Non era sicuramente il 1977, quando vidi per la prima volta Episodio IV – Guerre Stellari: avrei avuto due anni e, per quanto precoce, sarei stata un po’ troppo giovane per andare al cinema. Tuttavia, sono quasi certa che nell’estate del 1983, o forse del 1984, alla tenera età di otto-nove anni, mi divorai i tre film capostipiti della saga di Star Wars: Guerre Stellari, appunto, seguito dai due episodi intitolati L’impero colpisce ancora e Il ritorno dello Jedi, tra l’altro con quello strano articolo lo davanti a Jedi, la cui pronuncia italianizzata è /gèdi/, laddove quella inglese è /gèdai/. Il motivo di quella scelta risale probabilmente al fatto che, quando il titolo venne tradotto, qualcuno pensò che la pronuncia del termine fosse simile a quella di Yeti, quindi /ièdi/. Se ascoltiamo con attenzione i vari film, possiamo accorgerci che nel doppiaggio stesso si oscilla tra lo e il Jedi al singolare e tra gli e i al plurale, a dimostrazione del fatto che non è stata sempre seguita una regola chiara. La trilogìa (dal greco trilogía, composto di tri- ‘tre’ e di un derivato da lógos ‘discorso’, 1728) segnò le infanzie di noi figli degli anni Settanta: penso alle parole dei titoli di testa, “viaggianti” su un piano inclinato, o ai nomi dei protagonisti, a cui noi ci abituammo in versione tradotta e adattata (Lord (o Darth) Fener per Darth Vader, Ian Solo per Han Solo, Leila Organa per Leia Organa, Ciubecca o Chewbecca per Chewbacca, i droidi D3-BO per C-3PO e C1-P8 per R2D2). Ma ricordo anche i mitici Ewok con i loro adorabili versetti e il respiro affannato dell’arcinemico Vader, senza dimenticare le due battute forse più iconiche dei tre film: “Io sono tuo padre” (su cui ritornerò) e il “Ti amo” della principessa Leia a cui l’adorabile mascalzone Solo risponde “Lo so” prima di venire imprigionato nella grafite. Non c’è parte di quei tre film che non abbia l’effetto di una madeleine proustiana su di me, a partire da Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana… A proposito di galàssia: la parola deriva dal latino tardo galăxia(m), dal greco galaxías (sottinteso kýklos) ‘(il ciclo, la Via) Lattea’, da gála, genit. gálaktos, ‘latte’, perché si credeva che la Via Lattea fosse stata originata dal latte di Giunone (1282); significa “sistema costituito da centinaia di miliardi di stelle e da materia cosmica diffusa negli spazi interstellari, isolato da altri sistemi simili, di forme diverse”. Quella in cui si svolgono le vicende di Guerre Stellari è indefinita, e non ne sappiamo nulla tranne che è far, far away, come recita l’incipit in lingua inglese. La sàga (dal tedesco Sage ‘racconto’, connesso con sagen ‘dire’, 1819) diretta originariamente da George Lucas ha di sicuro fan incalliti (a proposito, lo sapevate che il termine deriva dall’inglese fanatic?), che forse proprio per la loro passione hanno mal sopportato l’arrivo nei cinema dei tre film del prequel (voce inglese, da (se)quel con sostituzione della prima sillaba con pre-, 1991, “film con gli stessi personaggi di un film precedente, del quale costituisce l’antefatto”), ossia Episodio I – La minaccia fantasma (1999), Episodio II – L’attacco dei cloni (2002) ed Episodio III – La vendetta dei Sith (2005). Secondo gli entusiasti della trilogia originaria, questi tre film, pur beneficiando di effetti speciali molto più avanzati, non sono riusciti a ricreare la magia degli episodi di vent’anni prima: non convincono i sith, i cattivi con maschere demoniache nere e rosse, non convincono i due protagonisti, Anakin Skywalker e Padme Amidala, anche se i costumi di quest’ultima sono di sicuro mozzafiato; ma soprattutto, non convince nessuno, né pubblico né critica, la “spalla comica” Jar Jar Binks, pupazzone gommoso dall’accento fastidiosissimo: per molti, si tratta del personaggio meno azzeccato di tutto l’universo di Guerre Stellari. 