«Cara, ti parlo dalla Luna! Vieni, vieni! Selene-ene ah, com’è bello stare qua, Selene-ene ah, con un salto arrivo là, Selene-ene ah, è un mistero e non si sa, ma il peso sulla luna è la metà della metà». Credo che a tutti venga in mente un libro, un’immagine, una canzone, quando si nomina la Lùna. Dal latino lūna(m) (da una radice *luc– ‘splendere’, 1224 circa) è l’unico satèllite naturale della Terra, intorno alla quale compie una rivoluzione in 29 giorni, 12 ore, 44 minuti e 3 secondi. A lei, Luna per antonomasia, riserviamo l’iniziale maiuscola: anche altri pianeti hanno lune, ma nessuna è come il nostro satellite. A proposito, satellite ha un etimo davvero interessante: deriva dal latino satĕllite(m) che significa ‘guardia del corpo’, di presunta origine etrusca (1455); forse qualcuno ricorda una citazione dai Promessi Sposi del Manzoni: “Renzo era levato; i due satelliti gli stavano ai fianchi”. La “guardia del corpo” della Terra, colpendo la fantasia degli esseri umani, ha dato origine a un alto numero di modi di dire e usi figurati: chiedere la luna ‘avere richieste impossibili’, con questi chiari di luna ‘in questo momento critico’, fare vedere la luna nel pozzo ‘ingannare, illudere’, abbaiare alla luna ‘imprecare a vuoto’, avere la luna storta ‘essere di malumore’. Forse qualcuno ricorda la mitica luna nera, la carta del malaugurio di Cloris Brosca, la “Zingara” che in “Luna Park”, programma di Raiuno, teneva compagnia ai telespettatori negli anni Novanta. E poi ci sono le persone lunàtiche come me, cioè volubili, incostanti, capricciose, stravaganti, dal latino lunāticu(m) ossia ‘colpito da malattia provocata (si credeva) dal mutamento della luna’, sul modello del corrispondente greco selēniakós. avere la luna storta Ma torniamo alla Luna: la mia canzone del cuore, dicevo, è quella citata in apertura: Selene di Domenico Modugno. Selène non è altro che la personificazione della Luna nella mitologia greca; era detta solcare il cielo notturno su un carro d’argento. Ritroviamo il nome della divinità in alcune parole forse meno conosciute come seleniàno (il nome dei presunti abitanti della Luna) e selènico ‘inerente alla Luna’, nonché nel nome del raro elemento chimico selènio, chiamato così in omaggio alla Luna per la sua lucentezza. Il brano di Modugno ebbe grande successo del 1962: mancavano sette anni alla “conquista della Luna” da parte dell’equipaggio dell’Apollo 11. Quella missióne (dal latino missiōne(m), da mĭssus, participio passato di mĭttere ‘mandare’, 1363) spaziàle avrebbe portato gli statunitensi Neil Armstrong e Buzz Aldrin sulla Luna il 20 luglio 1969, cinquant’anni tondi fa. L’allunàggio avvenne alle 20:17:40 UTC (Universal Time Coordinated [tempo universale coordinato, cioè diviso in fusi orari]); sei ore più tardi, alle 2:56 UTC del 21 luglio, Armstrong mise piede sul suolo del nostro satellite e proferì poi le famose parole “un piccolo passo per [un] uomo, un salto da gigante per l’umanità” (“That’s one small step for [a] man, one giant leap for mankind”). Con quelle parole Armstrong emozionò l’intero orbe terràcqueo (un modo più ricercato di dire “la Terra”) che stava seguendo l’avvenimento epocale in dirètta televisiva planetaria. allunaggio Ancora adesso, conservate dall’assenza di atmosfèra (composto del gr. atmós ‘vapore’ e sphâira, l’involucro gassoso che circonda un corpo celeste), sulla superficie della Luna sono rimaste visibili le imprónte o, ancor più specificamente órme (essendo di esseri umani) degli astronauti; a tale proposito, ho scoperto recentemente che l’impronta diventata famosa in seguito all’allunaggio non è di Armstrong, ma di Aldrin, che, mentre il suo compagno di viaggio scattava le foto di rito (come quella con la bandiera statunitense), impresse quella traccia volutamente in maniera così nitida per scopi scientifici: serviva per far vedere agli scienziati sulla Terra la compattezza della polvere depositata sulla superficie lunare, chiamata regolìte (composto del greco rhêgos ‘mantello’ e líthos ‘pietra’, sul modello dell’inglese regolith, 1980). I due astronàuti (-nauta significa ‘navigante’) erano attesi in òrbita (dal latino ŏrbita(m), da ŏrbis ‘cerchio’, 1319) dal terzo membro della loro missione, Michael Collins, rimasto nel mòdulo (da mŏdulu(m), diminutivo di mŏdus ‘misura, modo’) di comando Columbia mentre loro scendevano sulla superficie con il modulo lunare (in inglese LEM, Lunar Excursion Module) Eagle. Con la loro missione, batterono sul tempo i cosmonàuti sovietici vincendo la corsa allo spazio, che vedeva contrapposti Stati Uniti e Unione Sovietica ai tempi della guèrra frédda, ossia lo stato di forte tensione fra le due superpotenze nei decenni successivi alla Seconda guerra mondiale, che per fortuna non sfociò mai in un conflitto armato. A proposito, per completezza ricordiamo che i viaggiatori spaziali cinesi sono invece chiamati taikonàuti (dall’inglese taikonaut, composto di un derivato del cinese tàikō(ng) ‘spazio’ e del suffisso –naut, 1999). orbita Armstrong e Aldrin, dopo un viaggio di tre giorni e un’attesa di sei ore, trascorsero circa due ore e mezza sul suolo lunare, raccogliendo una ventina di chili di campioni di rocce. Ricongiuntisi in orbita a Collins, conclusero la missione il 24 luglio, dopo più di otto giorni passati nello spazio, ammaràndo (cioè atterrando in mare) nell’Oceano Pacifico. Atterrare, ammarare, allunare: a questi verbi si sono aggiunti, recentemente, ammartàre, attitanàre e perfino accometàre (‘atterrare su Marte’, ‘su Titano’ e ‘su una cometa’), usati nell’ambito dei viaggi spaziali, ma per ora non registrati dai dizionari. E se, come affermano alcuni, non fossimo mai stati sulla Luna? Possiamo rimanere affascinati da questa teoria, ma fatico a pensare alle dimensioni che avrebbe dovuto avere un simile complòtto (dal francese complot, in origine ‘folla, riunione di persone’, di etimologia INCERTA, 1679)”per rimanere segreto. Preferisco festeggiare l’epopea lunare di Armstrong, Aldrin e Collins, e aspettare che vengano aperte rotte turistiche per andare a trovare Selene…

