12 ottobre 1492. Sono sempre stata una frana in Storia, e non ne vado affatto fiera, ma questa data me la ricordo sempre bene: è quella in cui Cristoforo Colombo scoprì l’America, arrivando a San Salvador, anche se lui era salpato, il 3 agosto dello stesso anno, con l’intento di arrivare nelle Indie, ossia in Asia; trovare la via per l’Oriente passando dal mare e da Occidente sarebbe stata una scoperta di enorme interesse economico, all’epoca. Colombo dunque era salpato con due caravèlle, la Niña e la Pinta, e una caràcca (dall’arabo ḥarrāqa ‘brulotto’), la Santa Maria, da Palos, in Andalusia. La parola caravella deriva dal portoghese caravela, da caravo ‘nave asiatica a vele latine’, a sua volta dal latino tardo cărabu(m): è una nave leggera e veloce, considerata adatta per affrontare un viaggio lungo e pericoloso come quello intrapreso da Colombo, grazie al timòne (dal latino parlato *timōne(m)) unico di poppa, che la rende facilmente manovrabile, e al sistema combinato di grandi vele diritte e piccole vele triangolari: le prime consentono di sfruttare la forza propulsiva del vento in mare aperto, le seconde di direzionare la nave anche in caso di vento sfavorevole. A proposito, lo sapevate che esiste un affascinante essere marino il cui nome zoologico è Physalia Physalis, detto comunemente proprio caravella portoghese per la sua forma? Scambiato spesso per una medusa, si tratta invece di un sifonòforo, una colonia galleggiante composta di vari individui definiti zooidi che vivono stabilmente aggregati. partire A parte questa digressione tra le affascinanti creature acquatiche, torniamo alla nostra America: Colombo stesso ammise di avere compreso di avere scoperto un nuovo continente solo nel 1498, quindi ben sei anni dopo essere approdato sulle sponde di questo inatteso continente, che tagliava di fatto la via marittima verso l’agognata Asia. In tempi in cui non esistevano certo i satelliti o gli aerei, l’unico modo di scoprire la conformazione del mondo era quello di esplorarlo, del resto. Prima di lui, si rese conto di essere in un “Nuovo Mondo” e non in Asia un altro navigatore italiano, Amerigo Vespucci: di lui abbiamo lettere datate 1497 nelle quali racconta con abbondanza di particolari perché il continente che andava esplorando non poteva essere l’Asia, ma qualcosa di completamente diverso. Le sue lettere, o meglio, le lettere circolate a suo nome, ebbero molta visibilità, tanto che il cartografo Martin Waldseemüller decise di usare il genere femminile (Amèrica) del suo nome latinizzato (Americus Vespucius), per nominare la “quarta parte del mondo”, come la definiva Vespucci, ossia il nuovo continente, in una carta del mondo disegnata nel 1507. Ed ecco come il continente diventa America, e non, per esempio, Colombia o Cristoforia. Ciononostante, l’idea di essere arrivati nelle Indie occidentali rimane in alcuni nomi, come quello dei nativi delle Americhe, dal Messico alla Terra del Fuoco: ìndio, al plurale ìndi o, alla spagnola, indios, dato che il termine deriva proprio dallo spagnolo. L’America ricorre in almeno tre modi di dire oggi molto usati e che fanno riferimento al “nuovo continente” come terra di ricchezza (e più tardi, come continente dove chiunque poteva fare fortuna): Scoprire l’America, ossia “vantarsi di avere scoperto qualcosa che in realtà è noto a tutti”. Trovare l’America, cioè “trovarsi all’improvviso in una situazione di grande agio economico, senza avere fatto molto per procurarselo”. Zio d’America, detto di persona molto ricca e anche molto generosa alla quale si ricorre in caso di necessità economiche. Una volta, lo zio d’America era il parente emigrato negli Stati