre ‘portare’, secolo XIII); figurativamente, significa “trasmettere, cedere, passare ad altri o altrove”: in quel film Fellini ha trasferito la sua visione del mondo. Tràtto (1), come participio passato di trarre; figurativamente sta per “ricavato, derivato”: una scena tratta dal film di Fellini. Vìta (dal latino vīta(m), dalla stessa radice di vīvere, secolo XI); qui, tra le espressioni contenenti il termine, è citata per l’appunto la dolce vita “vita che trascorre nell’ozio e nel divertimento (ovviamente, dal nome del film di Federico Fellini La dolce vita, 1959). Autoriale, poetica, stile, trasferire, tratto, vita: a modo loro, anche questi termini, che semplicemente contengono degli esempi che si rifanno a Fellini, contribuiscono a tracciare una sorta di ritratto di questo cineasta onìrico (dal greco óneiros ‘sogno’, 1899, “relativo o simile ai sogni”) e visionàrio (dal francese visionnaire, da vision ‘visione’, 1676, “che dimostra fantasia e creatività”); ricordarlo tramite le “sue” parole è forse uno dei modi migliori di celebrarlo, dato che lui stesso, durante un’intervista rilasciata nel 1993, disse: “Avevo sempre sognato, da grande, di fare l’aggettivo. Ne sono lusingato. Cosa intendano gli americani con felliniano [in inglese è felliniesque, n.d.r.] posso immaginarlo: opulento, stravagante, onirico, bizzarro, nevrotico, fregnacciaro. Ecco, fregnacciaro è il termine giusto”.

Federico Fellini: le parole per raccontare un grande Maestro del cinema italiano / Vera Gheno. - ELETTRONICO. - (2020).