2019_05_03_lemma_saga Arriviamo, così, ai tre episodi più recenti: Episodio VII – Il risveglio della Forza (2015), Episodio VIII – Gli ultimi Jedi (2017) e, nelle sale proprio in questi giorni, Episodio IX – L’ascesa di Skywalker. Sarà per il graziosissimo dròide (all’inglese droid, da (an)droid ‘androide’, 1977) sferico BB-8 o per il fascino dei due personaggi centrali alla storia, Kylo Ren e Rey, volutamente senza cognome, ma i tre film hanno catalizzato nuovamente l’attenzione dei fan più sfegatati, che hanno atteso con ansia l’uscita dell’ultimo episodio sul grande schermo. Veniamo a qualche accenno sui concetti chiave che legano, con un vero e proprio filo rosso, i nove episodi dell’epopea stellare. Intanto, al centro della vicenda abbiamo il concetto di Fòrza (dal latino tardo fŏrtia, neutro plurale di fŏrtis ‘forte’, 1250). 2017_05_25_lemma_forza Nell’ottobre 2019, l’Oxford English Dictionary ha aggiunto un’accezione al termine force, per l’esattezza proprio quella riferita all’universo di Guerre Stellari: «In the fictional universe of the Star Wars films: a mystical universal energy field which certain individuals, such as the Jedi, can harness to gain special powers or abilities. Also in extended use, and in allusions to dialogue from the Star Wars films, esp. may the Force be with you (used to wish someone good luck, courage, etc.)». Ovvero: «Nell’universo immaginario dei film di Star Wars: un mistico campo di energia universale che alcuni individui, come i Jedi, possono sfruttare per ottenere poteri o abilità speciali. Usata anche in senso generico e in allusioni a dialoghi dai film di Star Wars, soprattutto che la Forza sia con te (usato per augurare a qualcuno buona fortuna, per incoraggiare, ecc.)». Non è l’unica parola che passa dai film della saga al dizionario: l’OED, nella stessa occasione, registra anche Jedi con il significato di “membro di un ordine di eroici e abili monaci guerrieri che sono in grado di sfruttare il potere mistico della Forza”, usato anche per riferirsi in modo scherzoso a una persona che ha grandi capacità o addirittura poteri soprannaturali; lightsabre/lightsaber cioè spada laser, “un’arma simile a una spada, ma con un raggio di luce distruttivo al posto della lama”; Padawan, “apprendista Jedi”, impiegato anche genericamente per riferirsi a una persona giovane, ingenua o inesperta, spesso nella locuzione giovane Padawan. Lo Zingarelli, al momento, non contiene riferimenti diretti al mondo di Star Wars, e l’unico significato registrato dell’espressione guerre stellari è “nel linguaggio giornalistico, denominazione di un progetto statunitense relativo a un sistema di difesa e controllo spaziale antimissile, chiamato anche scudo stellare” (erano i tempi di Ronald Reagan, e sembrava tutto tremendamente plausibile). Troviamo qualcosa di più… galattico nel Ragazzini, che riporta lightsaber ma, soprattutto, reveal, “rivelazione”, termine che nella saga è di centrale importanza perché, come spiega il dizionario inglese-italiano-inglese: «Nel film Star Wars: Episodio 5 – L’Impero colpisce ancora il momento in cui Dart Fener dice a Luke Skywalker di essere suo padre è diventato uno dei più citati di tutta la storia del cinema. È anche l’esempio più calzante del reveal, una tecnica narrativa ben collaudata per mezzo della quale si comunica all’improvviso, al lettore o allo spettatore, un’informazione fino a quel momento tenuta nascosta; e questo per ottenere una reazione di sorpresa e possibilmente di un certo shock. Ma perché utilizzare reveal quando c’è già il termine revelation? La differenza sta nel fatto che reveal sottintende l’intenzionalità dell’occultamento dell’informazione ora rivelata e richiama alla mente la teatralità dei gesti dei prestigiatori». 