Uniti, magari arricchitosi oltreoceano e dal quale, quindi, ci si aspettava un’eredità favolosa. Proprio per questo, spesso l’espressione è stata usata per indicare un personaggio inesistente utile per giustificare un’improvvisa agiatezza economica. Viene invece definito uòvo di Colombo un modo molto banale di risolvere un problema complesso. Il modo di dire deriva da un episodio di cui si pensa sia stato protagonista proprio Colombo, Secondo questo episodio, Colombo fu sfidato da alcuni nobiluomini che sminuivano l’eccezionalità della sua scoperta sostenendo che chiunque, con i mezzi che gli erano stati messi a disposizione, sarebbe arrivato in America. Per tutta risposta, Colombo li invitò a trovare un modo per far stare in piedi un uovo. I suoi contendenti non ci riuscirono, lui invece risolse il problema incrinando leggermente il guscio alla base dell’uovo, in modo da mantenerlo in equilibrio. I nobiluomini dovettero riconoscere che effettivamente la soluzione era semplicissima, ma che nessuno ci aveva pensato: proprio come la scelta di Colombo di navigare verso Occidente. La scoperta dell’America, per molti storici, indica, convenzionalmente, la fine del Medioevo, anche se, come abbiamo visto, la consapevolezza di avere incontrato una nuova parte di mondo arriva diversi anni dopo. Ma come aveva fatto Colombo a navigare per così tanto tempo in mare aperto (anzi, oceano), senza perdersi per strada? Come aveva fatto, senza GPS, a non smarrirsi tra le onde, direzionando il timone nella rotta corretta? Già all’epoca esistevano strumenti che permettevano di avventurarsi in mare aperto: il primo era la bùssola. Dal latino tardo buxis -ĭdis, dal greco pùxis ‘scatola di bosso’, la bussola era nota in Europa dal XII secolo e permetteva ai naviganti di orientarsi in assenza di punti di riferimento. Nel contempo, per calcolare la distanza percorsa in un certo lasso di tempo si faceva uso dell’arenàrio, che poi si sarebbe chiamato clessìdra (dal francese clepsydre, dal latino clĕpsydra(m), dal greco klepsýdra, composto del greco kléptō ‘io rubo’ e hýdōr ‘acqua’). Ancor prima di bussole e clessidre, i navigatori europei si erano avventurati in mare con il quadrànte (che serviva fondamentalmente per misurare l’altezza delle stelle sull’orizzonte, facilitando il calcolo della latitudine) e l’astrolàbio nàutico (dal latino medievale astrolabiu(m), dal greco astrolábon [sottinteso órganon], ‘strumento che prende gli astri’, composto di astḗr ‘stella’ e lambánō ‘io prendo’), poi sostituito dal sestànte (dal latino sextănte(m) ‘sesta parte dell’unità’). Dalle cosiddette Americhe abbiamo importato molti prodotti vegetali che, forse conviene ricordarlo, hanno rivoluzionato le nostre tavole: il cacào (dall’azteco cacahuatl, propriamente ‘grano di cacao’, attraverso lo spagnolo cacao, 1557), il màis (dallo spagnolo maiz, da mahiz, di origine centro-americana, 1519), chiamato in italiano anche grantùrco (turco nel senso di ‘forestiero, esotico’), la patàta (dallo spagnolo patata, composto del quechua papa ‘patata’ e dello haitiano batata ‘batata’, 1525), il peperóne (dal latino pĭper ‘pepe’, per il sapore piccante che ricorda quello del pepe, 1735) e infine il re delle nostre tavole (che, tra l’altro, molti pensano essere “aborigeno”, cioè nato in Italia), il pomodòro (da pomo d’oro, inizialmente riferito al frutto dalla buccia gialla dorata, 1544). Sarà un caso, ma quelli elencati fanno tutti parte dei miei cibi preferiti. Insomma, una vera fortuna, per i nostri palati, che Colombo abbia scoperto l’America!

La scoperta dell’America: parole che hanno superato antichi confini / Vera Gheno. - ELETTRONICO. - (2019).