Federico Fellini: le parole per raccontare un grande Maestro del cinema italiano

Vera Gheno
2020

Abstract

Ogni volta che mi trovo a Roma e passo davanti alla fontana di Trevi rivedo Anita Ekberg, l’indimenticabile “Anitona”, così soprannominata per la sua avvenenza fisica, entrare voluttuosa nell’acqua chiamando Mastroianni: “Marcello, come here!”. È la famosissima scena del film di Federico Fellini “La dolce vita” (1960). Uno dopo l’altro i capolavori del Maestro, di cui abbiamo festeggiato pochi giorni fa – il 20 gennaio – il centenario della nascita, sono entrati nel mito del cinema, divenendo dei veri e propri cult, cioè oggetti di culto. La loro importanza per la cultura italiana è testimoniata dai termini che sono nel nostro dizionario e che devono la loro origine proprio alle pellicole del notissimo cineasta. Per trovare tali lemmi è possibile usare una delle versioni digitali dello Zingarelli 2020 e impostare una semplice ricerca “tutto testo”, in modo che questa venga effettuata non solo tra i lemmi, ma nell’intero testo della voce, usando proprio “Fellini” come parola chiave. Otteniamo, così, la lista delle parole che devono la genesi direttamente a Fellini e alle sue opere, assieme alle voci nelle quali si fa riferimento al regista magari negli esempi. Ma concentriamoci, per adesso, sui “fellinismi” veri e propri, in ordine alfabetico. Amarcòrd: voce del dialetto romagnolo, propriamente ‘io mi ricordo’, dal titolo omonimo del film del 1973 Fellini. Si usa nel senso di “ricordo, rievocazione nostalgica di fatti, situazioni, luoghi appartenenti al passato” e passa a nome comune nel 1974. Oggi si impiega in frasi come La serata è stata un vero e proprio amarcord degli anni del liceo. 2019_07_13_lemma_amarcord Dolcevìta o dolce vita: composto di dolce e vita, indica un “maglione a collo alto e aderente” e deriva dal film di Fellini La dolce vita (1959) in cui, secondo il dizionario, “il protagonista talora lo indossava”. In realtà, Marcello Rubini, il personaggio interpretato da Mastroianni, nella pellicola non veste mai tale capo; lo indossa invece due volte il personaggio del dandy gay Pierone (interpretato da Giò Stajano), “onde, evidentemente l’indumento è parso tipico degli eccentrici vip della dolce vita romana” (riporto da Fabio Rossi, Uno sguardo sul caos. Analisi linguistica della Dolce vita con la trascrizione integrale dei dialoghi, Firenze, Le Lettere, 2010, pp. 19-20. Ringrazio il collega linguista e amico Marco Gargiulo per avermi fornito la citazione puntuale). In ogni caso, la prima attestazione del termine usato con questo significato è del 1983; si trova, peraltro, solo nella nostra lingua: in altri idiomi, quel modello di maglioncino non viene mai definito 2019_02_08_parola_di_dolcevita Felliniàno (1960): ovviamente, qui abbiamo a che fare con un termine che deriva da Federico Fellini in persona. A parte che per indicare i film di Fellini, si usa in senso esteso per qualcosa che “ricorda l’atmosfera onirica, le situazioni o i personaggi grotteschi o caricaturali dei film di Fellini” e si usa quindi in espressioni come una vicenda felliniana; una donna opulenta, dalla bellezza felliniana. 2020_01_20_lemma_fellini Paparàzzo (1960): dal cognome di un fotografo nel film La dolce vita, indica “fotoreporter, specialmente di eventi di risonanza mondana, pubblicitaria e simili”. Si tratta di un’antonomàsia, che indica un nome proprio passato a nome comune (come Cicerone o Perpetua, tanto per intenderci). 2017_02_22_paroladi_paparazzo Vitellóne: il termine, datato 1879, nasce per indicare “bovino adulto di età compresa fra i 12 e i 18 mesi, ingrassato per il macello”, nonché la sua carne; a partire da un altro classico di Fellini, “I vitelloni” (1953), il termine passa a indicare figurativamente un “giovane di provincia che trascorre il tempo oziando o in modo vacuo e frivolo”. In anni recenti, l’ho sentito impiegare anche genericamente per “giovane nullafacente che vive tra le mollezze”. 2019_06_10_lemma_vitellone Questi sono i termini che devono la loro genesi direttamente a Fellini; è interessante notare, invece, che per altri lemmi sono stati scelti esempi che citano espressamente il Maestro: un ulteriore segnale della sua pervasività e rilevanza culturale. Ecco quali sono: Autoriàle o autoràle (da autore, 1985), “di autore, relativo ad autore”; come esempio si fornisce la frase l’impronta autoriale di Fellini. Poètica (voce dotta, dal latino poētica(m), dal greco poiētikḗ (téchnē) ‘arte poetica’, femminile sostantivato di poiētikós ‘poetico’), nel significato di nostra pertinenza è “insieme delle concezioni artistiche proprie di uno scrittore, un movimento, un’epoca”, in senso esteso anche in riferimento ad ambiti non letterari: la poetica di Fellini. Stìle (dal latino stĭlu(m) ‘stilo’, poi ‘modo di scrivere’, secolo XIII), oltre gli altri significati ha questo: “in pittura, in architettura, e in ogni espressione artistica in genere, insieme degli elementi e delle forme caratteristiche di un autore, una scuola, un’epoca”; lo stile di Federico Fellini. Trasferìre (voce dotta dal latino transfĕrre, composto di trāns– e fĕrre ‘portare’, secolo XIII); figurativamente, significa “trasmettere, cedere, passare ad altri o altrove”: in quel film Fellini ha trasferito la sua visione del mondo. Tràtto (1), come participio passato di trarre; figurativamente sta per “ricavato, derivato”: una scena tratta dal film di Fellini. Vìta (dal latino vīta(m), dalla stessa radice di vīvere, secolo XI); qui, tra le espressioni contenenti il termine, è citata per l’appunto la dolce vita “vita che trascorre nell’ozio e nel divertimento (ovviamente, dal nome del film di Federico Fellini La dolce vita, 1959). Autoriale, poetica, stile, trasferire, tratto, vita: a modo loro, anche questi termini, che semplicemente contengono degli esempi che si rifanno a Fellini, contribuiscono a tracciare una sorta di ritratto di questo cineasta onìrico (dal greco óneiros ‘sogno’, 1899, “relativo o simile ai sogni”) e visionàrio (dal francese visionnaire, da vision ‘visione’, 1676, “che dimostra fantasia e creatività”); ricordarlo tramite le “sue” parole è forse uno dei modi migliori di celebrarlo, dato che lui stesso, durante un’intervista rilasciata nel 1993, disse: “Avevo sempre sognato, da grande, di fare l’aggettivo. Ne sono lusingato. Cosa intendano gli americani con felliniano [in inglese è felliniesque, n.d.r.] posso immaginarlo: opulento, stravagante, onirico, bizzarro, nevrotico, fregnacciaro. Ecco, fregnacciaro è il termine giusto”.
2020
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Utilizza questo identificatore per citare o creare un link a questa risorsa: https://hdl.handle.net/2158/1258703
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