2019_12_18_lemma_reveal Tornando, invece, al nostro Zingarelli, andiamo a cercare la spiegazione di alcuni altri termini rilevanti per il nostro film. Innanzitutto, ricordiamo tutti il famoso salto nell’iperspàzio: composto di iper- e spazio (1911), “nella fantascienza, dimensione immaginaria raggiungibile viaggiando a una velocità superiore a quella della luce”. Senza dubbio, tra le immagini più riconoscibili di tutta la ennealogia (parola che nello Zingarelli non compare!) di Star Wars c’è quella della plancia di comando del Millennium Falcon con le silhouette di Han Solo e Chewbacca ripresi da dietro e il momento in cui Han lancia la navicella nell’iperspazio, passaggio segnalato dal fatto che le stelle diventano delle… righe (io, sul mio vecchio computer con Windows 3.11, avevo pure il salvaschermo che riproduceva quel momento). E che dire di pàrsec? Dall’inglese parsec, composto di par(allax) ‘parallasse’ e sec(ond) ‘secondo’, 1942, è l’“unità di misura delle distanze stellari, pari a 3,26 anni luce e a 3,086·1016 m”. Se abbiamo già ricordato droide, ecco che abbiamo anche andròide, composto di andro- e -oide, termine originariamente del 1792, seppure con significato differente (in medicina indica “che presenta caratteri di tipo maschile”), mentre solo più recentemente acquisisce il significato proprio della fantascienza di “automa con aspetto e funzioni simili a quelli umani”. Infine nel prequel compare il termine clóne (dal greco klṓn ‘germoglio’, da klân ‘spezzare’,1934), che nel significato esteso indica “copia identica di un determinato prodotto”. Infine, vorrei far notare una cosa interessante: nel Glossario dedicato ai termini femminili nel calcio avevo già rilevato che lo Zingarelli registrava il femminile di centinaia di nomi professionali già nell’edizione del 1994. Tra questi, c’è il femminile di senatore, ossia senatrìce. E a dimostrazione di quanto alcune di queste forme si siano acclimatate nell’uso senza grossi traumi, negli ultimi tre episodi della saga troviamo Leia Organa citata proprio come senatrice. Se questa forma è arrivata in un prodotto pop come i film di Guerre Stellari, vuol dire che… spesso ci facciamo sin troppi problemi linguistici senza motivo!

Star Wars, una nuova saga si è chiusa: le parole per raccontare tre epoche / Vera Gheno. - ELETTRONICO. - (2020).

Star Wars, una nuova saga si è chiusa: le parole per raccontare tre epoche

Vera Gheno
2020

Abstract

Non era sicuramente il 1977, quando vidi per la prima volta Episodio IV – Guerre Stellari: avrei avuto due anni e, per quanto precoce, sarei stata un po’ troppo giovane per andare al cinema. Tuttavia, sono quasi certa che nell’estate del 1983, o forse del 1984, alla tenera età di otto-nove anni, mi divorai i tre film capostipiti della saga di Star Wars: Guerre Stellari, appunto, seguito dai due episodi intitolati L’impero colpisce ancora e Il ritorno dello Jedi, tra l’altro con quello strano articolo lo davanti a Jedi, la cui pronuncia italianizzata è /gèdi/, laddove quella inglese è /gèdai/. Il motivo di quella scelta risale probabilmente al fatto che, quando il titolo venne tradotto, qualcuno pensò che la pronuncia del termine fosse simile a quella di Yeti, quindi /ièdi/. Se ascoltiamo con attenzione i vari film, possiamo accorgerci che nel doppiaggio stesso si oscilla tra lo e il Jedi al singolare e tra gli e i al plurale, a dimostrazione del fatto che non è stata sempre seguita una regola chiara. La trilogìa (dal greco trilogía, composto di tri- ‘tre’ e di un derivato da lógos ‘discorso’, 1728) segnò le infanzie di noi figli degli anni Settanta: penso alle parole dei titoli di testa, “viaggianti” su un piano inclinato, o ai nomi dei protagonisti, a cui noi ci abituammo in versione tradotta e adattata (Lord (o Darth) Fener per Darth Vader, Ian Solo per Han Solo, Leila Organa per Leia Organa, Ciubecca o Chewbecca per Chewbacca, i droidi D3-BO per C-3PO e C1-P8 per R2D2). Ma ricordo anche i mitici Ewok con i loro adorabili versetti e il respiro affannato dell’arcinemico Vader, senza dimenticare le due battute forse più iconiche dei tre film: “Io sono tuo padre” (su cui ritornerò) e il “Ti amo” della principessa Leia a cui l’adorabile mascalzone Solo risponde “Lo so” prima di venire imprigionato nella grafite. Non c’è parte di quei tre film che non abbia l’effetto di una madeleine proustiana su di me, a partire da Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana… A proposito di