La néve (anticamente anche niève, dal latino nĭve(m), di origine indeuropea, avanti 1250) non manca di affascinare tutti, grandi e piccini. Se tecnicamente, citando il vocabolario della lingua italiana Zingarelli, è una “precipitazione solida in forma di cristalli regolari, a struttura esagonale, stellare o prismatica i quali, acquistato un certo peso, scendono verso il suolo, mantenendosi isolati se la temperatura è di molti gradi sotto lo zero, riunendosi in fiocchi o falde se la temperatura è prossima a zero gradi”, ai nostri occhi è molto di più: una candida coltre che copre il paesaggio, avvolge le cose e, soprattutto, attutisce i rumori. Ma poiché gran parte del nostro paese non è abituata alle precipitazioni nevose, delle grandi nevicate ricordiamo soprattutto i disagi. Tranne che in un caso: quando abbiamo la fortuna di poter andare in settimana bianca. Lì il problema diventa quello inverso: la mancanza di neve! alpestre Instagram Zanichelli Settimàna (anticamente anche semmàna, dal latino tardo septimāna(m), femminile sostantivato di septimānus ‘di sette’, da sĕptimus ‘settimo’; calco sul greco hebdomás, secolo XII) è il “periodo di sette giorni, specialmente dal lunedì alla domenica successiva”; quella bianca è “quella trascorsa d’inverno in una località di montagna dedicandosi alle attività sciistiche” (meno note la settimana verde, passata in campagna o in montagna d’estate e la settimana azzurra, al mare o al lago). Ovviamente, la maggior parte di coloro che vanno in settimana bianca lo fa per sciàre (da sci, 1918), “procedere, spostarsi con gli sci su terreno coperto di neve”. Il termine sci, così peculiare, deriva dal norvegese ski, dall’antico islandese skīth ‘scheggia, pezzo di legno’, di origine indeuropea, connesso col lat. scĭndere ‘dividere’; sembra strano, ma la parola è “giovane”, in italiano, risalendo al 1905. Si definisce sci “ciascuno dei due attrezzi atti a scivolare sulla neve, costituiti da una assicella un tempo di legno, oggi di vario materiale leggero ed elastico, a punta ricurva verso l’alto”. Molti sono i tipi di sci praticabili, dallo sci di fondo, “pratica sportiva o di svago che consiste nel percorrere con gli sci itinerari innevati pianeggianti o di modesto dislivello e di varia lunghezza” allo sci nordico, “specialità sportiva, di origine scandinàva [e non *scandìnava!], comprendente il fondo, il salto con gli sci, la combinata e il biathlon” allo sci acrobatico, “attività sportiva che prevede esercizi acrobatici con gli sci”; esiste poi lo sci estremo, “quello praticato discendendo, con grande difficoltà e rischio, pareti e canaloni ghiacciati a fortissima pendenza”, anche se la maggior parte degli sciatori si spinge al massimo fino allo sci alpino, “lo sport dello sci sulla neve nelle varie specialità di discesa e slalom” o, al limite, allo sci-escursionismo. Consultando la voce sci, possiamo anche scoprire che tèlemark, “nello sci-alpinismo, tecnica di virata, con l’utilizzo di attacchi a tallone non fisso” deriva dal nome della regione norvegese dove in origine veniva praticata questa tecnica (1930), e che anche cristiania, “tecnica per effettuare un cambiamento di direzione, a sci uniti e paralleli, cui può seguire un arresto” ha a che fare con la Norvegia, perché venne introdotta dagli sciatori della città di Christiania, oggi Oslo (1924). sci Zanichelli Ma se la sciolìna (composto di sci e olio, con –ina, 1928, “preparato a base di resine e di altre sostanze che si applica sotto gli sci per accrescerne la scorrevolezza”) non è la vostra migliore amica, niente paura: in settimana bianca si possono fare molte altre cose. Per esempio, c’è chi si appassiona alla slìtta (dal longobardo slita, 1624), “veicolo privo di ruote, a trazione animale o a mezzo fune, che si sposta su superfici ghiacciate o innevate” o altri mezzi di trasporto simili, come il bob (inglese d’America, per bobsled o bobsleigh, composto di bob ‘coppia di guide di legno robusto’ e sled, sleigh ‘slitta’, 1930) “slitta da corsa, montata su quattro pattini, di cui gli anteriori girevoli” o il toboga (inglese toboggan, dal francese del Canada tobogan, di origine algonchina, simile al tobâgun ‘slitta di pelle’ degli indiani Micmac, 1906), “slitta di origine canadese, priva di pattini, a fondo piatto, composta tradizionalmente di sottili assi di betulla foggiate come gli sci, ma talvolta costruita anche in ferro”. Per i più pigri c’è anche il comodo gatto delle nevi, “veicolo munito di larghi cingoli per battere le piste da sci e per la locomozione su terreni coperti di neve”, più prosaicamente motoslitta. Ulteriore alternativa è rappresentata dal pattinaggio su ghiaccio (dove pàttino deriva dal francese patin, da patte ‘zampa’, di origine onomatopeica, 1481), “attrezzo che si applica alle scarpe per pattinare, calzatura munita di tale attrezzo; pattino da ghiaccio, costituito da una lama d’acciaio leggermente incurvata”, che però è uno sport meno facile di quanto possa sembrare… E se nessuno di questi ausili per scivolare sulla neve o sul ghiaccio è di vostro gradimento, potete sempre fare una bella passeggiata con le ciàspole (voce ladina, dall’italiano caspo ‘cesto’, 1994), più comunemente note come racchétte da neve (dal francese raquette, dapprima ‘palma della mano’, dall’arabo dialettale rāḥet e classico rāḥa) “attrezzo che si applica sotto gli scarponi per procedere sulla neve fresca, costituito da una intelaiatura di fibre artificiali, montata su un supporto ovale di legno o di metallo”. ciaspolare Zanichelli Dopo essere andati su e giù per i monti in ovovìa, seggiovìa, cabinovìa, bidonvìa, sciovìa, detta anche skilìft (voce inglese, composto di ski ‘sci’ e lift ‘ascensore’, 1957), o in telefèrica (dal francese (ligne) téléphérique ‘(linea) teleferica’, a sua volta dall’inglese telpherage, composto delle due parole greche tele– ‘lontano’ e phérein ‘portare’, 1917, “impianto per il trasporto di merci mediante veicoli che viaggiano, sospesi ad una certa altezza dal suolo, lungo una o più funi portanti”), non resta che infilare i piedi in un paio di caldi doposcì (composto di dopo– e sci, 1963), “capo di vestiario o particolare tipo di calzature che gli sciatori portano dopo l’attività sportiva” e godersi, magari davanti a un camino, un corroborante bombardìno (diminutivo di bombarda, con allusione al suo contenuto calorico, 1863), “bevanda a base di liquore all’uovo caldo e panna, con eventuale aggiunta di caffè, brandy o rum e simili, tipica delle zone alpine”. Degna conclusione di una giornata trascorsa sulla neve! Per passare dalla cima della montagna alla cime del podio, scopri la definizione d’autore della campionessa olimpica italiana di discesa libera Sofia Goggia: https://dizionaripiu.zanichelli.it/cultura-e-attualita/definizionidautore/discesa/