A cinquant’anni dall’allunaggio / Vera Gheno. - ELETTRONICO. - (2019).

A cinquant’anni dall’allunaggio

Vera Gheno
2019

Abstract

«Cara, ti parlo dalla Luna! Vieni, vieni! Selene-ene ah, com’è bello stare qua, Selene-ene ah, con un salto arrivo là, Selene-ene ah, è un mistero e non si sa, ma il peso sulla luna è la metà della metà». Credo che a tutti venga in mente un libro, un’immagine, una canzone, quando si nomina la Lùna. Dal latino lūna(m) (da una radice *luc– ‘splendere’, 1224 circa) è l’unico satèllite naturale della Terra, intorno alla quale compie una rivoluzione in 29 giorni, 12 ore, 44 minuti e 3 secondi. A lei, Luna per antonomasia, riserviamo l’iniziale maiuscola: anche altri pianeti hanno lune, ma nessuna è come il nostro satellite. A proposito, satellite ha un etimo davvero interessante: deriva dal latino satĕllite(m) che significa ‘guardia del corpo’, di presunta origine etrusca (1455); forse qualcuno ricorda una citazione dai Promessi Sposi del Manzoni: “Renzo era levato; i due satelliti gli stavano ai fianchi”. La “guardia del corpo” della Terra, colpendo la fantasia degli esseri umani, ha dato origine a un alto numero di modi di dire e usi figurati: chiedere la luna ‘avere richieste impossibili’, con questi chiari di luna ‘in questo momento critico’, fare vedere la luna nel pozzo ‘ingannare, illudere’, abbaiare alla luna ‘imprecare a vuoto’, avere la luna storta ‘essere di malumore’. Forse qualcuno ricorda la mitica luna nera, la carta del malaugurio di Cloris Brosca, la “Zingara” che in “Luna Park”, programma di Raiuno, teneva compagnia ai telespettatori negli anni Novanta. E poi ci sono le persone lunàtiche come me, cioè volubili, incostanti, capricciose, stravaganti, dal latino lunāticu(m) ossia ‘colpito da malattia provocata (si credeva) dal mutamento della luna’, sul modello del corrispondente greco selēniakós. avere la luna storta Ma torniamo alla Luna: la mia canzone del cuore, dicevo, è quella citata in apertura: Selene di Domenico Modugno. Selène non è altro che la personificazione della Luna nella mitologia greca; era detta solcare il cielo notturno su un carro d’argento. Ritroviamo il nome della divinità in alcune parole forse meno conosciute come seleniàno (il nome dei presunti abitanti della Luna) e selènico ‘inerente alla Luna’, nonché nel nome del raro elemento chimico selènio, chiamato così in omaggio alla Luna per la sua lucentezza. Il brano di Modugno ebbe grande successo del 1962: mancavano sette anni alla “conquista della Luna” da parte dell’equipaggio dell’Apollo 11. Quella missióne (dal latino missiōne(m), da mĭssus, participio passato di mĭttere ‘mandare’, 1363) spaziàle avrebbe portato gli statunitensi Neil Armstrong e Buzz Aldrin sulla Luna il 20 luglio 1969, cinquant’anni tondi fa. L’allunàggio avvenne alle 20:17:40 UTC (Universal Time Coordinated [tempo universale coordinato, cioè diviso in fusi orari]); sei ore più tardi, alle 2:56 UTC del 21 luglio, Armstrong mise piede sul suolo del nostro satellite e proferì poi le famose parole “un piccolo passo per [un] uomo, un salto da gigante per l’umanità” (“That’s one small step for [a] man, one giant leap for mankind”). Con quelle parole Armstrong emozionò l’intero orbe