galàssia: la parola deriva dal latino tardo galăxia(m), dal greco galaxías (sottinteso kýklos) ‘(il ciclo, la Via) Lattea’, da gála, genit. gálaktos, ‘latte’, perché si credeva che la Via Lattea fosse stata originata dal latte di Giunone (1282); significa “sistema costituito da centinaia di miliardi di stelle e da materia cosmica diffusa negli spazi interstellari, isolato da altri sistemi simili, di forme diverse”. Quella in cui si svolgono le vicende di Guerre Stellari è indefinita, e non ne sappiamo nulla tranne che è far, far away, come recita l’incipit in lingua inglese. La sàga (dal tedesco Sage ‘racconto’, connesso con sagen ‘dire’, 1819) diretta originariamente da George Lucas ha di sicuro fan incalliti (a proposito, lo sapevate che il termine deriva dall’inglese fanatic?), che forse proprio per la loro passione hanno mal sopportato l’arrivo nei cinema dei tre film del prequel (voce inglese, da (se)quel con sostituzione della prima sillaba con pre-, 1991, “film con gli stessi personaggi di un film precedente, del quale costituisce l’antefatto”), ossia Episodio I – La minaccia fantasma (1999), Episodio II – L’attacco dei cloni (2002) ed Episodio III – La vendetta dei Sith (2005). Secondo gli entusiasti della trilogia originaria, questi tre film, pur beneficiando di effetti speciali molto più avanzati, non sono riusciti a ricreare la magia degli episodi di vent’anni prima: non convincono i sith, i cattivi con maschere demoniache nere e rosse, non convincono i due protagonisti, Anakin Skywalker e Padme Amidala, anche se i costumi di quest’ultima sono di sicuro mozzafiato; ma soprattutto, non convince nessuno, né pubblico né critica, la “spalla comica” Jar Jar Binks, pupazzone gommoso dall’accento fastidiosissimo: per molti, si tratta del personaggio meno azzeccato di tutto l’universo di Guerre Stellari. 2019_05_03_lemma_saga Arriviamo, così, ai tre episodi più recenti: Episodio VII – Il risveglio della Forza (2015), Episodio VIII – Gli ultimi Jedi (2017) e, nelle sale proprio in questi giorni, Episodio IX – L’ascesa di Skywalker. Sarà per il graziosissimo dròide (all’inglese droid, da (an)droid ‘androide’, 1977) sferico BB-8 o per il fascino dei due personaggi centrali alla storia, Kylo Ren e Rey, volutamente senza cognome, ma i tre film hanno catalizzato nuovamente l’attenzione dei fan più sfegatati, che hanno atteso con ansia l’uscita dell’ultimo episodio sul grande schermo. Veniamo a qualche accenno sui concetti chiave che legano, con un vero e proprio filo rosso, i nove episodi dell’epopea stellare. Intanto, al centro della vicenda abbiamo il concetto di Fòrza (dal latino tardo fŏrtia, neutro plurale di fŏrtis ‘forte’, 1250). 2017_05_25_lemma_forza Nell’ottobre 2019, l’Oxford English Dictionary ha aggiunto un’accezione al termine force, per l’esattezza proprio quella riferita all’universo di Guerre Stellari: «In the fictional universe of the Star Wars films: a mystical universal energy field which certain individuals, such as the Jedi, can harness to gain special powers or abilities. Also in extended use, and in allusions to dialogue from the Star Wars films, esp. may the Force be with you (used to wish someone good luck, courage, etc.)». Ovvero: «Nell’universo immaginario dei film di Star Wars: un mistico campo di energia universale che alcuni individui, come i Jedi, possono sfruttare per ottenere poteri o abilità speciali. Usata anche in senso generico e in allusioni a dialoghi dai film di Star Wars, soprattutto che la Forza sia con te (usato per augurare a qualcuno buona fortuna, per incoraggiare, ecc.)». Non è l’unica parola che passa dai film della saga al dizionario: l’OED, nella stessa occasione, registra anche Jedi con il significato di “membro di un ordine di eroici e abili monaci guerrieri che sono in grado di sfruttare il potere mistico della Forza”, usato anche per riferirsi in modo scherzoso a una persona che ha grandi capacità o addirittura poteri soprannaturali; lightsabre/lightsaber cioè spada laser, “un’arma simile a una spada, ma