La scoperta dell’America: parole che hanno superato antichi confini

Vera Gheno
2019

Abstract

12 ottobre 1492. Sono sempre stata una frana in Storia, e non ne vado affatto fiera, ma questa data me la ricordo sempre bene: è quella in cui Cristoforo Colombo scoprì l’America, arrivando a San Salvador, anche se lui era salpato, il 3 agosto dello stesso anno, con l’intento di arrivare nelle Indie, ossia in Asia; trovare la via per l’Oriente passando dal mare e da Occidente sarebbe stata una scoperta di enorme interesse economico, all’epoca. Colombo dunque era salpato con due caravèlle, la Niña e la Pinta, e una caràcca (dall’arabo ḥarrāqa ‘brulotto’), la Santa Maria, da Palos, in Andalusia. La parola caravella deriva dal portoghese caravela, da caravo ‘nave asiatica a vele latine’, a sua volta dal latino tardo cărabu(m): è una nave leggera e veloce, considerata adatta per affrontare un viaggio lungo e pericoloso come quello intrapreso da Colombo, grazie al timòne (dal latino parlato *timōne(m)) unico di poppa, che la rende facilmente manovrabile, e al sistema combinato di grandi vele diritte e piccole vele triangolari: le prime consentono di sfruttare la forza propulsiva del vento in mare aperto, le seconde di direzionare la nave anche in caso di vento sfavorevole. A proposito, lo sapevate che esiste un affascinante essere marino il cui nome zoologico è Physalia Physalis, detto comunemente proprio caravella portoghese per la sua forma? Scambiato spesso per una medusa, si tratta invece di un sifonòforo, una colonia galleggiante composta di vari individui definiti zooidi che vivono stabilmente aggregati. partire A parte questa digressione tra le affascinanti creature acquatiche, torniamo alla nostra America: Colombo stesso ammise di avere compreso di avere scoperto un nuovo continente solo nel 1498, quindi ben sei anni dopo essere approdato sulle sponde di questo inatteso continente, che tagliava di fatto la via marittima verso l’agognata Asia. In tempi in cui non esistevano certo i satelliti o gli aerei, l’unico modo di scoprire la conformazione del mondo era quello di esplorarlo, del resto. Prima di lui, si rese conto di essere in un “Nuovo Mondo” e non in Asia un altro navigatore italiano, Amerigo Vespucci: di lui abbiamo lettere datate 1497 nelle quali racconta con abbondanza di particolari perché il continente che andava esplorando non poteva essere l’Asia, ma qualcosa di completamente diverso. Le sue lettere, o meglio, le lettere circolate a suo nome, ebbero molta visibilità, tanto che il cartografo Martin Waldseemüller decise di usare il genere femminile (Amèrica) del suo nome latinizzato (Americus Vespucius), per nominare la “quarta parte del mondo”, come la definiva Vespucci, ossia il nuovo continente, in una carta del mondo disegnata nel 1507. Ed ecco come il continente diventa America, e non, per esempio, Colombia o Cristoforia. Ciononostante, l’idea di essere arrivati nelle Indie occidentali rimane in alcuni nomi, come quello dei nativi delle Americhe, dal Messico alla Terra del Fuoco: ìndio, al plurale ìndi o, alla spagnola, indios, dato che il termine deriva proprio dallo spagnolo. L’America ricorre in almeno tre modi di dire oggi molto usati e che fanno riferimento al “nuovo continente” come terra di ricchezza (e più tardi, come continente dove chiunque poteva fare fortuna): Scoprire l’America, ossia “vantarsi di avere scoperto qualcosa che in realtà è noto a tutti”. Trovare l’America, cioè “trovarsi all’improvviso in una situazione di grande agio economico, senza avere fatto molto per procurarselo”. Zio d’America, detto di persona molto ricca e anche molto generosa alla quale si ricorre in caso di necessità economiche. Una volta, lo zio d’America era il parente emigrato negli Stati Uniti, magari