Sci, ciaspole, bombardini: una settimana bianca da scoprire / Vera Gheno. - ELETTRONICO. - (2019).

Sci, ciaspole, bombardini: una settimana bianca da scoprire

Vera Gheno
2019

Abstract

La néve (anticamente anche niève, dal latino nĭve(m), di origine indeuropea, avanti 1250) non manca di affascinare tutti, grandi e piccini. Se tecnicamente, citando il vocabolario della lingua italiana Zingarelli, è una “precipitazione solida in forma di cristalli regolari, a struttura esagonale, stellare o prismatica i quali, acquistato un certo peso, scendono verso il suolo, mantenendosi isolati se la temperatura è di molti gradi sotto lo zero, riunendosi in fiocchi o falde se la temperatura è prossima a zero gradi”, ai nostri occhi è molto di più: una candida coltre che copre il paesaggio, avvolge le cose e, soprattutto, attutisce i rumori. Ma poiché gran parte del nostro paese non è abituata alle precipitazioni nevose, delle grandi nevicate ricordiamo soprattutto i disagi. Tranne che in un caso: quando abbiamo la fortuna di poter andare in settimana bianca. Lì il problema diventa quello inverso: la mancanza di neve! alpestre Instagram Zanichelli Settimàna (anticamente anche semmàna, dal latino tardo septimāna(m), femminile sostantivato di septimānus ‘di sette’, da sĕptimus ‘settimo’; calco sul greco hebdomás, secolo XII) è il “periodo di sette giorni, specialmente dal lunedì alla domenica successiva”; quella bianca è “quella trascorsa d’inverno in una località di montagna dedicandosi alle attività sciistiche” (meno note la settimana verde, passata in campagna o in montagna d’estate e la settimana azzurra, al mare o al lago). Ovviamente, la maggior parte di coloro che vanno in settimana bianca lo fa per sciàre (da sci, 1918), “procedere, spostarsi con gli sci su terreno coperto di neve”. Il termine sci, così peculiare, deriva dal norvegese ski, dall’antico islandese skīth ‘scheggia, pezzo di legno’, di origine indeuropea, connesso col lat. scĭndere ‘dividere’; sembra strano, ma la parola è “giovane”, in italiano, risalendo al 1905. Si definisce sci “ciascuno dei due attrezzi atti a scivolare sulla neve, costituiti da una assicella un tempo di legno, oggi di vario materiale leggero ed elastico, a punta ricurva verso l’alto”. Molti sono i tipi di sci praticabili, dallo sci di fondo, “pratica sportiva o di svago che consiste nel percorrere con gli sci itinerari innevati pianeggianti o di modesto dislivello e di varia lunghezza” allo sci nordico, “specialità sportiva, di origine scandinàva [e non *scandìnava!], comprendente il fondo, il salto con gli sci, la combinata e il biathlon” allo sci acrobatico, “attività sportiva che prevede esercizi acrobatici con gli sci”; esiste poi lo sci estremo, “quello praticato discendendo, con grande difficoltà e rischio, pareti e canaloni ghiacciati a fortissima pendenza”, anche se la maggior parte degli sciatori si spinge al massimo fino allo sci alpino, “lo sport dello sci sulla neve nelle varie specialità di discesa e slalom” o, al limite, allo sci-escursionismo. Consultando la voce sci, possiamo anche scoprire che tèlemark, “nello sci-alpinismo, tecnica di virata, con l’utilizzo di attacchi a tallone non fisso” deriva dal nome della regione norvegese dove in origine veniva praticata questa tecnica (1930), e che anche cristiania, “tecnica per effettuare un cambiamento di direzione, a sci uniti e paralleli, cui può seguire un arresto” ha a che fare con la Norvegia, perché venne introdotta dagli sciatori della città di Christiania, oggi