con un raggio di luce distruttivo al posto della lama”; Padawan, “apprendista Jedi”, impiegato anche genericamente per riferirsi a una persona giovane, ingenua o inesperta, spesso nella locuzione giovane Padawan. Lo Zingarelli, al momento, non contiene riferimenti diretti al mondo di Star Wars, e l’unico significato registrato dell’espressione guerre stellari è “nel linguaggio giornalistico, denominazione di un progetto statunitense relativo a un sistema di difesa e controllo spaziale antimissile, chiamato anche scudo stellare” (erano i tempi di Ronald Reagan, e sembrava tutto tremendamente plausibile). Troviamo qualcosa di più… galattico nel Ragazzini, che riporta lightsaber ma, soprattutto, reveal, “rivelazione”, termine che nella saga è di centrale importanza perché, come spiega il dizionario inglese-italiano-inglese: «Nel film Star Wars: Episodio 5 – L’Impero colpisce ancora il momento in cui Dart Fener dice a Luke Skywalker di essere suo padre è diventato uno dei più citati di tutta la storia del cinema. È anche l’esempio più calzante del reveal, una tecnica narrativa ben collaudata per mezzo della quale si comunica all’improvviso, al lettore o allo spettatore, un’informazione fino a quel momento tenuta nascosta; e questo per ottenere una reazione di sorpresa e possibilmente di un certo shock. Ma perché utilizzare reveal quando c’è già il termine revelation? La differenza sta nel fatto che reveal sottintende l’intenzionalità dell’occultamento dell’informazione ora rivelata e richiama alla mente la teatralità dei gesti dei prestigiatori». 2019_12_18_lemma_reveal Tornando, invece, al nostro Zingarelli, andiamo a cercare la spiegazione di alcuni altri termini rilevanti per il nostro film. Innanzitutto, ricordiamo tutti il famoso salto nell’iperspàzio: composto di iper- e spazio (1911), “nella fantascienza, dimensione immaginaria raggiungibile viaggiando a una velocità superiore a quella della luce”. Senza dubbio, tra le immagini più riconoscibili di tutta la ennealogia (parola che nello Zingarelli non compare!) di Star Wars c’è quella della plancia di comando del Millennium Falcon con le silhouette di Han Solo e Chewbacca ripresi da dietro e il momento in cui Han lancia la navicella nell’iperspazio, passaggio segnalato dal fatto che le stelle diventano delle… righe (io, sul mio vecchio computer con Windows 3.11, avevo pure il salvaschermo che riproduceva quel momento). E che dire di pàrsec? Dall’inglese parsec, composto di par(allax) ‘parallasse’ e sec(ond) ‘secondo’, 1942, è l’“unità di misura delle distanze stellari, pari a 3,26 anni luce e a 3,086·1016 m”. Se abbiamo già ricordato droide, ecco che abbiamo anche andròide, composto di andro- e -oide, termine originariamente del 1792, seppure con significato differente (in medicina indica “che presenta caratteri di tipo maschile”), mentre solo più recentemente acquisisce il significato proprio della fantascienza di “automa con aspetto e funzioni simili a quelli umani”. Infine nel prequel compare il termine clóne (dal greco klṓn ‘germoglio’, da klân ‘spezzare’,1934), che nel significato esteso indica “copia identica di un determinato prodotto”. Infine, vorrei far notare una cosa interessante: nel Glossario dedicato ai termini femminili nel calcio avevo già rilevato che lo Zingarelli registrava il femminile di centinaia di nomi professionali già nell’edizione del 1994. Tra questi, c’è il femminile di senatore, ossia senatrìce. E a dimostrazione di quanto alcune di queste forme si siano acclimatate nell’uso senza grossi traumi, negli ultimi tre episodi della saga troviamo Leia Organa citata proprio come senatrice. Se questa forma è arrivata in un prodotto pop come i film di Guerre Stellari, vuol dire che… spesso ci facciamo sin troppi problemi linguistici senza motivo!
2020
Vera Gheno
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Utilizza questo identificatore per citare o creare un link a questa risorsa: https://hdl.handle.net/2158/1258704
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