arricchitosi oltreoceano e dal quale, quindi, ci si aspettava un’eredità favolosa. Proprio per questo, spesso l’espressione è stata usata per indicare un personaggio inesistente utile per giustificare un’improvvisa agiatezza economica. Viene invece definito uòvo di Colombo un modo molto banale di risolvere un problema complesso. Il modo di dire deriva da un episodio di cui si pensa sia stato protagonista proprio Colombo, Secondo questo episodio, Colombo fu sfidato da alcuni nobiluomini che sminuivano l’eccezionalità della sua scoperta sostenendo che chiunque, con i mezzi che gli erano stati messi a disposizione, sarebbe arrivato in America. Per tutta risposta, Colombo li invitò a trovare un modo per far stare in piedi un uovo. I suoi contendenti non ci riuscirono, lui invece risolse il problema incrinando leggermente il guscio alla base dell’uovo, in modo da mantenerlo in equilibrio. I nobiluomini dovettero riconoscere che effettivamente la soluzione era semplicissima, ma che nessuno ci aveva pensato: proprio come la scelta di Colombo di navigare verso Occidente. La scoperta dell’America, per molti storici, indica, convenzionalmente, la fine del Medioevo, anche se, come abbiamo visto, la consapevolezza di avere incontrato una nuova parte di mondo arriva diversi anni dopo. Ma come aveva fatto Colombo a navigare per così tanto tempo in mare aperto (anzi, oceano), senza perdersi per strada? Come aveva fatto, senza GPS, a non smarrirsi tra le onde, direzionando il timone nella rotta corretta? Già all’epoca esistevano strumenti che permettevano di avventurarsi in mare aperto: il primo era la bùssola. Dal latino tardo buxis -ĭdis, dal greco pùxis ‘scatola di bosso’, la bussola era nota in Europa dal XII secolo e permetteva ai naviganti di orientarsi in assenza di punti di riferimento. Nel contempo, per calcolare la distanza percorsa in un certo lasso di tempo si faceva uso dell’arenàrio, che poi si sarebbe chiamato clessìdra (dal francese clepsydre, dal latino clĕpsydra(m), dal greco klepsýdra, composto del greco kléptō ‘io rubo’ e hýdōr ‘acqua’). Ancor prima di bussole e clessidre, i navigatori europei si erano avventurati in mare con il quadrànte (che serviva fondamentalmente per misurare l’altezza delle stelle sull’orizzonte, facilitando il calcolo della latitudine) e l’astrolàbio nàutico (dal latino medievale astrolabiu(m), dal greco astrolábon [sottinteso órganon], ‘strumento che prende gli astri’, composto di astḗr ‘stella’ e lambánō ‘io prendo’), poi sostituito dal sestànte (dal latino sextănte(m) ‘sesta parte dell’unità’). Dalle cosiddette Americhe abbiamo importato molti prodotti vegetali che, forse conviene ricordarlo, hanno rivoluzionato le nostre tavole: il cacào (dall’azteco cacahuatl, propriamente ‘grano di cacao’, attraverso lo spagnolo cacao, 1557), il màis (dallo spagnolo maiz, da mahiz, di origine centro-americana, 1519), chiamato in italiano anche grantùrco (turco nel senso di ‘forestiero, esotico’), la patàta (dallo spagnolo patata, composto del quechua papa ‘patata’ e dello haitiano batata ‘batata’, 1525), il peperóne (dal latino pĭper ‘pepe’, per il sapore piccante che ricorda quello del pepe, 1735) e infine il re delle nostre tavole (che, tra l’altro, molti pensano essere “aborigeno”, cioè nato in Italia), il pomodòro (da pomo d’oro, inizialmente riferito al frutto dalla buccia gialla dorata, 1544). Sarà un caso, ma quelli elencati fanno tutti parte dei miei cibi preferiti. Insomma, una vera fortuna, per i nostri palati, che Colombo abbia scoperto l’America!
2019
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Utilizza questo identificatore per citare o creare un link a questa risorsa: https://hdl.handle.net/2158/1258706
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