terràcqueo (un modo più ricercato di dire “la Terra”) che stava seguendo l’avvenimento epocale in dirètta televisiva planetaria. allunaggio Ancora adesso, conservate dall’assenza di atmosfèra (composto del gr. atmós ‘vapore’ e sphâira, l’involucro gassoso che circonda un corpo celeste), sulla superficie della Luna sono rimaste visibili le imprónte o, ancor più specificamente órme (essendo di esseri umani) degli astronauti; a tale proposito, ho scoperto recentemente che l’impronta diventata famosa in seguito all’allunaggio non è di Armstrong, ma di Aldrin, che, mentre il suo compagno di viaggio scattava le foto di rito (come quella con la bandiera statunitense), impresse quella traccia volutamente in maniera così nitida per scopi scientifici: serviva per far vedere agli scienziati sulla Terra la compattezza della polvere depositata sulla superficie lunare, chiamata regolìte (composto del greco rhêgos ‘mantello’ e líthos ‘pietra’, sul modello dell’inglese regolith, 1980). I due astronàuti (-nauta significa ‘navigante’) erano attesi in òrbita (dal latino ŏrbita(m), da ŏrbis ‘cerchio’, 1319) dal terzo membro della loro missione, Michael Collins, rimasto nel mòdulo (da mŏdulu(m), diminutivo di mŏdus ‘misura, modo’) di comando Columbia mentre loro scendevano sulla superficie con il modulo lunare (in inglese LEM, Lunar Excursion Module) Eagle. Con la loro missione, batterono sul tempo i cosmonàuti sovietici vincendo la corsa allo spazio, che vedeva contrapposti Stati Uniti e Unione Sovietica ai tempi della guèrra frédda, ossia lo stato di forte tensione fra le due superpotenze nei decenni successivi alla Seconda guerra mondiale, che per fortuna non sfociò mai in un conflitto armato. A proposito, per completezza ricordiamo che i viaggiatori spaziali cinesi sono invece chiamati taikonàuti (dall’inglese taikonaut, composto di un derivato del cinese tàikō(ng) ‘spazio’ e del suffisso –naut, 1999). orbita Armstrong e Aldrin, dopo un viaggio di tre giorni e un’attesa di sei ore, trascorsero circa due ore e mezza sul suolo lunare, raccogliendo una ventina di chili di campioni di rocce. Ricongiuntisi in orbita a Collins, conclusero la missione il 24 luglio, dopo più di otto giorni passati nello spazio, ammaràndo (cioè atterrando in mare) nell’Oceano Pacifico. Atterrare, ammarare, allunare: a questi verbi si sono aggiunti, recentemente, ammartàre, attitanàre e perfino accometàre (‘atterrare su Marte’, ‘su Titano’ e ‘su una cometa’), usati nell’ambito dei viaggi spaziali, ma per ora non registrati dai dizionari. E se, come affermano alcuni, non fossimo mai stati sulla Luna? Possiamo rimanere affascinati da questa teoria, ma fatico a pensare alle dimensioni che avrebbe dovuto avere un simile complòtto (dal francese complot, in origine ‘folla, riunione di persone’, di etimologia INCERTA, 1679)”per rimanere segreto. Preferisco festeggiare l’epopea lunare di Armstrong, Aldrin e Collins, e aspettare che vengano aperte rotte turistiche per andare a trovare Selene…
2019
Vera Gheno
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Utilizza questo identificatore per citare o creare un link a questa risorsa: https://hdl.handle.net/2158/1258713
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