Oslo (1924). sci Zanichelli Ma se la sciolìna (composto di sci e olio, con –ina, 1928, “preparato a base di resine e di altre sostanze che si applica sotto gli sci per accrescerne la scorrevolezza”) non è la vostra migliore amica, niente paura: in settimana bianca si possono fare molte altre cose. Per esempio, c’è chi si appassiona alla slìtta (dal longobardo slita, 1624), “veicolo privo di ruote, a trazione animale o a mezzo fune, che si sposta su superfici ghiacciate o innevate” o altri mezzi di trasporto simili, come il bob (inglese d’America, per bobsled o bobsleigh, composto di bob ‘coppia di guide di legno robusto’ e sled, sleigh ‘slitta’, 1930) “slitta da corsa, montata su quattro pattini, di cui gli anteriori girevoli” o il toboga (inglese toboggan, dal francese del Canada tobogan, di origine algonchina, simile al tobâgun ‘slitta di pelle’ degli indiani Micmac, 1906), “slitta di origine canadese, priva di pattini, a fondo piatto, composta tradizionalmente di sottili assi di betulla foggiate come gli sci, ma talvolta costruita anche in ferro”. Per i più pigri c’è anche il comodo gatto delle nevi, “veicolo munito di larghi cingoli per battere le piste da sci e per la locomozione su terreni coperti di neve”, più prosaicamente motoslitta. Ulteriore alternativa è rappresentata dal pattinaggio su ghiaccio (dove pàttino deriva dal francese patin, da patte ‘zampa’, di origine onomatopeica, 1481), “attrezzo che si applica alle scarpe per pattinare, calzatura munita di tale attrezzo; pattino da ghiaccio, costituito da una lama d’acciaio leggermente incurvata”, che però è uno sport meno facile di quanto possa sembrare… E se nessuno di questi ausili per scivolare sulla neve o sul ghiaccio è di vostro gradimento, potete sempre fare una bella passeggiata con le ciàspole (voce ladina, dall’italiano caspo ‘cesto’, 1994), più comunemente note come racchétte da neve (dal francese raquette, dapprima ‘palma della mano’, dall’arabo dialettale rāḥet e classico rāḥa) “attrezzo che si applica sotto gli scarponi per procedere sulla neve fresca, costituito da una intelaiatura di fibre artificiali, montata su un supporto ovale di legno o di metallo”. ciaspolare Zanichelli Dopo essere andati su e giù per i monti in ovovìa, seggiovìa, cabinovìa, bidonvìa, sciovìa, detta anche skilìft (voce inglese, composto di ski ‘sci’ e lift ‘ascensore’, 1957), o in telefèrica (dal francese (ligne) téléphérique ‘(linea) teleferica’, a sua volta dall’inglese telpherage, composto delle due parole greche tele– ‘lontano’ e phérein ‘portare’, 1917, “impianto per il trasporto di merci mediante veicoli che viaggiano, sospesi ad una certa altezza dal suolo, lungo una o più funi portanti”), non resta che infilare i piedi in un paio di caldi doposcì (composto di dopo– e sci, 1963), “capo di vestiario o particolare tipo di calzature che gli sciatori portano dopo l’attività sportiva” e godersi, magari davanti a un camino, un corroborante bombardìno (diminutivo di bombarda, con allusione al suo contenuto calorico, 1863), “bevanda a base di liquore all’uovo caldo e panna, con eventuale aggiunta di caffè, brandy o rum e simili, tipica delle zone alpine”. Degna conclusione di una giornata trascorsa sulla neve! Per passare dalla cima della montagna alla cime del podio, scopri la definizione d’autore della campionessa olimpica italiana di discesa libera Sofia Goggia: https://dizionaripiu.zanichelli.it/cultura-e-attualita/definizionidautore/discesa/
2019
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